Quest'anno fra i tanti importanti centenari che hanno riguardato illustri personaggi, ricorre pure quello del grande scrittore catanese Giovanni Verga (nella foto).
Di questo illustre monumento della letteratura italiana (e siciliana), padre di quella corrente letteraria che fu il Verismo, si conoscono le opere, il suo carattere certo controverso, ed anche la sua strana...avversione per il cinema.
Strana perché Verga non amava tanto l'arte nascente del Cinematografo. Riteneva la “nuova arte” un qualcosa di assolutamente lontano dalla nobiltà della prosa, della musica, del melodramma. Non a caso egli definiva il cinema "un castigo di Dio" e lo considerava una sorta di "romanzo d' appendice per analfabeti". Tuttavia, egli riconosceva che quel surrogato di “vita ”, pur così poco attraente potesse avere un futuro.
Diciamo che era possibilista diversamente da tanti altri illustri scrittori, compreso Luigi Pirandello che invece nutrivano perplessità sulla possibilità che l'invenzione dei fratelli Lùmiere potesse avere lunga durata. Naturalmente, faceva eccezione Gabriele D'Annunzio, che scrivendo nel 1913 le didascalie di “Cabiria”, aveva in un sol colpo sollevato le quotazioni del Cinema, smarcandolo dal pregiudizio di coloro che lo vedevano quasi come un fenomeno da circo. Certo è che Verga, pur non nutrito da grande entusiasmo verso la Settima Arte, ammorbidì molto le sue posizioni quando comprese come il Cinema era – e per lui lo fu – un enorme fonte di guadagno.
Egli allora cominciò a scrivere storie per il grande schermo e sempre con notevole successo. Basterebbe citare per tutti “Tigre reale”, film del 1916, girato da Giovanni Pastrone, che ebbe un successo mondiale anche grazie alla diva Pina Menichelli.
Da allora lo scrittore, anche per rimpinguare le sue magre casse, scrisse molte sceneggiature e si vergognò sempre meno di prestare la penna e il suo genio letterario al Cinematografo. Morto nel 1922, l'autore di “Cavalleria rusticana” (di quest'opera Ugo Falena ci girò un film muto), continuò ad ispirare con i suoi racconti e le sue novelle molti importanti registi.
Fra i capolavori ispirati all'opera letteraria di Giovanni Verga si distingue certo “La terra trema”, tratta dal romanzo “I malavoglia” e girato da Luchino Visconti del 1948. Ma ricordiamo anche “Storia di una capinera” di Franco Zeffirelli. Ed ancora “La lupa” nelle sue diverse versioni, “L'amante di Gramigna”, “Furia”, “Rosso Malpelo”. Davvero non si contano le trasposizioni cinematografiche di Verga. Oltretutto mi piace qui ricordare anche l'adattamento televisivo di “Mastro don Gesualdo”, girato nel 1964 da Giacomo Vaccari. In quello storico sceneggiato in bianco e nero figuravano interpreti del calibro di Enrico Maria Salerno, Lydia Alfonsi e Turi Ferro.
Verga, che era nato a Vizzini nel 1840, e che fu anche senatore del Regno d'Italia, fu particolarmente legato a due città: Milano, che gli diede fama ed onori, e naturalmente. Catania. Alla scomparsa, egli fu sepolto nel cimitero monumentale della città metropolitana, dove oggi la sua sepoltura è immediatamente riconoscibile da un mezzo busto dello scrittore che ne ritrae perfettamente le sembianze.