Mercoledì 16 ottobre, presso la stanza del sindaco di Gela, Terenziano Di Stefano, hanno giurato i due nuovi assessori, entrambi in quota Pd, Giuseppe Fava e Peppe Di Cristina (nella foto con il sindaco Di Stefano), che subentrano rispettivamente a Giuseppe Arancio dimessosi per ragioni personali e Giuseppe Favitta dimessosi per ragioni professionali.
Il primo cittadino, nel corso della conferenza stampa di presentazione, ci ha tenuto a ringraziare proprio i due assessori uscenti per aver, sebbene in questi pochi mesi, «lavorato con abnegazione e professionalità in un contesto complicato ed in settori che hanno richiesto tanto impegno».
Della probabile staffetta Arancio-Fava si è discusso da subito e per mesi. Secondo insistenti indiscrezioni il sindaco avrebbe assegnato alcune deleghe ad Arancio che sarebbero state ben gradite a Fava nel momento in cui avrebbe raccolto il testimone dal commissario cittadino del suo partito. Così è, ad esempio, nel caso dell’attuazione del “Pudm” come del sistema delle acque reflue in agricoltura.
L’impegno sul fronte mare è completato e consolidato dalla delega alle attività portuali. A queste deleghe si è affiancata anche la “patata bollente” che in tanti preferiscono evitare, della delega all’Ambiente. «Dobbiamo recuperare – ci ha risposto Fava – il concetto del bello e questo non è possibile in una città esteticamente sporca. E’ una questione di “decoro” urbano nel vero senso della parola. Ciò vale anzitutto per le principali arterie cittadine, dal lungomare alla sempre più “commerciale” via Venezia, passando attraverso il corso principale ed il centro storico che vanno rivitalizzati.
L’impegno sarà massimo in quelli – ha aggiunto - che sono diventati cavalli di battaglia in questi anni e che considero determinanti per lo sviluppo della città. Il primo è il sistema delle acque reflue per usi irrigui, probabilmente l’unica vera novità per il territorio, che può dare una vera mano d’aiuto agli agricoltori ed alla forza lavoro di un settore che occupa ancora tantissimi gelesi e che deve tornare ad essere trainante per l’economia cittadina.
L’altro è l’attuazione del piano del demanio pubblico, vale a dire il “piano spiagge” che nel rispetto dei vincoli esistenti, deve tradursi in un’offerta programmatica che vada incontro alle esigenze di operatori commerciali ed al diritto d’accesso per cittadini e turisti nella qualità di utenti. Sul porto – ha concluso – per adesso mi limito a dire che l’interlocuzione con l’autorità portuale della Sicilia occidentale sarà costante, ma faremo presenti quali sono le nostre idee sull’attività portuale e le relative potenzialità che può esprimere la città».
Peppe Di Cristina eredita tutte le deleghe che erano state assegnate a Favitta, tranne quella allo spettacolo e grandi eventi dirottata invece alla vicesindaco Viviana Altamore. Il nuovo assessore dem si occuperà dunque di sport, turismo, politiche giovanili, rapporti con i comitati di quartiere, a cui si aggiunge la delega al Fua. Sarà pure una nota di curiosità, ma entrambi (Altamore e Di Cristina) si ritroveranno a condividere un settore (con sede in via Palazzi) che tornerà a tingersi di “rosso” considerate le eredità storiche di “sinistra” dei due esponenti politici. Subito dopo il giuramento e la conferenza stampa i due nuovi assessori hanno preso parte ad una riunione di giunta.
L’indomani Di Cristina era già a Roma perché impegnato in un paio di riunioni di partito in virtù della carica conferitagli dal voto congressuale di dirigente nazionale del Pd. Da noi contattato, ha preferito evitare di sbilanciarsi in facili proclami: «sono ben conscio – ha ammesso Di Cristina – di aver accettato un incarico che va oltre il partito. Un incarico che investe e rappresenta la città. Un incarico che sono pronto ad espletare. Le idee non mancano, ma occorre prima toccare con mano la situazione per programmare le azioni concrete da intraprendere già nei prossimi mesi, perché la città ha bisogno di risposte utili e non di polemiche inutili». Consolidata la delega ai servizi sociali per l’assessore Valeria Caci, a cui il primo cittadino ha trasferito le competenze sul distretto socio sanitario ed i piani di zona.
Con l’ingresso di Fava e Di Cristina in giunta, non due tecnici o professionisti presi in prestito dalla società civile, ma due noti dirigenti di partito, il Pd torna a governare la città. E’ un ritorno ufficiale, senza mentite spoglie, dopo l’esperienza amministrativa targata Fasulo. E questa è la riposta che è arrivata dopo soli cento giorni ad un centrodestra che vanta tanti campioni del consenso ma che preferisce far prevalere divisioni e beghe da cortile, lasciando spazio e poltrone agli avversari.
A questi “maestri della politica” va ricordato che la forma di governo locale non è un passatempo di politologi e costituzionalisti, ma un qualcosa che influenza il governo di una città e di un sindaco che per quanto eletto direttamente dal popolo deve comunque rapportarsi ed avere una sponda in consiglio comunale. A questi “maestri della politica” va ricordato che il “premio di maggioranza” non è un tecnicismo contenuto in un manuale di diritto costituzionale o di scienza della politica.
I sei seggi del Pd in consiglio comunale (come i cinque di Una buona idea ed i quattro del Movimento 5 stelle) sono una conseguenza della non volontà del centrodestra di apparentarsi tecnicamente al ballottaggio, cioè la non volontà di valutare una “seria opzione politica” concessa e suggerita dalla legge, facendola passare come una faccenda di mero calcolo opportunistico. Da decenni i gelesi sono disposti a consegnare le chiavi della città al centrodestra che “vigliaccamente” le rigetta, rifiutandosi di assumersene la responsabilità. Uno stile di chi pensa solo al proprio giardino e pertanto di non dover nulla alla città.
Le divisioni esistono infatti anche nel centrosinistra locale e l’agorà infatti non è stata una passeggiata. Ma nonostante contrapposizioni, che a volte sono state anche lancinanti, il centrosinistra sa fare sintesi. Non è il prevalere di una capacità, ma di uno spirito o attitudine mentale di chi sa, perché gli è stato insegnato e politicamente tramandato, che almeno questa risposta, la città la merita.
Anche in occasione della scelta dei due nomi da fare a Di Stefano, non sono mancate le indecisioni in casa dem. Ma alla fine una scelta è stata fatta e sebbene a maggioranza, i consiglieri hanno deciso che il nome da affiancare a Fava fosse quello di Di Cristina, con tanto di accuse al suocero, Lillo Speziale, per voler ancora influenzare ancora le dinamiche di partito.
Di questo sembrerebbe consapevole anche il sindaco. Di Stefano sa che con questa doppia nomina si è aperta una nuova “partita” in seno alla coalizione. Era inevitabile. Presumibilmente il primo cittadino sperava di rinviarla fino a dopo il primo semestre, quando ci sarà il primo vero rimpasto. Del resto da Sala d’Ercole le notizie che giungono non sorridono al primo cittadino. Il ddl sugli enti locali è tornato di nuovo in commissione.
Quando a Palazzo dei Normanni, un ddl torna più volte dall’aula alla commissione competente, solitamente ne consegue che quel ddl verrà affossato. E con esso, nel caso in questione, verrebbe affossata la possibilità di un ottavo assessore per la giunta gelese. Dovranno quindi attendere almeno un paio di mesi ancora i vari Totò Scerra, Totò Sammito, Romina Morselli e Salvatore Gallo, a meno che il sindaco decida di utilizzare la posizione di amministratore delegato della Ghelas, come l’ottava casella che l’Ars non è riuscita finora a regalargli. E se non lo fa adesso, lo farà contestualmente o a ridosso del primo rimpasto.
Nella mente di Di Stefano la strategia è chiara. Ci sarà spazio per tutti ed ogni patto elettorale sarà mantenuto strada facendo. La logica cioè, è quella di utilizzare la giunta come una giostra in cui tutti quelli che hanno contribuito alla causa, a turno, faranno un giro. Una logica che può avere un senso se consideriamo che prima del 2027, non si voterà alle politiche ed alle regionali. Perché è in quegli appuntamenti che la partita inaugurata con l’ingresso in giunta, effettivo e deciso, del Pd, si giocherà a viso aperto. Fra tre anni, però, la posta non sarà soltanto la tenuta del governo locale per i due anni restanti, ma anche il futuro di alcune carriere politiche.