E’ il fuoco l’elemento che, in questo periodo, ha assunto il controllo di Gela e di quei gelesi che ancora resistono, per età, vigliaccheria o ignavia, a rimanere in città senza ingrossare le fila degli “emigranti per necessità” (ovvero per mancanza di lavoro).
Continuano, infatti, anche se forse con minore intensità, i roghi di automobili, che ormai fanno parte della normale tabella di marcia delle forze dell’ordine: auto bruciata, denuncia contro ignoti, fogli nel cassetto, e via verso il prossimo incendio, che rimarrà (come nella stragrande maggioranza dei casi) senza autori conosciuti. Del resto, anche questo è normale: gli inquirenti hanno cose ben più importanti di cui interessarsi che non gli incendi seriali di auto.
Ma i roghi che più preoccupano, in questo periodo, sono quelli che riguardano i cumuli di rifiuti non raccolti, presenti ormai in ogni quartiere e vicino ad ogni scuola o comunità. I cumuli non si sono creati per caso: all’origine c’è la becera politica sui rifiuti portata avanti dall’Amministrazione comunale, sulla quale la Procura sta indagando da tempo facendoci attendere con ansia i risultati. Ma non possiamo sparare sul pianista: l’Amministrazione, e la Tekra, hanno le loro colpe, ma il concorso di colpa è da attribuire a tanti gelesi “vastasi” che continuano a buttare spazzatura senza regole e senza senso. Le multe, finora poche, non hanno funzionato come deterrente, e i cumuli si moltiplicano, fino a quando arriva qualche imbecille che appicca il fuoco causando pericolo per i cittadini e nubi tossiche che mettono a serio rischio la salute pubblica.
Di fronte a tale vergogoso spettacolo, l’Amministrazione comunale brancola nel buio, sembra impotente, bloccata da misteriose paralisi neuronali, causate forse da inconfessabili accordi inerenti il servizio di raccolta dei rifiuti. E i cittadini, quelli che si ostinano a fare regolarmente la raccolta differenziata, sentono di non avere alcun interlocutore a Palazzo di Città.
Per completare il trittico igneo, il trittico del fuoco che spadroneggia, ecco i ripetuti incendi che in questi giorni hanno interessato la riserva del Biviere, unica zona di Gela ad essere visitata da turisti (almeno fino a quando da Malta non arriveranno le centinaia di vacanzieri previsti dagli accordi stretti da Messinese), forse più del Museo e delle zone archeologiche.
Già il Presidente della Regione Musumeci, nei giorni scorsi, aveva fatto un bel regalo (non solo al Biviere, ma a tutte le Riserve siciliane), tagliando i fondi non col bisturi ma con la mannaia, e mettendo a serio rischio la sopravvivenza di tante oasi naturali. Adesso arrivano gli incensi, chiaramente dolosi, e stavolta gli autori non sono gli stessi imbecilli dei roghi di spazzatura, ma veri e propri criminali il cui intento è quello di affibbiare il colpo di grazia alla natura e a chi la salvaguardia, per far sì che si possano attuare interessi poco puliti.
Ciò che collega tra loro questi tre modi con i quali il fuoco è diventato il padrone della città è la netta sensazione, percepita da tanti cittadini, che niente e nessuno è in grado di difendere le regole del vivere civile in una comunità che continua, giorno dopo giorno, a scivolare nel baratro, rassegnata, umiliata, oltraggiata, mortificata. In ogni settore e in ogni campo.
Perché oggi abbiamo parlato del fuoco, ma non dimentichiamo la sanità bistrattata, l’occupazione ai livelli della Nigeria, l’industria smantellata, i confini amministrativi che ci vedono ancora nella provincia di Caltanissetta, l’agricoltura abbandonata. E una amministrazione che vive alla giornata e invece di risolvere i problemi riesce a crearne di nuovi. E il fuoco è il nuovo padrone di Gela.