Ho letto, e con me Tillo Nocera, l’interessantissimo libro sulle possibili ipotesi della morte di Eschilo (Eschilo, l’enigma dell’aquila assassina) e ci siamo appassionati a seguire gli itinerari possibili della sua scomparsa.
Ci è sembrato un libro giallo di alta qualità sia per il dipanarsi delle fila aggrovigliate delle varie ipotesi, sia per il linguaggio culto e talora aulico con cui l’autore è riuscito con chiarezza a prospettare i pro e i contro delle diverse possibili soluzioni.
Salvatore Parlagreco è pervenuto alla soluzione più logicamente ipotizzabile, stanti i precedenti politici e religiosi che è riuscito, scavando, ad individuare nella articolata vita di Eschilo, cioè il crimine; purtroppo, queste soluzioni nella nostra Sicilia sono ancora possibili oggi, forse senza soluzione di continuità con quelle di allora.
L’autore ha fatto bene a smantellare l’ipotesi fantasiosa della testuggine sganciata dall’aquila, resa affascinante dall’invettiva contro Giove nel “Prometeo” e da una logica fatalistica pseudo-religiosa di una mitologia arcaica legata alla idea della vendetta degli dèi contro gli empi.
Ci siamo resi conto durante la lettura che Parlagreco ha svolto una enorme ricerca di carattere archeologico, di letteratura greca e di critici della stessa, arricchita da riferimenti di storia recente, come il trafugamento dei reperti di Orsi.
Ci è molto piaciuto il tono lirico dell’ultimo capitolo che ci ha avvolto in una nube di ricordi personali per aver vissuto, da ragazzi, le stesse suggestioni operate dal paesaggio delle dune di sabbia accarezzate dalla brezza del maestrale proveniente dal mare scintillante al tramonto.
In tal senso, anche la bella e colta postfazione di Luciano Vullo, ci ha confermato nel forte valore evocativo e profondamente culturale del lavoro e del tono e dello spirito e del sentire col quale è stata svolta questa appassionante ricerca.
Ringraziamo Parlagreco, perché ci ha fatto trascorrere delle belle ore, assorti nella lettura e nei ricordi di luoghi e di persone a noi cari. Complimenti per l’ottimo lavoro e auguri per un meritato successo!
Gela ingenerosa con i suoi figli
Tillo Nocera e Giovanni Trainito – scrive Luciano Vullo – non sono dei semplici concittadini o dei cari amici! La loro cultura e la loro autonomia ne hanno fatto due auctoritates. Se si va indietro con gli anni, ci si ricorda come Tillo e Giovanni venivano portati ad esempio come studenti e come amici. Venivano rappresentati come Eurialo e Niso di virgiliana memoria.
Con Tillo si è realizzata qualche iniziativa durante l’assessorato alla Cultura di Parlagreco (giunta Gallo). Abbiamo seguito idealmente anche Giovanni Trainito quando ha offerto le sue eccellenti competenze non solo giuridiche ai ministri dell’Istruzione Mattarella, Berlinguer, ecc,
Gela non ha nutrito solo Aldisio. Ritengo che non sia molto generosa con i suoi figli. Abbiamo partecipato alla premiazione della 13ª edizione dell'Agòn. Del libro, silenzio! Neanche un cenno. La prof.ssa Concetta Massaro ha allestito uno spettacolo molto bello sia sul piano artistico sia sul livello didattico. Nessun merito le è stato riconosciuto in pubblico Abbiamo proposto di inviare la registrazione dello stesso all' I.N.D.A.
Viene da pensare sempre più spesso a Eschilo, che nelle Coefore propone una scena di grande valore simbolico. Clitennestra mostra il seno nudo al figlio che da esso è stato nutrito. Colpendolo, in realtà egli si suicida perché nega la fonte del suo nutrimento: la madre.
La Trilogia si conclude con le Eumenidi dove Oreste rinasce come cittadino dal momento che le Erinni vengono addomesticate da Atena istitutrice della legge civile. Oreste, in quanto cittadino, è sradicato dalla Natura che viene addomesticata dalla legge. Stiamo assistendo a un nuovo radicale processo di sradicamento di Oreste?' Quale Atena dirige la nuova (?) domesticazione?