Il matrimonio politico tra Franzone e De Luca ed il modello Gela

Il matrimonio politico tra Franzone e De Luca ed il modello Gela

Con l’adesione dell’assessore Filippo Franzone al movimento politico Sud chiama Nord di Cateno De Luca, il campo largo progressista a sostegno del sindaco, Terenziano Di Stefano, assume definitivamente i contorni dell’opposizione parlamentare regionale al governo Schifani, con la sola eccezione degli autonomisti di Raffaele Lombardo che si ritrovano così in giunta sia con il centrosinistra moderato-progressista a Palazzo di città a Gela, sia con il centrodestra moderato-reazionario a Palazzo d’Orleans a Palermo.

Ciò grazie a quel termine “moderato” così tanto in uso nel nostro paese, giacché come in un grande calderone politico permette di farci entrare dentro tutti i partiti che “ideologicamente” rifuggono posizioni e concetti che esprimono, o rispecchiano, eccessi ed estremismi di sorta. 

L’ingresso di Sud Chiama Nord nella giunta Di Stefano, rafforza infatti la posizione del Movimento per l’Autonomia a cui il sindaco non vuol assolutamente rinunciare.

In primo luogo perché, come sopra evidenziato, l’Mpa è l’unico aggancio al governo regionale, rispetto al quale altrimenti, l’amministrazione gelese sarebbe del tutto slegata e senza alcun punto di riferimento. In secondo luogo perché, senza l’Mpa, Terenziano Di Stefano si ritroverebbe con tutte le scarpe a capo di un “modello Gela” che coinciderebbe totalmente (al netto di Una buona idea, che resta un movimento civico locale) con il fronte delle opposizioni all’Ars: vale a dire Partito democratico, Movimento 5 stelle e Sud chiama nord, per l’appunto. Il che spiega, invece, come mai questo cosiddetto modello gelese sia così tanto sponsorizzato da esponenti dell’area progressista regionale che alberga a Palazzo dei Normanni, ad iniziare dal vicepresidente del parlamento regionale, Nuccio Di Paola (M5s). 

Sul piano pratico, l’ingresso di Cateno De Luca nella giunta gelese, ha l’innegabile vantaggio di assicurarsi in sede di voto a Sala d’Ercole un drappello teorico di 25 parlamentari (11 pd, 11 M5s, 3 Scn) che potrebbero risultare importantissimi, assieme all’apporto decisivo di “franchi tiratori” (magari autonomisti, chissà), se si dovesse votare in aula, in modalità “voto segreto”, l’aumento degli assessori nelle giunte comunali.

Per molti potrebbe essere visto e valutato come un vantaggio estemporaneo, ma l’ottavo assessore toglierebbe non poche castagne dal fuoco al sindaco e la stessa posizione di Franzone (come vedremo più avanti) sarebbe più salda in giunta, al termine del primo semestre di mandato. Ma se questa eventualità non dovesse verificarsi, l’ingresso di Franzone in Sud chiama Nord suscita diverse perplessità e porta con se qualche rischio ai fini della permanenza nell’esecutivo locale dell’attuale assessore allo sviluppo economico. 

Va premesso, sottolineandolo, che nonostante le più disparate reazioni sui social, l’adesione di Franzone a Sud chiama nord è una decisione legittima e rispettabilissima. Ma non è più la decisione di un cittadino qualsiasi. E’ la decisione di un assessore comunale che comporta l’ingresso in giunta di una forza politica che ha contribuito all’elezione di Di Stefano con un apporto, senza girarci troppo intorno con le parole, insignificante. La quasi settantina di voti ottenuti, del resto, è sicuramente inferiore agli oltre duecentocinquanta del Pci, che ha visto saltare il suo assessore in quota dopo neanche cento giorni, al primo ritocchino resosi necessario in giunta. Questo dovrebbe già far suonare un campanellino d’allarme. 

D’altra parte, Franzone era liberissimo di non avvisare e men che meno concordare con gli alleati la sua decisione. Ma con essa lo status di assessore della giunta Di Stefano in virtù di un patto di coalizione, tra alleati, inizia inesorabilmente a vacillare. Gli alleati che apprendono la notizia dai giornali, si vedono serviti su un piatto, la scusante di non considerarlo più il quarto candidato a sindaco, a capo di una lista con dentro non solo il movimento “Gela nel cuore”, capace di raccimolare al primo turno quasi il 4%, ma come espressione di una lista, Sud chiama nord, che non ha superato lo 0,2%. 

Ben altro sarebbe stato il discorso se la lista di De Luca avesse ottenuto almeno un seggio in consiglio comunale e ben altro sarebbe il discorso se in questi mesi il movimento di De Luca riuscisse a “reclutare” almeno un consigliere comunale nel civico consesso. Significherebbe assicurare copertura politica al proprio assessore. Con questa decisione, invece, Franzone non aggiunge nulla a quella che era la sua posizione: senza consiglieri era e senza consiglieri rimane. Al contrario, mina i rapporti con gli alleati. Di fatto, Franzone è diventato automaticamente il miglior rappresentante istituzionale di De Luca in provincia di Caltanissetta. 

Anche i bambini intuiscono che Sud chiama nord chiederà a Franzone, a prescindere se quest’ultimo dovesse accettare o meno, di candidarsi nel collegio provinciale nisseno, che porta in dote solo tre seggi, alle prossime regionali. Trascinarsi quest’eventualità, non c’è bisogno di spiegarlo, è un’idea poco gradita agli “alleati” dem e pentastellati che già dovranno battagliare tra loro in un sistema elettorale proporzionale tra liste concorrenti. 

Può darsi che Franzone abbia  avvisato, se non addirittura concordato con il sindaco Di Stefano questa decisione. Ciò che ne conseguirebbe, consapevolmente o meno, volontariamente o meno, è l’essersi posto sotto l’ala protettrice del primo cittadino. Ma a quel punto tanto valeva entrare con il gruppetto “Gela nel cuore” in Una buona idea, cioè nel movimento del sindaco. Cosa che farà quanto prima l’assessore Luigi Di Dio che è in orbita Di Stefano e Una buona idea da quando gli fu chiesto di uscire dalla maggioranza Greco nei mesi finali del precedente mandato.

Quella di Azione è stata un’opzione elettorale che i civici hanno consegnato a Di Dio ed il suo gruppo di riferimento, al fine di costruire una lista da soli, o con l’aiuto di qualcuno, che poi si è rivelato il gruppo di Maurizio Melfa. Senza consiglieri eletti, Di Dio passerà ufficialmente ad Una buona idea per avere copertura in consiglio. Ed anche i muri sanno che l’altro assessore dei civici sarà il consigliere Davide Sincero che con Di Stefano condivide un percorso netto sin dai tempi di Articolo 4. 

Con i due assessori dem Fava e Di Cristina, nonché l’assessore pentastellato Morgana, fanno già cinque assessori. Ed il sesto è dell’autonomista Valeria Caci, che è anche quota rosa. Manca il settimo. In lizza ci sono il più volte citato Franzone, Romina Morselli ed il quotatissimo Totò Sammito, mentre appare più defilata negli ultimi giorni la posizione di Totò Scerra. 

Tutto questo però, si badi bene, Partito democratico permettendo. I dem hanno puntato gli occhi sulla posizione di amministratore unico della Ghelas, che vale tanto quanto quella di un assessorato, se non di più. Ma non sarà agevole per il sindaco Di Stefano silurare Guido Siragusa, anche perché lo avrebbe già fatto.

Siragusa è forte di un contratto triennale e può lasciare la carica, oltre che per dimissioni, per gravissimi motivi o in caso di successo del ricorso di Inferrera che lo ha preceduto alla guida della società in house comunale. Quest’ultimo otterrebbe un risarcimento, ma non la posizione, perché il suo mandato nel frattempo sarebbe scaduto. Ed a quel punto il sindaco avrebbe le mani libere in sede di nomina. 

Ma se quella casella risultasse occupata fino al 2026, è certo come lo scambio di ruoli tra l’alba ed il tramonto, che i dem chiederanno il terzo assessorato, vale a dire il settimo posto in giunta, oltre la vicesindacatura, appurato che Una buona idea può vantare il sindaco ed i pentastellati hanno ottenuto la presidenza del consiglio.

Il modello Gela? A parte gli spot propagandistici e l’idea, un po’ più concreta, di proporre Di Stefano come candidato dell’area progressista alla presidenza della provincia, qualora si dovesse votare davvero il prossimo dicembre col voto indiretto, per il resto è tutto qui. Nulla di veramente nuovo sotto il sole.