Questo numero del Corriere esce a cavallo tra due festività che commemorano due capisaldi della storia repubblicana.
Il 25 aprile, anniversario della liberazione dal nazifascismo, ed il primo maggio, festa dei lavoratori.
D’accordo sul commemorare la fine del nazifascismo, ma direi che a distanza di oltre settant’anni restano parecchie cose da fare per “liberare” l’Italia. Liberarla dal malaffare, dalla dilagante corruzione, soprattutto liberarla dall’ignoranza, che è la causa primaria di invidie, odio, violenza.
A oltre settant’anni dal 1945 abbiamo imparato ben poco, se ancora vi sono rigurgiti neofascisti, se l’odio è diventato virale grazie ai social, se ancora oggi chi partecipa ai cortei commemorativi assume posizioni di divisione, pretendendo di stabilire chi possa o meno partecipare, se alcuni imbecilli continuano ancora oggi a insultare e usare violenza all’indirizzo delle comunità ebraiche.
Ognuno di noi, nel festeggiare il 25 aprile, dovrebbe o avrebbe dovuto riflettere su quanto c’è ancora da liberare nel nostro Paese. Dal mio punto di vista, oltre a quanto già accennato, mi libererei volentieri della vergognosa burocrazia, della crescente oppressione del fisco (che ogni qual volta annuncia di “semplificare”, in realtà complica le cose e aumenta gli inutili adempimenti), dalla giustizia così lenta che non si può più definire giustizia. A Gela mi libererei volentieri dei cumuli di rifiuti ed anche di un’amministrazione comunale che ormai sembra navigare a vista.
Ma tra qualche giorno sarà il primo maggio, festa dei lavoratori.
Anche in questo caso si tratta di una festa un po’ decaduta, in primo luogo perché, specialmente dalle nostre parti, di lavoratori ne sono rimasti ben pochi. E quelli che ancora rimangono superstiti, che diavolo avranno da festeggiare? Dove sono finite le lotte dei lavoratori? In Sicilia avrebbe forse più successo la festa dei disoccupati, che però sono ormai così rassegnati e pigri che nessuno riesce a smuoverli.
Ed allora, sia il 25 aprile che il primo maggio, siano giornate di riposo. A casa, o magari, come tradizione, in campagna, tra “sosizza” e “cacòccili rustuti”, senza pensare a niente, tanto i problemi restano e qualcuno, prima o poi, farà qualcosa per risolverli (forse).
Ma la notizia che mi ha più colpito in questi giorni è l’operazione d’urgenza al cuore subìta dall’ex Presidente della Repubblica Napolitano. A livello umano, solidarietà ed auguri, ma è stato sconvolgente scoprire che Napolitano ha un cuore! Il Presidente più invasivo nella storia repubblicana, quello che su sollecitazione della Merkel è riuscito a fare cadere un governo e ad imporre al Paese i governi di Monti, di Letta e di Renzi, quello che faceva il burattinaio del Parlamento muovendo i fili a suo piacimento, non era un uomo senza cuore come molti credevano.
Magari aveva un cuore di pietra, ma un cuore, comunque, ce l’aveva. Una grande scoperta, inaspettata!
Ma ritorniamo al primo maggio. Andiamo pure a banchettare in campagna, se riusciremo a fare lo slalom tra i rifiuti. Dal due maggio si riprende. Come sempre, e allo stesso modo: nella più totale indifferenza.