Pittura. Le “Opere d’impatto” del giovane Emanuele Tuccio

Pittura. Le “Opere d’impatto” del giovane Emanuele Tuccio

La pittura è una forma di arte alla quale in tanti si dilettano nella nostra città. E’ un modo per esprimere se stessi, le proprie emozioni, sensazioni e pensieri.

Quindi, non tutti la praticano allo stesso modo, con le stesse tecniche.
A Gela c’è infatti un giovane pittore, Emanuele Tuccio (nella foto), 28 anni, che potremmo definire fuori dal comune, che non predilige nature morte, cesti di frutta o altro. La sua specialità è dipingere con le dita, creare opere d’impatto, non elaborate, surrealistiche. I soggetti dei suoi quadri sono principalmente le mani dipinte con una tecnica particolare che trasmette la sensazione di movimento statico.

Si tratta dell’action painting: degli schizzi di colore sul quadro terminato. E’ anche un ritrattista a matita chiaro-scuro, predilige l’acrilico su tela, ma non disdegna le altre tecniche: acquerello, tempera, olio.
Ha frequentato per 8 anni la scuola d'arte Dopolavoro Eni. I suoi maestri sono stati Antonio Occhipinti, Antonio Insulla, Catalano e negli ultimi due anni anche Giovanni Iudice, che si è affermato a livello nazionale e che lo ha guidato a raffinare la sua tecnica.

Gli rivolgiamo qualche domanda.
– Come è nata la passione per la pittura?
«Sin da piccolo mi divertivo ad imbrattare le pareti di pittura usando le mani. Trascorrevo i pomeriggi invernali con mio fratello a disegnare e a colorare. Sono nato con questa passione».

– Hai mai esposto i tuoi lavori?
«Si ho esposto in estemporanee e mostre di pittura in occasione delle manifestazioni per la patrona, in via Pisa e anche nell’ex chiesetta di san Giovanni, per il festival del cortometraggio».

– Non hai mai pensato di approfondire gli studi di pittura?
«Dopo il diploma di geometra conseguito nel 2010, ho frequentato per due anni l’Accademia di belle arti a Firenze. Un’esperienza bellissima, in una città che è la madre patria dell’arte, dove si respira bellezza in tutti gli angoli. Ma per diverse ragioni non ho potuto continuare gli studi e sono ritornato a Gela e questo è il mio più grande rammarico».

– Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Vorrei affermarmi come artista a livello nazionale e questo sarebbe il massimo. Ma sto con i piedi per terra, e quindi sarei soddisfatto anche se il livello fosse regionale. Vorrei vivere del mio lavoro, della mia passione. Ma il sogno più grande è quello di aprire una scuola d’arte privata, per la pratica dell’arte-terapia per i bambini. Mi piacerebbe aprirla nella mia città, una città che amo e che ha grandi potenzialità, tanti giovani di talento che però hanno paura di mettersi in gioco, perché sfiduciati. Ancor prima di iniziare si sentono sconfitti. E questo è una cosa davvero brutta».