Giorgio Gaber incise un album dal titolo “E pensare che c’era il pensiero”. All’interno una canzone dal titolo “Destra-Sinistra” che risuonava con un ritornello: “Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra”.
Erano gli anni 1995/96 e, forse, a quei tempi le idee politiche erano più chiare, ma soprattutto si discuteva e si cantava di politica, quella di opinione, quella con la P maiuscola.
Dopo 29 anni e alla vigilia di elezioni cittadine ed europee le consapevolezze di quegli anni passati si sono indebolite, forse anche diluite, certamente si è scesi dai gradini della consapevolezza verso un empirismo relazionale che ci rende quei temi come pura elaborazione speculativa, presi come siamo da una sorta di disillusione individuale e collettiva che caratterizza questi nostri anni.
Abbiamo della politica una percezione non solenne, anzi, direi, denigrativa avendo smarrito memoria storica, senso del sociale e voglia di costruire il futuro. Un bel guaio e tuttavia questo atteggiamento mi appare ingiustificato.
Basta pensare che noi umanità ci avvaliamo della Scienza e delle sue forme tecnologiche, dimenticando che la Scienza, fondativa della società tecnologica in cui viviamo immersi, è basata sul principio della confutazione, non della proclamazione della verità. Lavora cioè sugli errori per superarli ma, per superarli, deve commetterli e raffinarli creando modelli interpretativi sempre perfettibili ma mai appellabili come pura verità permanente.
Perché la stessa accondiscendenza e ammirazione che si ha per la scienza non si ha per la politica delle idee? Anche la politica deve cimentarsi con errori e fallimenti se vuole migliorarsi. Ma, nel caso della politica, ci si domanda: l’obiettivo è superare gli errori e i fallimenti per modelli sociali migliori? Ecco, è forse questa la risposta che va definita. E questa risposta risulta positiva solo in un caso: se il voto è di opinione. Ossia se si coltiva la politica come aspirazione ad assetti sociali migliori.
Cosa c’entra questo prologo con la tornata elettorale che ci attende, sia per il nuovo sindaco sia per il parlamento europeo, in un contesto in cui le sfide globali sono le più complicate e dirimenti?
C’entra moltissimo, perché non ci si può esimere dal rompere quella enfasi trasversale con cui vengono maneggiate e sfruttate le nuove locuzioni del linguaggio politico locale, che meritano di essere denudate nel loro vero significato. Una tale operazione metterebbe in chiaro quanto di artificioso e strumentale sia diventato il conversare politico e quanto inconsapevole e deconcettualizzata sia diventata la campagna elettorale che ormai non è più neppure “politica” ma prevalentemente “amministrativa e relazionale”.
Allora mi vien voglia di denudare il linguaggio politico attuale alla luce di alcuni paradigmi di base che si sono del tutto dimenticati e che costituiscono l’anima della scelta politica di opinione. Sentire parole come “progressismo”, “riformismo”, “moderatismo”, “liberismo” e aggettivazioni come “ideologico”, “patriottico”, “competente”, “democratico” e chi più ne ha più ne metta, significa ascoltare circonvoluzioni retoriche ormai svuotate, che se fossero oggetto di domanda in merito al loro significato, con difficoltà sentiremmo una risposta articolata.
Può servire, pertanto, fare chiarezza sui fondamentali e dirimere cosa significhi essere di Destra o di Sinistra a beneficio di quei candidati che investono la popolazione di campagne verbose e comunicative confezionando minestroni di locuzioni che, grazie alla loro retorica spicciola, hanno via via perso di senso, tanto da indurre verso la politica quel generale senso del disprezzo o della noncuranza collettiva.
Cronologicamente nasce prima la Destra. Non in termini politici o ideali ma in termini di idea del mondo. Già quando Omero consegna alla storia i suoi personaggi delle mirabili opere eterne come l’Iliade e l’Odissea nasce una idea del mondo basata sull’individuo.
E’ cioè l’individuo che fa la storia. Un individuo che viene sublimato con il titolo di eroe, rendendo l’individualità del soggetto attrice delle narrazioni più epiche. E’ Achille che fa vincere gli eserciti e decide chi perde e chi conquista. E’ Ulisse che risolve, con il suo multiforme ingegno, le questioni intricate ed elabora strategie che vanno a segno. Individui che fanno la storia umana degna di essere tramandata.
Ecco che nasce già, da quelle epoche precristiane, una visione del mondo fatta da individui, sublimati in eroi. Oggi gli eroi li chiamiamo, più prosaicamente, leader, ma l’impostazione non cambia. La Destra, nelle sue varie forme, le più disparate, è la continuazione di quella visione della storia dell’uomo fatta, tessuta, gestita e finalizzata dall’individuo assunto a condottiero, eroe, capopopolo, trascinatore di altri uomini.
Con la rivoluzione francese una massa indistinta di soggetti inizia a creare la propria storia. Soggetti e individui, uomini e donne, che si difendono da qualcosa protestando, attaccando e vincendo.
Nel 1867 viene pubblicato “Das Kapital” di Karl Marx con un sottotitolo “Kritik der politisken Oekonomie”. Quel sottotitolo fa la differenza, apre un orizzonte: Critica della politica economica. Per la prima volta l’attore della storia non è più solo l’individuo, l’eroe. Si affianca anche il contesto, chiamiamolo, contesto sociale.
Ma Karl Marx è ancora più preciso sul contesto, lo chiama “Politica economica”. Accade cioè che la visione della storia dell’umanità non viene più fatta dipendere dall’individuo in sé, sia esso condottiero, capo di Stato, Duce, eroe, statista o semplice capopolo, ma viene fatta dipendere, ed in maniera spesso prevalente, dal contesto sociale, dalla politica economica come suggerisce Marx.
Da questo atto nasce la Sinistra. Da questo semplice e apparentemente innocuo capovolgimento del senso della storia. La Sinistra non nasce, come molti credono, da una istanza valoriale di buona società e di giustizia sociale. Certamente approda a tale istanza. Ma vi approda perché ribalta la visione omerica della storia giunta quasi indenne fino al ‘700. La Storia umana come generata da individui e contesto sociale, non solo da individui.
Ecco perché le Destre cercano condottieri e le Sinistre cercano di capire i contesti sociali. Un ladro, per la destra, è chi ruba, punto. Un ladro, per la sinistra, è chi ruba senza uno stringente motivo di sopravvivenza. Uomo e contesto. E’ qui, socraticamente, tutta la differenza tra Destra e Sinistra.
Il mondo valoriale del giusto e buono, della misericordia e della generosità, della giustizia sociale e dell’uguaglianza sono tutti derivati dalla visione della storia dell’uomo forgiata da individui e dai contesti sociali, che rimane la condizione scatenante del pensiero di Sinistra. La Destra si accontenta di individui, di risolutori, di leader, come oggi, modernizzando, si preferisce proclamare.
La Destra non guarda i contesti sociali per definire le sue narrazioni, guarda dentro l’individuo e cerca le virtù che fabbricano la Storia. Per questo il pensiero delle Destre si esaurisce nella fedeltà, nell’obbedienza, nella militanza e nell’esecuzione, virtù individuali.
Ed è per questo che la cosiddetta egemonia culturale della Sinistra non è una attribuzione laudativa ma nasce dalla necessità di leggere il contesto come attore della Storia umana e pertanto servono nuove discipline come la sociologia, la psicologia, la politica economica e tutte quelle dottrine che indagano il vissuto collettivo. Per cui la Sinistra non può esistere in assenza di una acculturazione, anche minima, sugli strumenti che indagano la società. Le Destre ne possono fare a meno, la Sinistra langue se non c’è una acculturazione minima trasversale.
Ecco dunque il punto. Se interrogassimo un qualunque candidato a Sindaco o un qualunque potenziale rappresentante delle innumerevoli liste cittadine cosa pensate che vi rispondano se si facesse loro la semplice domanda di chiarire cosa è la Destra e cosa è la Sinistra?
Forse tirerebbero in ballo sani principi valoriali o forme di generosità sociale, dimenticando che anche i Casamonica, nelle periferie romane, distribuivano pacchi di generi alimentari per consolidarsi nei territori che controllavano e volevano soggiogare.
Avrebbero i candidati un qualunque discernimento sui paradigmi che hanno fatto la storia politica della rappresentanza umana? E non si dica che questi paradigmi non servono, perché noi viviamo dentro i corollari di questi assunti ma non ce ne rendiamo più conto. Preferiamo non risalire la catena logica che dagli effetti ci porta agli assunti che il pensiero umano ha coniato per leggere e muovere il mondo.
Alla luce di questo, ciò che sentiamo in campagna elettorale va pure bene, ma solo se la competizione assume le caratteristiche della tribalità, molto più semplice da decifrare degli assunti storici di quel ritornello di Gaber su cosa è la Destra e cosa è la Sinistra.
D’altra parte per il voto di opinione sono rimaste delimitate minoranze cittadine perché la Sinistra, per emergere con il proprio potenziale sociale, ha bisogno di visione storica e di dottrine con cui leggere la realtà. Un tempo si pubblicavano anche opuscoli politici per il popolo perché ognuno avesse strumenti e visione storica.
Oggi, con tutto ciò che la tecnologia ci porge, viviamo solo una rappresentanza relazionale, al massimo amministrativa, ma per nulla politica.
Chi richiama visioni sociali non trova più una collocazione di rappresentanza e, forse, proprio per questo, consumeremo il rito elettorale da buoni clientes.