Nella mattinata di martedì scorso, si è svolto all’Ars un incontro promosso dalla Commissione Attività Produttive, per approfondire il tema delle Zone economiche speciali (Zes), le cui linee guida sono state recentemente pubblicate nella G.U. n.47 del 26 febbraio 2018.
Le Zes rappresentano uno strumento di rilancio economico per le aree del meridione italiano a cui sono, di fatto, destinate: un'occasione da non perdere per la Sicilia e per Gela che, avendo giocato d'anticipo sulla vicenda, vuole essere della partita.
«Siamo stati fra i primi, se non i primissimi, a tirare fuori l'argomento – precisa il sindaco Domenico Messinese, da noi contattato telefonicamente in quanto fuori sede per impegni istituzionali e che ha per l'appunto delegato il vice, Simone Siciliano, a presenziare all'incontro tenutosi a Palazzo dei Normanni – quando ancora nessuno nell'isola parlava di Zes.
Anche a questo fine siamo entrati nella Ali – ha continuato il primo cittadino -, vale a dire l'Area Logistica Integrata ed il Comune di Gela, attraverso il civico consesso, ha adottato una delibera, la n.119/2017, del 19 settembre 2017, con cui è stata approvata all'unanimità dei presenti, la mozione di inserimento di Gela nelle costituende Zone economiche speciali.
Ne parlammo subito con l'allora presidente Rosario Crocetta, suggerendo l'idea di collegare le Zes alle aree di crisi complessa di Gela e Termini Imerese – ha ricordato Messinese – anche per gli evidenti vantaggi che queste zone presentano in quanto a stoccaggio e logistica, oltre che per l'insediamento di nuove realtà produttive, essendo retroporti industriali e non urbani come ad esempio nei casi delle stesse aree portuali di Palermo e Catania dove alle spalle dei rispettivi porti ci sono le città con le difficoltà che ne conseguono ed a cui dovranno ovviare».
Ma cosa sono di preciso le Zes? Secondo la definizione legislativa, una zona economica speciale è una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree di una regione non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale e comprendenti almeno un'area portuale. Quando le aree sono adiacenti può aversi anche una Zes interregionale: si sta lavorando in tal senso per costituirne una ad esempio tra la Puglia e la Basilicata.
Un'ipotesi di Zes interregionale potrebbe essere quella dello Stretto, cioè Messina e Reggio Calabria (quest'ultima da sola è già Zes, ma verrebbe rafforzata con l'ingresso di Messina). Ma il condizionale è d'obbligo. Tale soluzione, che rimane difficilmente praticabile, toglierebbe un po' di castagne dal fuoco al governo regionale, che ha messo su una task force, una sorta di cabina di regia, su come procedere al meglio nei cinquemila e cinquecentottanta (5.580) ettari conteggiati per la Sicilia.
L'indirizzo che va per la maggiore è il solito, cioè tagliare in due l'isola tra Sicilia occidentale e Sicilia orientale, con l'individuazione pertanto di due Zes, una che ha il suo perno nell'area portuale di Palermo e l'altra a Catania. La Zes che fa leva sull'interporto ionico di Catania ed Augusta favorirebbe l'ingresso delle aree industriali del siracusano, ma ci sono pressioni per l'area industriale calatina e l'indubbio vantaggio di inserire l'area portuale ed industriale di Gela con sbocco dunque anche nel Mediterraneo (e non solo nello Ionio).
Il che potrebbe escludere o mettere seriamente in discussione la partecipazione nel piano progettuale dell'area portuale commerciale di Pozzallo nel ragusano. Dall'altra parte, ci sono altre valutazioni da fare che vanno da Termini Imerese a Porto Empedocle, passando per il trapanese. Senza dimenticare il messinese. Insomma, c'è da stare vigili ed attenti perché le prospettive di miglioramento e sviluppo economico oltre che infrastrutturale, cominciano ad essere comprese appieno e, dunque, a fare gola.
Il fine di una Zes è quello di permettere la creazione di condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano in alcune aree del Paese ed in particolare nel Mezzogiorno, lo sviluppo delle imprese già operanti, nonché l'insediamento di nuove imprese, in dette aree (portuali, retroportuali, aeroportuali, di carattere produttivo/industriale, piattaforme logistiche, sicuramente non zone residenziali).
Alle agevolazioni amministrative consistenti in procedure semplificate, si associano sgravi fiscali ed un credito d'imposta (20% piccole imprese; 15% medie imprese; 10% grandi imprese) applicabile al costo complessivo dei beni acquisiti in relazione all'intero piano di investimento che può arrivare ad un massimo di 50 milioni da completare entro il 2020. Dal momento del completamento dell'investimento, l'impresa beneficiaria deve mantenere l'attività almeno per i successivi cinque anni