L’emergenza covid colpisce  anche le palestre gelesi, già in crisi

L’emergenza covid colpisce  anche le palestre gelesi, già in crisi

Il Dpcm del 24 ottobre, con le restrizioni imposte dal Governo per fronteggiare l’emergenza legata al Coronavirus, con la curva dei contagi in continuo aumento, ha colpito tutto il mondo sportivo.

La settimana scorsa, sempre attraverso queste pagine, abbiamo dato voce alle società dilettantistiche locali impegnate nei vari sport, soprattutto con importanti settori giovanili, che comprendono ogni fascia di età. Tutte, hanno evidenziato come lo sport, a prescindere dall’aspetto agonistico o meno, faccia bene alla salute e che nei vari luoghi dove questo viene praticato, il rischio di contagio sia ridotto al lumicino. Questa settimana, abbiamo deciso di dar voce ai proprietari di palestre, forse meno considerati come “sportivi” dai media, ma più importanti per il sistema economico e sociale.

Per loro, la beffa è doppia, dato che sin dalla riapertura hanno dovuto far fronte a drastiche limitazioni in termini di contenimento e questo comporta un serio danno dal punto di vista dei ricavi, ancora molto bassi dalla ripartenza del post primo lockdown. A far storcere il naso, è la tempistica con il quale il governo è giunto a questa decisione.

Infatti, poco più di 48 ore prima dello stop definitivo, era stato redatto un nuovo protocollo per il settore, che imponeva misure ancora più stringenti. Tornando più indietro, una settimana prima, era stato dato un ultimatum per la messa in regola, “costringendo” tutte le attività ad un’ulteriore corsa contro il tempo. Questo oltretutto rappresenta il periodo migliore dell’anno in termini di iscrizioni ed anche una possibile ripartenza dopo il 3 dicembre, non garantisce un’ottima ripresa economica.

«La chiusura dell’ambiente CrossFit o più generalmente Cross Training – dice amareggiato Alberto Scicolone proprietario del Box88 - senza una concreta visione di come avvenissero le varie attività, mi sembra prematura. Nella nostra palestra, considerando un’area di 250m^2, con le restrizioni potevamo utilizzare solo dieci postazioni, rispetto alle quindici di prima del lockdown.

Ovviamente, era garantito il distanziamento ed ognuno aveva a disposizione l’attrezzatura propria, per evitare qualsiasi tipo di scambio. Il nostro settore è fortemente penalizzato e questo, forse, perché non si guarda allo sport come un mezzo per poter stare bene. Oltre alle restrizioni durante l’attività, sin da subito ci siamo adoperati in modo da avere ingressi contingentati così da tenere tutto sotto controllo.

Altre soluzioni sarebbero state impossibile e ci avrebbero portato alla chiusura, ma ripeto, con l’ultimo protocollo potevamo continuare il nostro lavoro. Questo – continua – è il nostro periodo dell’anno migliore, dato che siamo anche in prossimità delle festività natalizie e subito dopo l’estate, mesi in cui c’è sempre un calo di presenze. Sarà difficile recuperare, ci vorrà tanto tempo, sperando che la chiusura non venga prolungata ulteriormente».

La mancanza di una figura che conosca il settore, è stata sottolineata da Giovanni Carbonaro, direttore di filiare Vitality: «La chiusura per due volte in pochi mesi, chiaramente compromette l’intero anno. Siamo stati fermi nei mesi di marzo, aprile e maggio, in estate la gente difficilmente torna in palestra, ma allo stesso tempo rimangono i costi fissi, che comprendono le spese inerenti alla struttura ed i pagamenti degli stessi dipendenti.

Non conoscendo il settore, chiudendo in queste fasce, si causa un problema anche per i mesi a venire, perché la gente sarà sempre più predisposta a posticipare il ritorno all’attività. Il ristoro non basta per evitare il danno. Ad esempio, come Vitality, ho dei protocolli di dimagrimento, con personal trainer ed altri servizi, che svolti insieme presuppongono un percorso che non deve fermarsi, altrimenti non vengono ottenuti dei risultati. 

Questi aspetti non sono considerati. Dati alla mano, posso prendere come esempio Gela, abbiamo avuto un calo drastico sotto tanti aspetti. Psicologicamente è un duro colpo per i lavoratori, che hanno una famiglia e non sanno quando potranno tornare a lavorare. L’ attività fisica è messa sempre in secondo piano – continua – perché non si pensa al fitness come prevenzione. Considerando la fascia che va dai 40 ai 75 anni, ci sono tante persone che trovano giovamento nel movimento, migliorando il proprio stile di vita, risolvendo alcuni problemi. Per loro la palestra può essere utile per il sociale, rappresentando anche un momento di svago.

La maggior parte dei Family Club, categoria in cui si posizioniamo anche noi, sono importanti anche per questo. Magari, qualcuno lo avrà sottolineato, ma questo non basta. Lo sport, che vede protagonista il calciatore di serie A non rappresenta la sanità pubblica per quel che riguarda l’attività fisica».

Sui sistemi di prevenzione ha poi aggiunto: «Parlando sempre della mia struttura, oltre ad avere i Dvr (Documento di Valutazione dei Rischi) aggiornati, abbiamo fatto fare un controllo dagli ingegneri per non lasciare nulla al caso. Nella struttura è presente un recupero dell’aria a flusso incrociato, che è autorizzato sempre per il problema del virus. Tutti gli spazi vengono sanificati, quindi è garantita la sicurezza. Speriamo, che si possa tornare a pensare al benessere delle persone il prima possibile».