In un’epoca in cui la scienza sembra ogni giorno sfidare i confini del possibile, il saggio Oltre l’orizzonte degli eventi emerge come un faro nel dialogo tra fisica teorica e filosofia della scienza.
Scritto da due donne, questo lavoro esplora con acutezza e profondità tre relativamente recenti teorie speculative che stanno ridefinendo le nostre concezioni più fondamentali dell’universo.
Elena Mancini (Roma, 1987), fisica teorica italiana, è specializzata in teorie quantistiche di campo applicate alla cosmologia. Dopo la laurea a Pisa, ha ottenuto il dottorato a Cambridge. Sarah Jennings (San Francisco, 1989), filosofa della scienza americana, ha studiato a Berkeley e ottenuto un dottorato al MIT. La sua ricerca interdisciplinare esplora le intersezioni tra filosofia, biologia e fisica, con un focus sull’intelligenza artificiale e la percezione della realtà.
Il primo capitolo, “Darwinismo cosmologico e finalismo”, si immerge nell’affascinante teoria del darwinismo cosmologico proposta da Lee Smolin nel suo celebre e controverso La vita del cosmo (1997), dove egli estende l’algoritmo darwiniano di mutazione e selezione naturale all’intero cosmo. A tal proposito, esse fanno riferimento non a caso al modo in cui un neodarwinista radicale come Richard Dawkins sintetizza, ne L’illusione di Dio (2006), la teoria di Smolin.
Questa propone l’idea che nuovi universi, definiti come universi figli, nascano da universi preesistenti, chiamati universi padri, non attraverso un vero e proprio Big Crunch, ma piuttosto localmente all’interno dei buchi neri. Smolin introduce un concetto fisico di eredità: le costanti fondamentali di un universo figlio sono versioni leggermente modificate di quelle dell’universo padre.
L’eredità rappresenta l’elemento chiave della selezione naturale darwiniana e il resto della teoria di Smolin si sviluppa logicamente a partire da questa premessa. Gli universi che possiedono le caratteristiche necessarie per “sopravvivere” e “riprodursi” tendono a prevalere all’interno del multiverso. Tra queste caratteristiche, vi è la capacità di durare abbastanza a lungo da potersi “riprodurre”. Poiché la riproduzione avviene nei buchi neri, gli universi di successo devono essere in grado di generare buchi neri.
Questa capacità implica diverse altre proprietà. Ad esempio, la tendenza della materia a condensarsi in nubi e successivamente in stelle è un prerequisito per la formazione dei buchi neri. Inoltre, com’è noto, le stelle sono essenziali per lo sviluppo della chimica e quindi della vita. Smolin suggerisce quindi che ci sia stata una selezione naturale darwiniana degli universi all’interno del multiverso, e che questa selezione abbia favorito direttamente l’evoluzione della capacità di generare buchi neri e indirettamente la formazione della vita.
Non v’è chi non veda come questa audace concezione sfidi il tradizionale principio antropico, che postula un universo “sintonizzato” per supportare la vita. Invece, il darwinismo cosmologico presenta un universo dinamico dove le condizioni favorevoli alla vita sono il risultato di un processo evolutivo non guidato da alcun fine specifico.
Questo sposta la discussione da un disegno intelligente a un processo di sperimentazione cosmica casuale. Le autrici discutono anche le implicazioni filosofiche di questa visione, interrogando la natura delle leggi fisiche: sono immutabili e universali o semplicemente locali e contingenti? La risposta ha profonde implicazioni non solo per la fisica ma anche per la nostra comprensione della realtà stessa.
Il capitolo si chiude con una riflessione sul ruolo della filosofia nella scienza, sostenendo che la filosofia può e deve giocare un ruolo cruciale nel contesto di teorie così rivoluzionarie, fornendo gli strumenti critici necessari per interpretare e valutare le nuove idee sulla natura dell’universo.
Il secondo capitolo, “L’universo a energia zero e le sue origini”, esplora una delle nozioni più provocatorie e meno intuitive della fisica moderna: l’idea che l’intero universo possa essere emerso da una fluttuazione quantistica del vuoto, con un bilancio energetico totale che equivale a zero.
Questa teoria, originariamente proposta da Edward Tryon nel breve articolo “Is the Universe a Vacuum Fluctuation?” (Nature, 1973), sfida direttamente le concezioni tradizionali di creazione e causalità, perché fa dell’universo, come dicono i cosmologi, un pasto gratis. Mancini e Jennings delineando la teoria fisica dietro l’idea dell’universo a energia zero, spiegando come il concetto di vuoto in fisica quantistica sia radicalmente diverso dal “nulla” del senso comune e della stessa filosofia.
Il vuoto quantistico è descritto come un mare di energia potenziale, capace di generare particelle, relative antiparticelle e poi addirittura universi senza la necessità di un intervento esterno. Questa discussione si sposta rapidamente verso le implicazioni filosofiche di una tale teoria. Se l’universo non ha richiesto una causa esterna per venire all’esistenza, cosa significa questo per le tradizionali argomentazioni metafisiche e teologiche riguardanti la creazione?
Le autrici affrontano queste domande con notevole profondità critica, esaminando come la teoria dell’universo a energia zero possa riconfigurare il nostro approccio alla questione dell’esistenza stessa, ovvero del perché c’è qualcosa anziché nulla, che ormai perde molto del suo senso tradizionale e ne acquista uno del tutto nuovo e tutt’altro che consolatorio per le nostre attese di creature desideranti.
Un’ampia sezione del capitolo è dedicata al dibattito filosofico sul concetto di nulla e sulle implicazioni di un universo che può esistere senza una causa discernibile. Mancini e Jennings discutono le critiche e i supporti alla teoria, con un occhio particolare alle possibili obiezioni filosofiche e come esse possano essere affrontate o integrate nella visione scientifica.
In chiusura si soffermano sulla relazione tra scienza e filosofia, e pongono un’enfasi particolare sul modo in cui teorie come quella di Tryon non solo ampliano il nostro orizzonte scientifico ma richiedono anche un ripensamento delle nostre categorie filosofiche più basilari.
Il terzo capitolo, “Materia oscura, energia oscura e materia conosciuta”, affronta uno dei più grandi misteri della cosmologia contemporanea: l’esistenza e le implicazioni della materia oscura e dell’energia oscura. Questi componenti, che insieme costituiscono circa il 95% dell’universo ma rimangono in gran parte invisibili e solo indirettamente osservabili, rappresentano una sfida significativa per il materialismo tradizionale. Questo importante capitolo è suddiviso in tre sezioni, che qui converrà illustrare in breve separatamente:
1. “Comprensione della materia e dell’energia oscura”. Le autrici introducono i concetti di materia oscura e energia oscura, spiegando come siano stati proposti per la prima volta per spiegare anomalie nelle osservazioni astronomiche, come la rotazione delle galassie e l’accelerazione dell’espansione dell’universo.
2. “Sfide al materialismo tradizionale”. Il capitolo prosegue esplorando come la materia oscura e l’energia oscura mettano in discussione la nozione tradizionale di materia come qualcosa di tangibile e direttamente osservabile. Le autrici discutono le implicazioni filosofiche di un universo in cui la maggior parte della “sostanza” sfugge alla nostra percezione diretta, sollevando questioni sulla natura della realtà e su cosa significhi realmente “esistere” materialmente in un universo in cui la materia conosciuta appare come un’autentica rarità.
3. “Il futuro della ricerca e le questioni aperte”. Il capitolo si conclude con una riflessione sul futuro della ricerca in cosmologia, sottolineando l’importanza delle innovazioni tecnologiche e metodologiche per una migliore comprensione della materia oscura e dell’energia oscura. Le autrici sottolineano come queste ricerche potrebbero provocare nuove rivoluzioni nella filosofia della scienza, dato il loro potenziale di rivelare nuove leggi fisiche o persino nuove forme di realtà.
Come si vede, il saggio rappresenta un importante contributo al dialogo interdisciplinare tra fisica teorica e filosofia della scienza, esplorando come le teorie speculative contemporanee stiano riplasmando le nostre concezioni filosofiche fondamentali. Mancini e Jennings hanno brillantemente tessuto insieme una narrazione che non solo chiarisce concetti fisici complessi, ma sfida i lettori a riflettere sulle loro implicazioni filosofiche e metafisiche.
Oltre l’orizzonte degli eventi non è semplicemente un testo di alta divulgazione scientifica; è un manifesto per un nuovo modo di pensare alla scienza e alla filosofia come discipline interconnesse che si influenzano a vicenda.
L’opera invita i lettori a non accontentarsi di risposte semplici a domande complesse e a riconoscere che ogni risposta porta con sé nuove domande, alimentando così un ciclo continuo di indagine e scoperta.
In conclusione, il libro è un’opera cruciale per chiunque sia interessato a comprendere come le scoperte alla frontiera della scienza possano illuminare questioni filosofiche di lunga data e come queste, a loro volta, possano influenzare il percorso futuro della ricerca scientifica.