Paola Rossi, filosofa della scienza e divulgatrice scientifica, ha dato alle stampe un’opera che illustra brillantemente come le rivoluzioni scientifiche e filosofiche abbiano progressivamente eroso l’antropocentrismo, spostando la collocazione dell’uomo dal centro dell’universo alla periferia relativa (perché tutto può anche essere un centro) di un vasto e complesso sistema.
Con Oltre l’Uomo, Rossi intende fornire ai lettori non solo un resoconto delle grandi scoperte ma anche una profonda riflessione su come queste abbiano trasformato la nostra visione del mondo e di noi stessi. Attraverso sei capitoli incisivi, Rossi traccia la storia di queste rivoluzioni del pensiero, mostrando anche le implicazioni che esse hanno avuto e hanno sul nostro modo di vedere noi stessi e il mondo intorno a noi. Il libro si apre con un’introduzione che pone le basi teoriche dell’antropocentrismo, preparando il terreno per la sua messa in discussione e per un viaggio illuminante attraverso la rivoluzione copernicana, l’evoluzione darwiniana, l’intelligenza artificiale, la genetica e oltre.
Il primo capitolo mostra come la ben nota rivoluzione copernicana abbia spostato radicalmente la Terra – e quindi l’umanità – da una posizione centrale a una periferica nell’universo. Dopo aver inquadrato storicamente e dettagliato il modello eliocentrico di Copernico, l’autrice esplora le resistenze culturali e religiose che questa teoria incontrò, sottolineando come la sua accettazione abbia richiesto una rivisitazione dell’intero paradigma cosmologico e teologico dell’epoca.
Il secondo capitolo esamina l’impatto della teoria dell’evoluzione di Charles Darwin, che ha spostato l’origine e lo sviluppo della vita da una prospettiva divinamente orchestrata a un processo naturale di selezione naturale. Rossi affronta il modo in cui questa scoperta ha messo in discussione la superiorità intrinseca dell’uomo, mostrando che non solo siamo un ramoscello recentissimo e piuttosto periferico dell’albero evolutivo, e non il suo culmine, ma che a ben vedere rappresentiamo l’ultima specie sopravvissuta di un genere (Homo) per il resto ormai tutto estinto. L’autrice discute le reazioni violente e le sfide filosofiche sollevate dalla teoria, evidenziando come Darwin abbia riconfigurato il nostro posto nel regno naturale.
Il terzo capitolo si addentra nel mondo delle intelligenze artificiali (IA), analizzando come queste tecnologie stiano sfidando le nozioni tradizionali di intelligenza, consapevolezza e creatività, un tempo considerate esclusive dell’uomo. Rossi discute le capacità emergenti delle IA, dalla composizione musicale all’elaborazione del linguaggio naturale, passando per la produzione di immagini, e riflette su come queste capacità mettano in discussione l’unicità della coscienza umana. Viene dato ampio spazio alle implicazioni etiche della convivenza con le macchine intelligenti, proponendo una riflessione sulla potenziale perdita di controllo sull’intelligenza artificiale avanzata.
Nel quarto capitolo l’attenzione si sposta sulla biologia sintetica e sulle tecnologie CRISPR, che stanno rivoluzionando le nostre capacità di manipolare la vita a livello genetico. Rossi esamina le promesse e i pericoli di queste tecnologie, dalla cura delle malattie genetiche alla creazione di specie totalmente nuove. Si discutono le profonde implicazioni filosofiche di poter ‘progettare’ la vita, mettendo in discussione la distinzione tra naturale e artificiale e proponendo nuovi scenari etici su come dovremmo trattare le forme di vita modificate o create dall’uomo.
Il quinto capitolo esplora come le teorie costruttiviste della soggettività mettano in discussione il paradigma sostanzialista legato alle concezioni tradizionali dell’anima e dell’essenza umana. Rossi sostiene che queste teorie in genere implicano che l’identità sia il risultato di interazioni sociali, culturali e linguistiche piuttosto che un nucleo intrinseco e immutabile. Viene discussa la maniera in cui il costruttivismo sfida direttamente l’antropocentrismo sostenendo che ciò che consideriamo “umano” è in continuo cambiamento e costruzione, influenzato da contesti storici e ambientali specifici.
Il sesto capitolo è incentrato sull’astrobiologia e sulla ricerca di vita extraterrestre, campi che espandono ulteriormente il nostro concetto di vita e il suo posto nell’universo. Rossi mostra cosa significherebbe per noi - ovvero per la nostra tradizione umanistica carica di sovrastrutture religiose - scoprire forme di vita al di fuori della Terra, sia in termini scientifici sia filosofici. La potenziale esistenza di vita extraterrestre è presentata come una sfida definitiva all’antropocentrismo, e il lettore è portato a riflettere sulle nostre responsabilità etiche verso altre forme di vita e sul nostro ruolo nell’universo.
Si consenta a questo punto al recensore di far osservare che questa pur ampia e argomentata critica all’antropocentrismo può essere a sua volta soggetta a una critica dialettica interessante, la quale mette in luce una potenziale contraddizione intrinseca alla sua stessa formulazione.
La critica principale che si può muovere nei confronti dei teorici che cercano di superare l’antropocentrismo riguarda il paradosso della loro posizione epistemologica: sebbene queste teorie aspirino a de-centrare l’essere umano, è innegabile che esse rimangano comunque dei prodotti dell’intelletto umano. In altre parole, ogni teoria che nega l’antropocentrismo è, paradossalmente, una conferma dell’unicità e della centralità del pensiero umano, poiché è l’uomo stesso a concepire e articolare questi pensieri.
Più in dettaglio, questa critica della critica può essere articolata come segue:
1. Origine umana delle teorie anti-antropocentriche. Tutte le teorie che cercano di spostare l’uomo dal centro dell’attenzione cosmica sono, ironicamente, formulate dall’uomo stesso. Questo solleva la questione di un possibile circolo epistemologico chiuso, in cui l’uomo utilizza il proprio linguaggio, la propria logica e i propri strumenti concettuali per definire e quindi potenzialmente limitare il campo di ciò che è considerato non-antropocentrico.
2. Limitazioni della cognizione umana. Se accettiamo che la cognizione umana è configurata in modo tale da interpretare e comprendere il mondo in termini umani, allora qualsiasi tentativo di trascendere questa prospettiva può essere visto come intrinsecamente limitato. Le teorie che mirano a escludere l’essere umano dal centro del discorso ontologico o cosmologico potrebbero non essere in grado di sfuggire completamente alle strutture e ai pregiudizi della cognizione umana.
3. L’inevitabile antropocentrismo del linguaggio e del pensiero. Il linguaggio e i sistemi di pensiero che utilizziamo per descrivere e analizzare il mondo sono profondamente antropocentrici. Anche quando discutiamo di concetti come l’intelligenza artificiale, la biologia sintetica o la possibilità di vita extraterrestre, lo facciamo attraverso un filtro umano, utilizzando categorie e concetti che sono intrinsecamente legati alla nostra esperienza umana.
4. Dilemma etico e responsabilità. Una critica ulteriore riguarda il rischio che, nel cercare di abbandonare l’antropocentrismo, si possa anche indebolire la nozione di responsabilità etica umana verso l’ambiente e altre forme di vita. Se l’uomo non è al centro, quale base resta per l’etica ambientale o per i diritti degli animali, se non ancora una concezione antropocentrica della responsabilità?
Queste riflessioni mirano non a sminuire l’importanza o la validità degli sforzi per superare l’antropocentrismo, ma piuttosto a illuminare la complessità e le sfide intrinseche in queste imprese intellettuali. La critica alla critica all’antropocentrismo serve a ricordarci che ogni tentativo di comprendere il mondo al di fuori di una prospettiva umana è, paradossalmente, un’affermazione dell’unicità del pensiero umano.