La politica a Gela come un ristorante

La politica a Gela come un ristorante

Complimenti alla Cgil, che ha voluto fare il punto della situazione economica nel territorio della ex provincia: disoccupazione a livelli altissimi, oltre il quaranta per cento, spopolamento, diminuzione delle nascite.

Naturalmente vanno aggiunti anche la quasi totale scomparsa dell’edilizia e dei pubblici appalti, la chiusura di attività commerciali ed artigiane, il crollo del settore agricolo.
I complimenti potrebbero sembrare fuori luogo: del resto la Cgil non ha fatto nient’altro che il suo lavoro, ha svolto quello che è il suo compito, cioè quello di tentare di stimolare la politica a fare di più e meglio. Invece, a mio avviso, i complimenti se li merita, perché a pochi giorni dal voto del 4 marzo la campagna elettorale procede stancamente, priva di idee e proposte da parte di partiti e candidati.

Le proposte che giungono agli elettori sono quelle di caratura nazionale: il centrosinistra che chiede il voto perché il Pil è aumentato dello zero e qualcosa per cento (anche se in Europa siamo gli ultimi), il centrodestra che ci stuzzica con l’abbassamento delle tasse e la lotta agli immigrati clandestini, i “grillini” che pretendono di essere gli unici onesti da Merano a Portopalo (anche mia zia Concetta è onestissima, ma non per questo le affiderei il ministero degli Esteri).


In quanto a temi locali, c’è ben poco, anche perché la legge truffa con cui siamo chiamati a votare ci ha portato in dote molti candidati, catapultati dai partiti nazionali, che neanche conoscono la realtà gelese, mentre quasi tutti i candidati locali battono il tasto sulla propria storia personale e sull’impegno futuro, ma senza scendere troppo nei dettagli.

Con un consiglio comunale che riesce a scontrarsi e litigare anche sulla carica di vicepresidente (vicepresidente, mica ministro!), con le casse comunali quasi all’asciutto, nessuno ci fa sapere quando e vcome verranno riparate le dighe che dovrebbero irrigare i “campi geloi” e sono ridotte a serbatoi di fanghiglia; nessuno ci dice quando sarà pronto il “Museo del mare” per potere finalmente esporre la nave greca che giace malinconica da anni chiusa nelle casse; nessuno ci fa sapere che tempi si prevedono per finanziare l’accordo di programma, né a che punto sono le bonifiche, né quali imprese hanno manifestato a Invitalia l’intenzione di insediarsi a Gela e con quanti occupati.

La città è alla più completa deriva. E fa piacere, anche se non è molto, leggere che il Presidente della Regione Musumeci stia pensando a come inserire Gela tra i porti facenti parte delle Zone Economiche Speciali: un pensiero gentile, un pensiero che avrebbe tanti risvolti positivi per l’economia.


Nel frattempo, godiamoci le passerelle dei capoccia della politica in campagna elettorale, rappresentanti di partiti che sono come un ristorante: ognuno offre le proprie pietanze promettendo pasti di qualità ai commensali. E’ passato da Gela Saverio Romano, ex democristiano, ex Udc, ex Cantiere Popolare. Oggi il suo ristorante si chiama “Noi per l’Italia”, e tra i commensali c’era anche l’ex Presidente della Regione Totò Cuffaro.

Gli chef gelesi sono stati Enzo Cirignotta ed Ennio Di Pietro, che appena tre mesi fa lavoravano al ristorante “Il Megafono” di Rosario Crocetta. Ma “Il Megafono” ha chiuso i battenti, e siccome non si può rimanere disoccupati, perché c’è la famiglia da mantenere, hanno trovato una nuova collocazione da Saverio Romano, portandosi dietro, come aiuto cuoco, anche Antonio Torrenti.


Il ristorante “Liberi e Uguali”, invece, è di tendenza. Il proprietario Pietro Grasso, con poca esperienza,, ha affidato la gestione a Paolo Cafà, ma i cuochi sono tanti, ognuno prepara la sua pietanza e i commensali sanno che possono trovare piatti “a sorpresa”, magari non di qualità, ma certamente popolari.
Gela, anno 2018. In attesa del 4 marzo, con poche speranze.