Il 25 novembre scorso si è svolta su piattaforma Zoom la presentazione del libro “Il Gelsominonotturno” di Fabiola Marsana, opera prima dell’autrice originaria di Butera (ed.Prova d’Autore, ottobre 2020) che a Gela ha comunque maturato la sua preparazione liceale e musicale per poi intraprendere gli studi giuridici a Pavia, ove poi , nella vicina Milano, ha iniziata a svolgere e svolge tuttora la professione di avvocato.
E’ proprio Pavia, in particolare il prestigioso Collegio Universitario Santa Caterina da Siena, di cui è stata alunna durante il suo iter universitario, ad ospitarla, seppur virtualmente, nelle “nuove “ vesti di scrittrice .
Un ritorno nella sua prima città d’adozione Lombarda e in quel Collegio Universitario che la stessa scrittrice dichiara essere stata la sua seconda famiglia durante gli anni universitari e a cui lei rimane sempre molto affettivamente legata.
La presentazione del libro di Fabiola Marsana avrebbe dovuto tenersi il 17 ottobre scorso a Butera, ma poi è stata annullata per le restrizioni imposte dalla Pandemia. Oggi giunge, invece, sulla rete e supera ogni forma di distanziamento, mettendo in collegamento Pavia, Catania (sede della Casa editrice Prova d’Autore), Butera, Napoli (da dove era collegata una delle relatrici) e ed altri luoghi d’Italia – e non solo – da dove familiari, amici, conoscenti e lettori hanno partecipato all’evento dialogando con l’autrice. Il Gelsomino Notturno, silloge di racconti evocativa di luoghi, sapori , profumi, tradizioni ed emozioni intrisi di Sicilia, riesce così finalmente ad avere voce.
La presentazione ha visto la “presenza”, oltre che della rettrice del collegio ospitante, l’avv. Giovanna Torre, della casa editrice Prova d’autore , nella persona del direttore prof Mario Grasso, dell’editrice Nives Levan, e della scrittrice e psicologa, dott.ssa Giulia Sottile, del poeta Emanuele Fiore e della prof.ssa Maria Pagani (docente di discipline dello Spettacolo presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli).
L’evento, seppur nella modalità virtuale, ha consentito, anche attraverso le domande rivolte alla stessa autrice, di comprendere il significato metaforico della narrazione e di percorrerne le fasi della stesura.I partecipanti “collegati” sono stati condotti, anche attraverso la lettura di alcuni brani dei racconti, magistralmente accompagnati dalla riproduzione di immagini rappresentative di quanto narrato, ad intraprendere quel viaggio, che ha consentito di risvegliare sensazioni ed emozioni, nonostante il filtro apparentemente asettico dello schermo.Non è stato possibile applaudire ma il silenzio è stato indicativo di una grande emotività che ha caratterizzato tutta la presentazione.
Il Gelsomino notturno, fiore estivo che si schiude all’imbrunire e si richiude con la luce del giorno, come la stessa autrice afferma, vuole trasmetterci un messaggio propositivo e ottimistico, poiché simboleggia la nostra vita, in cui assistiamo spesso alla “fioritura” ovvero alla “rinascita” di noi stessi in momenti che riteniamo essere molto bui, in cui le tenebre della notte vorrebbero prendere il sopravvento sulla luce del giorno. Quel piccolo fiore, infatti, sembra quasi voler sfidare la notte e ricordarci che la forza della vita e della natura vincono su tutto.
La principale protagonista della narrazione è Madre Natura; l’autrice spiega nel corso della presentazione come la silloge sia nata dall’osservazione attenta già dall’infanzia dei fenomeni naturali, successivamente filtrata dalla razionalità adulta, che l’ha condotta in questo percorso autobiografico e introspettivo, rivolto anche alla comprensione di quanto ci viene offerto in maniera spontanea e di cui siamo fruitori a volte troppo passivi e anche ingrati.
Il messaggio che ci viene trasmesso è che oggi la Natura, con i suoi continui richiami, scanditi dal silenzio e dall’isolamento forzato, ci offre un’opportunità che può rappresentare anche una fonte di rinascita , ma – sottolinea l’autrice – sta ovviamente a noi saperla cogliere.
Come ci ricorda Stefania Calabrò, che ha recensito per prima l’opera, Pomodori, mandorle e gelsi nella raccolta si animano, sono simbolo della perfezione di Madre Natura, di armonia e divengono anch’essi metafora; La testimonianza del quotidiano, l’uso frequente di terminologia dialettale e di espressioni proverbiali locali pongono l’accento su sensibilità ed empatia ma, soprattutto, imprimono nella mente del lettore il ricordo delle tradizioni e usanze isolane, in particolar modo di Butera, terra di origine della scrittrice, coadiuvando la sopravvivenza di un mondo che oggi non esiste più o che lentamente va esaurendosi (Stefania Calabrò, in Lunarionuovo, n..101/53 nuova serie, novembre, sala Nicolò Gallo)
A tal proposito, il prof Mario Grasso nella sua prefazione al libro afferma: la Sicilia si presenta come Sicilia – Universo , che qui è metafora di Madre Natura e si fa simbolo del Nostos che vive dentro ogni sensibilità umana, che non ha bisogno di passaporti per i momenti delle proprie passioni come per quelli dei più semplici sentimenti.
Nel corso della presentazione e in una successiva recensione la scrittrice Giulia Sottile ha altresì evidenziato che Fabiola Marsana, Oltre al ricordo dei riti e degli scambi tra uomo e Natura, sosta anche sugli affetti, sui rapporti umani. È una nostalgia che oggi acquista doppio significato, perché non solo è rivolta a tempi andati, ma anche a tempi che ci sono sottratti in questo immediato presente di distanziamenti sociali. La nostalgia, la malinconia, non debbano essere scambiati per il “malinconismo. Si tratta, piuttosto, in questo caso, della capacità di tenere dentro il passato per trarre insegnamenti e senso di identità personale. Nell’identità c’è tutto il mosaico dei possibili sé, le emozioni che abbiamo provato, le persone che abbiamo incontrato, i luoghi che ci sono entrati nel cuore, quelli di origine e quelli adottivi (Giulia Sottile, Prova D’autore, Ebdomadario, 28 novembre 2020) .
L’autrice ci rende altresì partecipi del suo sentimento conflittuale che la attrae e nel contempo la allontana dalla sua terra d’origine fino al punto di narrare il motivo che l’ha condotta a lasciare la Sicilia. La sequenza temporale dei racconti, infatti, oltre a scandire delle stagionalità della Natura è espressione di una sua crescita personale della scrittrice, che progressivamente arriva a raccontare delle stragi di Capaci e di Palermo del 1992. Episodi che alimentano il desiderio di riscatto e di allontanamento da una Terra che l’ha delusa. È infatti l’ultimo racconto a rendere testimonianza di questo percorso, a cui forse lo spettatore- futuro lettore è un po' impreparato e spiazzato. Ma è così che, accompagnati dalla voce narrante, la presentazione volge al termine. Senza abbracci e applausi ma lasciando sicuramente spazio al lettore di andare alla scoperta di quel vissuto recuperato a futura memoria, capace di trasmettere ancora emozioni.