Nelle due settimane che precedono il ballottaggio la competizione politica, al giro di boa, adotta tattiche e strategie necessariamente diverse da quelle che precedono il primo turno elettorale.
Gli avversari politici dei duellanti, ormai fuori dalla competizione, possono decidere l’esito finale e vanno perciò blanditi, rassicurati, corteggiati. Cambia il linguaggio, si assottigliano i destinatari delle promesse, che dovranno essere rivolte ai candidati usciti dal primo turno, amareggiati e desiderosi di farsi valere.
Si mandano segnali e si contratta, dando per scontato ciò che non è affatto scontato che gli elettori possano essere influenzati, le appartenenze dimenticate, malanimo, livore, animosità, rancori sopiti. L’avversario al ballottaggio è uno solo, occorre perciò valorizzare le diversità, esibire il ventaglio dei meriti propri e dei demeriti altrui, ma anche ricordare ciò che vale la pena di far convivere. Come sostenere bisogni così contraddittori? e con quali strumenti – moniti e blandizie – affrontarli?
Il tono della comunicazione politica può cambiare drasticamente. Da un lato, è necessario motivare il proprio elettorato, mantenendo alta la tensione e la partecipazione. E questo richiede un linguaggio forte, che miri a polarizzare e mobilitare. Dall'altro lato, c'è la necessità di trovare un terreno comune con gli elettori dei candidati sconfitti, utilizzando un linguaggio più conciliatorio e inclusivo.
Le tattiche adottate dai candidati e dai loro partiti diventano cruciali per determinare l'esito finale delle elezioni. Inoltre, la campagna mediatica diventa ancora più mirata, utilizzando dati e analisi dettagliate per identificare e raggiungere i segmenti di elettorato più influenzabili.
I candidati eliminati al primo turno e i loro elettori diventano il centro di un intenso corteggiamento politico, caratterizzato da compromessi che mirano a spostare il loro sostegno. Il peso dei voti degli elettori dei candidati esclusi può essere determinante.
Questo spesso porta a negoziati dietro le quinte, dove proposte di incarichi, concessioni politiche e accordi programmatici sono all'ordine del giorno. È qui che il cinismo della politica si mostra in tutta la sua crudezza: i leader sconfitti sanno di essere in una posizione di forza e utilizzano questa leva per ottenere il massimo possibile in cambio del loro sostegno.
La coesistenza di esigenze contraddittorie rappresenta una sfida notevole. Come può un candidato riuscire a mantenere l'aggressività necessaria per galvanizzare i propri sostenitori, mentre cerca allo stesso tempo di non alienare gli elettori degli altri candidati? La risposta sta spesso in una comunicazione bifronte: pubblicamente, il discorso rimane combattivo e orientato alla propria base, mentre in privato, durante gli incontri con i leader degli altri partiti, si adotta un tono più conciliatorio e diplomatico.
Gli strumenti utilizzati in questa fase sono molteplici. Uno dei più efficaci è il cosiddetto "endorsement", ovvero l'appoggio pubblico da parte dei candidati eliminati. Questo può avere un forte impatto psicologico sugli elettori, soprattutto se viene da figure rispettate e influenti.
In ultima analisi, il periodo che precede il ballottaggio mette in luce la realpolitik della competizione elettorale. L'idea che gli elettori siano semplicemente pedine nelle mani dei loro leader è, tuttavia, un'illusione. Gli elettori sono spesso mossi da fedeltà e rancori personali che vanno al di là delle indicazioni dei loro rappresentanti. Questo rende il risultato finale sempre incerto e dimostra che, nonostante tutti gli sforzi e le strategie, l'elezione rimane un processo democratico dove il voto di ogni singolo cittadino conta.