Il sindaco Terenziano Di Stefano era stato abbastanza diretto e chiaro nell’indicare allo scadere del mese di settembre, il termine entro cui avere sul proprio tavolo l'intera documentazione utile ai fini della predisposizione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, unica ed assoluta priorità di questo inizio di mandato, accanto le solite emergenze che ogni amministrazione in carica nel terzo millennio locale, si sono abituate a rincorrere, con quella idrica in testa.
Di Stefano non mancò altresì di minacciare anche drastiche decisioni in caso di ingiustificati passi falsi.
Siamo giunti oltre la commemorazione dei defunti ed il ritardo nel cronoprogramma si fa sempre più evidente. Secondo le solite voci maliziose, il primo cittadino era stato fin troppo ottimista sui tempi. Sarebbe già un gran risultato avere tutto pronto ed in ordine per un'ipotesi di bilancio entro la fine dell'anno. E sarebbe addirittura clamoroso protrarsi oltre, avvicinandosi così alla scadenza del primo semestre di mandato, allorquando ci sarà da fare il primo autentico rimpasto in giunta e varare il primo vero esecutivo di questo mandato targato Di Stefano.
Anche per questo il sindaco, che non ha nascosto di non aver fatto i salti di gioia nell’apprendere della nomina regionale del commissario ad acta, ha chiamato nuovamente a raccolta gli alleati e serrato i ranghi. L'invito, alquanto perentorio, è stato quello di mettere da parte chiacchiere, velleità presunte o tali, dispetti e polemiche, per ricompattarsi attorno alcuni appuntamenti fondamentali ed imminenti dell'agenda politica. In cima, i debiti risalenti fino al 2021.
La massa debitoria quantificata all’Osl si aggirerebbe attorno ai cinquantaquattro milioni di euro. Lo stesso organismo straordinario di liquidazione avrebbe suggerito una procedura semplificata per coprire almeno il sessanta percento dei debiti. Attorno questa procedura semplificata la maggioranza dovrà dimostrarsi salda e disposta anche a contare esclusivamente sulle proprie forze, perché ha i numeri per farlo.
Altra iniziativa utile, a cui ricorrono tutti i comuni in dissesto, è il fondo statale di rotazione. L’unica forza della maggioranza che ha riferimenti nazionali è il Movimento cinque stelle che può contare a Roma sull’apporto dei senatori Lorefice e Damante. A loro il compito di capire quali sono i passaggi da compiere per accedere a tale fondo, con il capogruppo consiliare Francesco Castellana a fare da ponte di collegamento.
C’è poi il tema dei finanziamenti dei progetti, altro argomento su cui il primo cittadino punta e non vuole ammettere deroghe. Il Fua, Qualità abitare, la nuova Programmazione Fesr ed altro. Interventi sul patrimonio edilizio, di rigenerazione urbana, di inclusione sociale, di strutture sportive e scolastiche, di digitalizzazione amministrativa e via di seguito. Sono risorse che permetterebbero di coprire interventi ed opere senza interessare le finanze locali. Se questo è già in punto di principio un qualcosa di utilissimo per un ente comunale in salute, diventa essenziale per un ente comunale in dissesto. E per mantenere un’unità di indirizzo ed il rispetto della tempistica, tra priorità ed emergenze, sarebbe stata decisa una sorta di cabina di regia interna alla maggioranza.
Al di fuori della maggioranza non mancano, intanto, gli attacchi al “modello Gela”
incarnato dall’amministrazione Di Stefano. I comunisti, estromessi dalla giunta per far posto ad un secondo assessore del Pd, si chiedono attraverso Toto D’Arma se per assicurare una compattezza nella maggioranza il problema fosse la presenza del Pci nello staff assessoriale. Il dirigente di Sinistra italiana e più votato nella lista “Per”, Paolo Cafà, nega l’ipotesi di un “modello” già alla radice: «non ha dato finora alcun interessante risultato alla città, sia dal punto di vista dei servizi, vedi rifiuti e acqua peggiorati, sia dal punto di vista economico e sociale e ancora sotto il profilo della vivibilità della città».
Cafà attacca a testa bassa poi sul carattere, definito dallo stesso falsamente progressista, di questo modello: «in questa giunta della presenza della sinistra e dei progressisti non vi è nemmeno l’ombra. La sinistra è fuori da questa amministrazione – ha proseguito – con PeR, Sinistra Italiana e Comunisti. Il Pd è un partito di destra moderata, per cultura nazionale, e a conferma di ciò ha governato questa città con tutti, Forza Italia compresa, ininterrottamente dal 2010 ad oggi. In questa giunta ci sono commistioni tra Mpa, civici, M5s, Sud Chiama Nord che ha dato casa a Franzone, giusto per mantenere la carica assessoriale, e il Pd miracolato e derelitto di Speziale».
Sul saldo Tari, Cafà non le ha mandate a dire anche a chi ha preceduto Di Stefano e cioè al sindaco uscente Lucio Greco, che chiamato in causa non si è fatto certo pregare e non ha perso minimamente tempo nel rispondergli per le rime: «posso capire – ha prontamente replicato Greco – la rabbia che ha in corpo per non essere riuscito a diventare consigliere comunale ma questo non può giustificare la virulenza di certi attacchi e l’utilizzo di alcune espressioni scomposte, volgari e offensive.
È appena il caso di ricordargli – si è limitato – che il suo passato politico non si è svolto solo dai banchi dell’opposizione. Anzi, ha ricoperto ruoli importanti durante il periodo delle vacche grasse, quando a furia di sprecare ingenti risorse, si sono gettate le basi per il disastro economico che poi è sfociato – ha concluso – nell’inevitabile dissesto finanziario del Comune».
Critiche al modello sono giunte anche dalla Dc cuffariana. Il commissario cittadino, avv. Giuseppe Licata, ha battezzato questa alleanza tutt’altro che un modello, anzi proprio il contrario, cioè una “ammucchiata” assetata di potere, con evidenti contraddizioni interne, subito affiorate e che emergeranno in maniera manifestamente palese nei mesi a seguire, specie quando si conteranno per spartirsi le poltrone in gioco. I centristi moderati della Dc non fanno mistero nel non condividere la scelta di altre forze moderate di centro, con chiara allusione agli autonomisti lombardiani, nel continuare a stare con un piede nel governo regionale di centrodestra a Palermo e con l’altro piede nei governi locali anche a trazione progressista, come nel caso di Gela.