Trent’anni fa, la scomparsa del prof. Giuseppe Blanco

Trent’anni fa, la scomparsa del prof. Giuseppe Blanco

Trent’anni fa, il 22 aprile del 1991, all’età di 65 anni, lasciava questo mondo il prof. Giuseppe Blanco (nella foto), niscemese di nascita, gelese d’adozione.

Lo ricordiamo qui come uomo di cultura, insegnante di Francese, come un affezionato collaboratore del Corriere di Gela, e come amico.

Negli ultimi anni della sua esistenza aveva eletto la redazione di questo giornale come sua seconda casa. Non mancava, tutti i pomeriggi, di passare, seppure per un saluto, dalla nostra redazione, quella di via Diaz e poi in via Filippo Morello. La considerava un presidio stabile per quanti volevano – giovani o anche no – forgiarsi, cimentarsi, consegnare alla storia qualche pagina di testo.

Quando cominciò a frequentare la redazione del Corriere (1985 anno di fondazione), lui aveva già dato alle stampe un bel po’ di roba. Aveva scritto del suo compaesano Mario Gori, e dato alle stampe saggi su personaggi storici della cultura francese. La sua collaborazione al Corriere di Gela la considerava un atto dovuto, per un uomo di cultura quale giustamente si professava, nei confronti di un giornale che via via diventava la piazza scritta della città dove Blanco aveva preso moglie, insegnava e che amava forse più di chi ci era pure nato.

Aveva un grande senso dell’ironia e faceva pure satira. Firmò una rubrica di freddure molto seguita e apprezzata dai lettori. Raccontò (e condivise) le ragioni per cui la sua Niscemi, in una delle fasi in cui Gela si stava impegnando per diventare provincia, scelse Caltagirone, “tradendo” la sua secolare vicinanza con la comunità gelese.

Restano come perle preziose negli archivi del giornale e nelle biblioteche scolastiche i suoi “Quaderni del Corriere”, che curò personalmente per parecchi mesi, pubblicati dall’editrice del giornale, come “riletture” di aneddoti su Cambronne, Carducci, Crispi, Gladstone e Paganini.

Il prof. Blanco eccelleva nella saggistica, ma gli faremmo un torto se non riconoscessimo la sua inclinazione al giornalismo, testimoniata dalle sue frequenti collaborazioni alla rivista specializzata a diffusione nazionale “La Tecnica della Scuola”, e dai suoi pungenti commenti pubblicati sul Corriere di Gela, in tandem con il prof. Nuccio Mulè.  L’uno e l’altro si divertivano a trasformare in giornalismo d’inchiesta (e di denuncia) brevi testi didascalici a corredo di fotografie che riproducevano luoghi storici della città ritratti nelle disastrate condizioni attuali.

Abbiamo notizia che nella ricorrenza del trentennale della scomparsa del prof. Blanco sarà pubblicato un libro commemorativo, curato dalla figlia Liliana, collega giornalista. A Blanco sono state intitolate l’aula magna della scuola media “Romagnoli” dove insegnava, una via a Niscemi nella zona della stazione ferroviaria e una vita a Gela, a nord della via Recanati. 

In questa stessa pagina, riproponiamo il ricordo del sicilianista Santi Correnti pubblicato sul Corriere di Gela un mese dopo la scomparsa di Blanco e i ritagli del giornale con i servizi a lui dedicati.

Così lo ricordò Santi Correnti

E’ trascorso un mese dalla scomparsa di Giuseppe Blanco, scrittore ed educatore, stimato uomo di cultura.

Era nato a Catania il 13 settembre 1926, ed aveva trascorso la sua vita tra Niscemi e Gela, dove era apprezzato professore di francese nelle scuole medie. Critico di vaglia, si è occupato di letteratura moderna e contemporanea, con particolare riguardo a quella francese, di cui era specialista.

Ha lasciato numerose e notevoli opere, quali i suoi saggi su Voltaire (In margine al Voltaire ed al «Settecento» del Natali, Bari, 1967); Voltaire nei rapporti letterari con Parini e con Leopardi, Catania 1967; Le profezie di Voltaire sulla rivoluzione francese, Catania 1969; Voltaire e Goldoni, Catania 1974), che furono recensiti anche dall’autorevole “Revue de littérature comparée” di Parigi. Alla Francia dedicò anche i suoi saggi su Rossini Francèse (Bari 1974) e Bellini a Parigi (Catania 1977).

Innamorato della nostra terra natia, collaborò attivamente alla mia “Rivista storica siciliana” con saggi di notevole valore, quali “Un letterato catanese dell’Ottocento, Vincenzo Crescimone” (1979), “Le galliche selve del puritano Bellini” (1980); “L’impero letterario di Mario Gori” (1981); “Ettore Romagnoli e la civiltà ellenica” (1982); e “Il tenente e la principessa” (1985).

Collaboratore del quotidiano “La Sicilia” per lunghi anni, pubblicò numerosi articoli di grande interesse per la cultura siciliana, come quello che chiariva la paternirà della famosa frase che si legge sul frontone del Teatro Massimo di Palermo («L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano è delle scene il dialetto ove non miri a preparar l’avvenire»), che egli giustamente rivendicò al grande letterato palermitano Francesco Paolo Perez, che nel secolo scorso fu anche ministro della pubblica istruzione. E dedicò a Niscemi il documentato saggio illustrativo Aere perennius (1975).

Fu critico letterario acuto e convincente, come si desume dal volume in cui si occupò di “Mario Gori e la sua Musa” (Gela, 1971), di ben 272 pagine, in cui esaminò compiutamente la figura e l’opera del poeta di Niscemi, di cui egli fu qualificato collaboratore nella rivista letteraria “La Soffitta”.

Con Giuseppe Blanco scompare un autentico signore della cultura siciliana.

L’ultima volta che l’ho visto, in occasione di una mia conferenza a Gela il 16 aprile scorso, stentai a riconoscerlo, tanto il male inesorabile l’aveva assottigliati. Mi disse: «Mi spengo lentamente». E lo disse con la serenità di chi sa accettare non soltanto la vita, ma anche e soprattutto la morte.

Santi Correnti (dal Corriere di Gela del 25 maggio 1991)