Il sindaco Terenziano Di Stefano ha incontrato in questi giorni gli alleati, esortandoli ad avere fiducia nel suo operato guidato dall'intenzione, più volte ribadita pubblicamente, di voler mantenere fede ai patti elettorali, senza per questo, d’altra parte, stravolgere gli equilibri interni di coalizione.
Il primo cittadino ha fatto presente che la necessità di rimodulare la giunta novanta giorni dopo l’insediamento, non è un suo desiderio personale, ma è dettata dalle motivazioni di due assessori, Giuseppe Arancio e Giuseppe Favitta, che per ragioni rispettivamente personali e professionali, hanno espresso l'esigenza di dimettersi.
Peraltro, secondo le dichiarazioni di facciata, i loro sostituti rimarrebbero in quota ai due partiti: Pd e Pci. In altri termini, due staffette vere e proprie, con Nuccio Vacca (Pci) che dovrebbe ricevere il testimone da Favitta; mentre al commissario cittadino del Pd, Arancio, dovrebbe subentrare il vice commissario Giuseppe Fava.
Quindi, a rigore non si tratterebbe manco di un rimpasto, perché le forze rappresentate in giunta rimarrebbero invariate. Forse se ci sarà una rimodulazione, lo sarà nelle deleghe a cui il primo cittadino, approfittando dell'occasione, potrebbe mettere ordine.
Ma allora Di Stefano perché non ha ancora proceduto? Cosa aspetta a farlo? La verità nuda e cruda è che si è in attesa di vedere e capire cosa accadrà la prossima settimana in aula all'Ars con il ddl sugli enti locali.
L'on. Di Paola (M5s) ha presentato un emendamento per reintrodurre la norma sull'ampliamento delle giunte comunali che era stata stralciata in commissione. Di Paola ha svelato pubblicamente che tra governo regionale e maggioranza parlamentare le vedute su questo ddl non collimano. Sull'emendamento si potrebbe chiedere il voto segreto ed approfittare dell'aiuto di “franchi tiratori” per farlo passare.
Inoltre nel ddl non è stata stralciata la norma che vorrebbe introdurre la figura del consigliere supplente, cioè il primo dei non eletti che sostituisce temporaneamente il consigliere chiamato a fare l'assessore in giunta.
Una norma che interessa moltissimo Giuseppe Fava, disposto a subentrare a tempo pieno in giunta ad Giuseppe Arancio ma che non vorrebbe perdere il diritto a rientrare in consiglio comunale qualora dovesse un domani uscire dalla giunta. Senonché lo stesso ragionamento lo fa il collega, capogruppo consiliare dem, Gaetano Orlando, che già fece un passo indietro per l’elezione della Presidenza del consiglio e che ora reclama un posto in giunta. I contrasti ed i battibecchi che i due hanno avuto nei giorni passati è testimonianza di una tensione interna che sale.
Insomma, i nodi iniziano a venire al pettine ed il tempo delle prime grane è già arrivato. Si comincia ad intravedere l’ombra del Pd sull'amministrazione Di Stefano: ciò che avevamo anticipato settimane addietro.
Un partito che, vuoi per tatticismo, vuoi per mero opportunismo, vuoi per reali necessità e quant'altro, non riesce oggi ad esprimere un assessore a tempo pieno ma che, ciononostante, domani ne vorrebbe addirittura due. Perché se ci sono dei partiti in questa città, il Partito democratico gelese, erede dei Ds, Pds e Pci, lo è più di tutti. Con tanto di pregi quanto di difetti. Inutile girarci intorno, i dem sono il primo partito in consiglio comunale e prima o poi, pretenderanno di essere anche il primo partito in giunta: è solo questione di tempo.
Chi prenderà in giunta il posto di Arancio in quota Pd? E soprattutto chi sarà disposto a fare l’assessore a tempo pieno? Fava sembra in vantaggio. Ma Orlando non demorde ed alla finestra, seppur dal “continente” dove si trova adesso per motivi di lavoro, c’è Peppe Di Cristina che osserva l’evolvere degli eventi.
Ma, soprattutto, la richiesta che la prossima settimana il Pd avanzerà al sindaco sarà solo quella di una staffetta con Arancio o quelle di presentare due nomi, ma per entrambi gli assessorati? La nostra impressione è che magari si accontenterà della staffetta interna per l’assessorato già in quota, ma il tentativo di chiedere il secondo assessorato verrà fatta, scaricando sul sindaco la scelta.
L’obiettivo del Pd è quello di esercitare un ruolo di supremazia nella coalizione a sostegno del sindaco. E’ nella sua natura di partito. Anche vedendosi assegnato il secondo assessorato, non si fermerà.
Anzi il tranello è proprio lì. Disconoscere il secondo assessorato al Pci, assegnandolo invece al Pd, aprirebbe il varco ad un processo repentino di disgregazione del patto alla base dell’agorà. Perché se il Pci rimane senza assessori perché senza consiglieri, tale regola deve valere anche per l’Mpa ed Azione, nonché per quelli che dovrebbero entrare nel vero rimpasto di fine anno.
Se l’obiettivo del sindaco è quello di rispettare i patti elettorali, l’obiettivo sotterraneo (ancora per poco) del Pd è quello di rispettare i rapporti di forza all’interno del civico consesso e restringere il cosiddetto “campo largo” a chi ha rappresentanti in consiglio comunale. Non si capirebbe l’apertura ad Italia viva che abbandonò l’agorà. E non ci sarebbe stata nessuna apertura del Pd ad Italia viva, se i renziani non avessero almeno un consigliere comunale.
Non riconoscere un secondo assessorato al Pd, che avanzerà tale richiesta anche se Di Stefano venisse messo in condizioni di poter sfruttare la norma sull’ottavo assessore, significa subire la minaccia velata di un Pd sugli scudi e che non resterà a guardare, con sei consiglieri in campo, alle cambiali elettorali che il sindaco vorrà provare ad onorare al primo vero rimpasto con i vari Romina Morselli, Totò Sammito e Totò Scerra.
Ecco perché per Di Stefano la possibilità di un ottavo assessorato diventa utile non tanto per consentire l’ingresso di Scerra in giunta, quanto per accontentare con il secondo assessorato il Pd e guadagnare due mesi di tempo per preparare le contromosse in occasione del rimpasto di fine anno. A meno di concedere ai dem un’altra posizione, come quella di amministratore unico della Ghelas. M5S permettendo.