Modello Gela. Si, ma quale? Cafà (PeR): «Modello grottesco»

Modello Gela. Si, ma quale? Cafà (PeR): «Modello grottesco»

La festa della santa patrona della città è passata e, come aveva preannunciato il sindaco Terenziano Di Stefano, a giorni ci dovrebbe essere la prima verifica interna della coalizione che lo ha sostenuto alle elezioni vinte al ballottaggio. Si rimane in attesa della comunicazione ufficiale, ma intanto dietro le quinte qualcosa si muove.

Nelle settimane addietro, il primo cittadino non le ha mandate a dire: i patti elettorali vanno mantenuti anche con chi lo ha sostenuto non ufficialmente e ciò deve valere nelle rappresentanze in giunta. Il riferimento, peraltro non nascoso dallo stesso Di Stefano, è a Totò Scerra in primis. Ma non solo secondo i più maliziosi. Del resto, osservando la lista “Scerra sindaco”, qualcosina l'hanno già ottenuta, benché nulla di paragonabile ad un assessorato. 

Purtroppo da Palermo non arriva la notizia sperata: la norma dell'Ars che apriva ad un ottavo assessore è tornata in commissione per opportune modifiche da apportare, a quanto pare per volere diretto del presidente della Regione, che si è imposto alla sua maggioranza. Pertanto, sempre se ci sarà un'approvazione in aula, questa retromarcia ne dilata non poco i tempi.

Altra disposizione che scioglierebbe qualche dubbio è quella sul consigliere supplente che “garantisce” al conigliere eletto di non perdere il seggio e di essere solo provvisoriamente sostituto (dal primo dei non eletti) qualora accettasse una nomina assessoriale. Anch’essa non è stata ancora approvata. Diretto interessato è Giuseppe Fava che dovrebbe subentrare nello staff assessoriale ad Arancio

Questi contrattempi potrebbero aumentare la tentazione a rompere gli indugi verso un rimpasto a tutti gli effetti, così da formare una nuova giunta passando davvero ad una fase 2 non più interlocutoria, che rifletta un “modello Gela” di cui si sta facendo un gran parlare e che, ad oggi, mette dentro però tanta carne al fuoco, forse troppa, tra civici (Una buona idea), progressisti (M5s), sinistra moderata (Pd) e radicale (Pci), centristi (Azione), autonomisti (Mpa) ed in procinto anche esponenti con dna politico di centrodestra.

Assomiglierebbe molto ad un “governo trasversale di salute pubblica”, a pochissima distanza da consultazioni che ha visto cittadini-elettori impossibilitati a votarlo. Un'ipotesi dunque inverosimile anche se non impossibile, perché ci hanno insegnato che in politica tutto diventa possibile. 

A rilanciare il modello Gela «che ha vinto le elezioni», è stato in questi giorni il componente della direzione provinciale del Pd e membro del triumvirato commissariale cittadino, Franco Di Dio. Un modello che dovrebbe «essere attenzionato – ha dichiarato l'esponente dem – dalla politica regionale ed anche nazionale». Un modello a cui apre anche il Pci di Salvatore D'arma. Un modello cioè alternativo al centrodestra e «coerente con il programma elettorale».

Ma un altro esponente storico della sinistra locale, l'avv. Paolo Cafà (nella foto), non ci sta e definisce «grottesco» un modello che si dice alternativo alle «destre con cui inciucia» mentre invece «esclude la sinistra», che con Per alle scorse elezioni ha ottenuto il 6,17% dei consensi. Cafà, che è stato il più votato nella lista a sostegno di Miguel Donegani, ne ha per tutti, a partire dal primo cittadino: «il sindaco civico destrorso, dai trascorsi autonomisti nell’Mpa di Raffaele Lombardo, già vicesindaco nella giunta Greco ed amministratore per quasi 4 anni, ha ottenuto – argomenta Cafà – l’investitura dal Pd e dal M5s, perché così era stato deciso a tavolino fin dalle sue dimissioni ed in odio a Donegani ed ad altri candidati più marcatamente di sinistra.

La coalizione del sindaco vittorioso parte con 7 liste ed arriva solo con 3 a superare lo sbarramento del 5%, al ballottaggio non si allea con chi era più naturale, ma preferisce farlo sottobanco con il candidato sindaco di destra, con colui che si era autodefinito il “figlio del popolo”, vincendo facile e ripescando consiglieri comunali che al primo turno si erano piazzati fino al 6° posto, ciò per volontà condivisa di sedicenti leader i cui affini e parenti erano stati bocciati dagli elettori».

Anche in questo caso, palese l’allusione fra gli altri a Lillo Speziale, ribadita nonché più avanti: «tutto quanto è testimoniato – conclude – dalla messa al bando concertata in occasione della discussione sulla incompatibilità di una consigliere di destra; messa al bando provocata da infime logiche di squallido e personale potere di qualcuno che dietro le quinte, da ex deputato Ars, si muove ancora, come da sempre, come l’eterno burattinaio».