Quando pensiamo ai grandi attori siciliani la nostra mente va a Giovanni Grasso, Salvo Randone, Adolfo Celi, Angelo Musco, Lando Buzzanca, Franchi e Ingrassia, Pino Caruso, Leo Gullotta, e in questo gruppo di “eletti” entra di diritto anche Turi Ferro, (nella foto) di cui quest’anno ricorre il centenario.
Nato a Catania il 10 gennaio 1921, il fondatore del Teatro Stabile aveva iniziato giovanissimo a recitare nella compagnia di Filodrammatici “Brigata d’arte” diretta dal padre Guglielmo Ferro. Nel 1951 sposò l’attrice Ida Carrara, iniziando un sodalizio affettivo ed artistico spezzatosi soltanto con la di lui morte. Egli pose subito il talento e la forte presenza scenica al servizio di tutti i grandi autori siciliani privilegiando Pirandello, ma non trascurando Capuana, Verga, Martoglio, Leonardo Sciascia di cui mise in scena tutte le sue più importanti opere teatrali.
Egli lavorò anche per importanti registi come Luigi Squarzina, Eduardo De Filippo, e Roberto Rossellini che, in una delle sue rarissime regie teatrali, lo volle nel 1962 a Spoleto al Festival dei due mondi. Molto attivo in televisione lo si ricorda soprattutto come protagonista dello sceneggiato del 1968 I racconti del maresciallo di Mario Soldati.
Non fu invece facile il suo rapporto con il cinema, sebbene egli abbia lavorato con registi importanti come Damiano Damiani, Mauro Bolognini, Florestano Vancini, Michele Lupo, ed anche Paolo e Vittorio Taviani, con i quali – ironia del destino – girò il suo primo film (Un uomo da bruciare, 1962) ed anche l’ultimo (Tu ridi, 1998). Roberto Benigni che amava profondamente l’arte e la figura dell’attore siciliano, lo avrebbe voluto nel suo film Pinocchio nel ruolo di Geppetto, ma l’attore morì ’11 maggio del 2001 pochi mesi prima dell’inizio delle riprese.
Gigante della scena, attori fra i più importanti della seconda metà del Novecento, Turi Ferro anche nella maturità non smise mai di mettere in cantiere nuovi progetti. Così, quando nel 2001, colpito da infarto morì a 80 anni a sant’Agata li Battiati, paesino alle porte di Catania, egli aveva da poco portato in scena insieme alla moglie La cattura di Andrea Cammilleri. Personalmente, un bel ricordo della giovinezza mi lega a Turi Ferro.
Era il 1980 e l’attore metteva in scena i Sei personaggi in cerca di autore, con la regia di Giancarlo Cobelli. Allora avevo 23 anni e non avevo mai visto recitare Ferro dal vivo. Finito lo spettacolo e calato il sipario, fui lesto nell'eludere la sorveglianza e raggiungerlo nel camerino; fui tanto veloce da coglierlo mentre era ancora piegato sul lavandino dove rinfrescava il volto con l'acqua fresca dal rubinetto. Turi era in canottiera, e per un attimo mi sentii un intruso, a disagio, ma egli mi rassicurò pregandomi di avere soltanto un po' di pazienza.
E difatti, il tempo di mettere una vestaglia colorata addosso, ed ecco che si rese disponibile ad un breve scambio di battute, mentre fuori del camerino altri ammiratori e ammiratrici premevano per ossequiare il maestro.
Quei pochi minuti che Ferro mi concesse furono comunque sufficienti per parlargli brevemente delle mie ambizioni registiche. Mi ascoltò con attenzione, rivelando una straordinaria sensibilità verso i giovani. Poi nel congedarmi mi augurò buona fortuna. Uscii dal teatro. Era novembre, fuori pioveva.
Aprii l’ombrello co cuore grato per le emozioni vissute quella sera, e mi avviai verso casa lentamente, quasi a volere godere di quella pioggerellina che non mi disturbava, ma anzi trasmetteva una grande serenità.
Turi Ferro con la sua arte e la sua umanità mi aveva inoculato una elettrizzante carica di entusiasmo. Certo, mai più ho dimenticato la sua alta figura, il particolare timbro di voce, quella faccia che sembrava scolpita nella roccia; specchio di una robusta e feconda vena creativa, comune poi a molti altri grandi artisti catanesi, nati e cresciuti all’ombra dell’Etna e forgiati dalla brezza del mare dei “ciclopi”.