Molti ancora si staranno chiedendo cosa sia venuto a fare Raffaele Lombardo in città, la settimana scorsa.
Tutti si aspettavano che venisse per “benedire” il candidato a sindaco di Mpa nella persona del dott. Saro Caci. Che invece dovrà dividere la seggiola di candidato in pectore con il sindaco uscente Greco, che con l’Mpa invero non ha mai avuto a che dividere. Il che ha creato mugugni in un gruppo già sufficientemente affiatato. Già questo da solo basterebbe per sospettare una di quelle trappole politiche di cui il leader catanese è maestro. Con una sola mossa ha preso al laccio il sindaco di Gela, che così per i prossimi due mesi che restano potrà lavorare, a fianco dei due assessori di riferimento Costa e Liardi senza contraccolpi per la sua giunta. Comunque Greco si vorrà sentire, il ruolo di intruso non ce lo leva nessuno..
Parliamo tanto di Lombardo perché è l’unico ad avere richiamato una vera folla elettorale e l’unico, solo con questa, mosso le acque stagnanti di questa campagna elettorale, fatta finora di se, di ma, però, a me che mi tocca, mettendo sul tavolo delle trattative, sin dai primi contatti, non già idee e progettualità, ma rendite di posizioni da far valere. Per le prime, ci saranno cinque anni di tempo, per la merce di scambio solo due mesi.
Indirettamente Lombardo, con la sua ridiscesa nell’agone politico, ha seguito la strada che da un annetto ha già intrapreso Cuffaro con la sua Democrazia Cristiana. Lui agrigentino, l’altro catanese, appena liberatisi dai gangli della giustizia, si sono rituffati nella politica attiva, dimostrando, sin dai primi movimenti, di avere ancora molte cartucce da sparare, metaforicamente parlando. E il loro peso elettorale già si comincia a sentire, stando all’influenza che già dimostrano di poter esercitare nelle loro sempre più frequenti uscite pre-elettorali.
Tre pezzi da novanta. Cuffaro prima, Lombardo dopo, a seguire potrebbe essere la volta di Saro Crocetta a ri-scendere in campo, non appena chiuse in suo favore (benedette prescrizioni!) le rogne giudiziarie ancora pendenti. E’ nel loro diritto rimettersi in gioco in prima persona. Le rispettive truppe non aspettano altro. Comunque sarà, per i primi due, i tempi sono già maturi. Sabato scorso, a Villa Peretti, il termometro del tifo era già alto, aspettando il voto di giugno.
Se a destra a sparigliare le carte è stato il ciclone Lombardo con la sua uscita a sorpresa, a sinistra ci ha pensato il Partito Democratico, che ha disertato la prima riunione pubblica organizzata per la presentazione del campo largo e del suo candidato designato, rimettendo così in discussione un paio di mesi di lavoro del leader pentastellato Di Paola. In buona sostanza, se il Pd non rientra nell’alleanza, tutto salta. Salta il campo largo e si restringe, indebolendola, l’alleanza a sostegno di Terenziano Di Stefano, forse un pò frettolosamente uscito allo scoperto.
Partiti, movimenti e liste civiche sono disorientati. In questa fase sono come le borse finanziarie: oggi perde uno, domani guadagna l’altro, quasi tutti procedono in ordine sparso. Si lanciano segnali o il classico sasso nello stagno e subito dopo aver creato un po’ di scompiglio, si ritira la mano senza nasconderla, propio per dare un messaggio preciso.
Nelle ultime ore sembrerebbe fare un passo indietro Scerra (Fratelli d’Italia, mentre ne fa uno in avanti Casciana; insistono Franzone con la lista che porta il suo nome, e Donegani che lavora da mesi con il suo il suo movimento (PeR, (Progressisti e Rinnovatori). A Donegani sicuramente la palma del candidato in pectore più attivo, con il suo laboratorio politico trasformato in braccio armato della sua campagna elettorale.
C’è chi lavora sottotraccia. Dal Pd, dopo la diserzione dall’assemblea del campo largo, non trapela più nulla; lo stesso dicasi per la Democrazia Cristiana, Azione e Italia Viva. Tacciono il Movimento 5 Stelle e Forza Italia. I socialisti sembrano essersi tirati fuori. Frizioni si registrano in Fratelli d’Italia e tra le due anime del partito Democratico.