“…è come avere una pistola, che spara colpi a “salve”.
Se c’è infatti una caratteristica che hanno le leggi pigramente prodotte dal parlamento siciliano, è quello di avere periodicamente il prefisso “salva”. Sono le leggi più attese, quelle in cui parlamentari aggiustano, raddrizzano, sanano pasticci vari combinati in precedenza: abusi, incompatibilità, concorsi aggrovigliati nel tempo. Tempo che, si sa, per definizione è un complicatore di cose, almeno in Sicilia. E allora cosa c’è di meglio di una legge che salva, sana, rabbercia e tutto sistema?”
L’imbarazzante legge salva-deputati siciliani, titolo dell’autorevole “L’Inchiesta”, esprime un terrificante giudizio sulle consuetudini parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana, pubblicato alla vigilia del voto dedicato ad una proposta di legge regionale che retroattivamente modifica alcune regole sulla eleggibilità dei deputati siciliani. L’iniziativa parlamentare appartiene a Fratelli d’Italia, che ha preteso di correre ai ripari per evitare di perdere tre dei quattro suoi deputati siciliani a causa della loro ineleggibilità.
Il voto segreto, deciso dalla Conferenza dei capigruppo, boccerà “l’imbarazzante legge salva-deputati”, creando gravi tensioni nella maggioranza di centrodestra che esprime il governo regionale, del quale fa parte Fratelli d’Italia, fortemente penalizzato dalla decisione del tribunale di Palermo a favore dell’ineleggibilità.
L’aspetto che meno ci interessa di questa storia è la crisi della coalizione di centrodestra, a quanto pare rientrata, dopo il voto negativo a scrutinio segreto. Il modesto interesse deriva dal fatto che le tensioni fra i gruppi parlamentari ed all’interno degli stessi sono una caratteristica costante della politica siciliana, e non solo. La quadra la trovano sempre, perché il baratto, specie quando si sta in sella, dispone di mille opportunità, e c’è una disponibilità con larghi margini al patteggiamento.
Gli elementi di giudizio, o di riflessione, sono altri: lo scrutinio segreto, anzitutto, oggetto di una campagna di demolizione trasversale e a geometrie variabili. Che si trascina da decenni. Il voto segreto è stato accusato di mille nefandezze, la principale delle quali è l’opportunità che offre alla slealtà e al comparaggio di una prateria dedicata al sottobanco. Sepolto lo scrutinio segreto, sarebbero le anime belle ad avere la meglio. Un detersivo senza costi. L’uso del voto segreto, ripescato dall’abisso in cui era stato gettato perché non nuocesse alla “immorale pratica dei franchi tiratori”, ha destato mugugni, meraviglia e qualche riflessione.
Premesso che il ripescaggio è legittimo, poiché il voto riguarda la sorte (parlamentare) di persone, e quindi rientra a vele spiegate ed in modo sacrosanto fra le buone ragioni della segretezza, nel caso specifico, lo scrutinio segreto ha concesso ai deputati regionali di votare in piena libertà, senza dovere obbedire alle disposizioni impartite dei partiti di maggioranza che avevano intenzione (con alcune eccezioni, come la Lega e la Dc) di approvare “l’imbarazzante legge”.
I franchi tiratori hanno fatto un figurone, perché sono apparsi coloro che hanno impedito il voto favorevole ad una legge regionale che voleva cambiare a posteriori le regole per evitare che uno dei partiti della coalizione perdesse tre deputati, o meglio perdesse i tre deputati che siedono sui banchi di Sala D’Ercole, ma non la sua rappresentanza parlamentare (sarebbero sostituiti da candidati nelle liste di Fratelli d’Italia). La direttiva politica, bocciata in Aula, non danneggia la rappresentanza di uno dei gruppi parlamentari, ma mira a salvare il seggio ai tre in carica. La differenza non è di poco conto.
Qualche domanda possiamo farcela. Perché un partito, o un gruppo parlamentare, decide a favore delle persone piuttosto che a favore del valore retroattivo delle regole vigenti, palesemente incostituzionale? In particolare, per quale ragione ci si batte affinché il candidato Salvatore Scuvera, residente a Gela, non subentri al deputato ineleggibile ancora in carica, se entrambi appartengono alla stessa parte politica?
Sembra incomprensibile, ma non lo è.
Vige una consuetudine quasi mai violata a Palermo, secondo la quale quando chi entra a Sala d’Ercole non si esce più prima della conclusione del mandato parlamentare. E’ capitato in qualche caso il contrario, ma a fine legislature, ed a pagare (due indennità, non una) è stato il Parlamento regionale (e cioè i contribuenti), perché il deputato ineleggibile ha svolto le sue funzioni ed andava pagato, e l’avente diritto non poteva essere privato delle sue spettanze.
La questione è ancora aperta.
La bocciatura della legge imbarazzante non provoca infatti la decadenza immediata dei deputati ineleggibili, perché ci sono i ricorsi e le volontà del Parlamento regionale, che ha tante armi da usare per mantenere fede all’antico rito di far precedere il comparaggio al rispetto delle regole. E’ assai probabile dunque che l’Assemblea regionale siciliana faccia quel che deve per meritarsi il terrificante giudizio dell’Inchiesta.
Sarebbe ingiusto, tuttavia, chiamare sul banco degli imputati solo i parlamentari regionali. La direttiva politica, a quanto pare, viene dal partito interessato ad evitare la rimozione, e cioè Fratelli d’Italia, ed è una direttiva romana, massimi livelli. Ne dobbiamo trarre l’opinione che gli ineleggibili non si toccano, godono di una protezione a tutto tondo. Perché sono fidati, affidabili e vanno salvaguardati? Che cosa li rende tali, cioè affidabili? Proviamo ad indovinare: hanno grande consenso elettorale, più di quanto ne abbiano i candidati rimasti fuori da Palazzo dei Normanni? Hanno saputo intrattenere buone relazioni con la famiglia politica che li ha accolti in lista? Una volta che si diventa “amici”, è come tradire l’amicizia.
C’è qualche altro elemento di valutazione: fare un favore è un privilegio, più utile che riceverlo. Pesa di più che il rispetto di un diritto. Infine, il favore va ripagato, il diritto no.
Quanti si stracciano le vesti per privare le aule parlamentari di un presidio di salvaguardia come lo scrutinio segreto, o si battono per l’abolizione del vincolo di mandato e del libero convincimento del parlamentare nell’espletamento del mandato, hanno buoni motivi per riflettere grazie a questa “finestra” parlamentare siciliana dedicata agli ineleggibili da lasciare dove sono. Sono i tristissimi franchi tiratori ad avere impedito che si facesse scempio di uno dei capisaldi del diritto, i limiti costituzionali alla legge retroattiva e la sua sostanziale inammissibilità (con alcune eccezioni formali).
Non stiamo intonando il peana a favore dei franchi tiratori, che in più occasioni sono stati protagonisti di devastanti episodi, ma suggerire sobrietà e moderazione nel giudicare come un presidio di moralità l’abolizione di uno strumento che salvaguarda la libertà di mandato. Non fosse altro perché quanto si toglie alle libertà, individuali o collettive, nelle aule parlamentari e fuori da esse, pretende grande saggezza.