E’ indubbio che nel ridursi dai 17 consiglieri di maggioranza di inizio mandato, ad un gruppetto risicato di fine mandato, che probabilmente si ridurrà a soli (forse) 3 consiglieri dopo il dissesto, il sindaco ci ha messo evidentemente del “suo”.
Non può essere solo e sempre colpa degli altri. Di errori Lucio Greco (nella foto) ne ha commessi, perché nessuno è perfetto e nessuno è infallibile, ma il risentimento ed il rancore nella cui tentazione non di rado il primo cittadino è caduto, ha verosimilmente contribuito a fare terra bruciata attorno a sé. E la politica è già di per sé una brutta bestia, che sa essere pure astuta e cattiva, perché sovente ti seduce e poi ti abbandona.
La politica che ha sponsorizzato e sostenuto Lucio Greco come il “sindaco giusto”, a fine mandato si è già portata avanti col lavoro nello scaricare il primo cittadino, considerandolo inaffidabile, per non dire impresentabile, in una ipotesi di ricandidatura. E’ quanto palesemente emerso in aula durante il dibattito sulla dichiarazione di dissesto che il consiglio comunale è chiamato a deliberare su proposta della giunta e contestuale diffida del commissario ad acta nominato dalla Regione siciliana.
Mentre il sindaco Greco prendeva a pesci in faccia un consiglio comunale che non lo ha sfiduciato pochi mesi prima, lo stesso primo cittadino ha fatto candidamente trasparire la volontà di ripresentarsi nella corsa al vertice di palazzo di città. Più che la reazione delle forze di opposizione, a rilevare è stata l’unica arringa difensiva a supporto del sindaco, espressa dal consigliere Giuseppe Morselli, capogruppo di Un’altra Gela, lista ammiraglia del sindaco.
Se l’Italia del rugby avesse un difensore con la tempra mostrata dal consigliere Morselli nell’affiancare il sindaco in tutto il percorso, senza mai smentirsi, saremmo talmente ambiziosi da ritenerci capaci di rintuzzare anche le scorribande neozelandesi degli “all blacks”.
Non ha preso parola l’assessore e consigliere comunale Udc, Salvatore Incardona, che non ha mai fatto mistero di avere ancora nell’assessore regionale Mimmo Turano il suo riferimento politico alla Regione, ma non è parimenti un mistero che lo stesso politico alcamese da tempo ha lasciato l’Unione di centro per approdare alla Lega di Salvini.
Non si è nemmeno visto l’indipendente Luigi Di Dio che nella vicenda della sfiducia, nel fare da scudo al sindaco, ci ha messo davvero la faccia e che ha in Francesca Caruso un assessore in quota nella giunta comunale. Muti anche e soprattutto i tre consiglieri dell’Mpa, partito che ha avuto le redini della Ghelas per tutto il mandato e che esprime due assessori, quali Ivan Liardi e Ugo Costa.
Il capogruppo consiliare autonomista, Diego Iaglietti, ha pubblicamente ufficializzato ciò che nei corridoi già si sapeva e cioè che non appoggerà un’eventuale ricandidatura di Greco. E per quanto Iaglietti possa parlare a titolo personale, è noto che il movimento di Raffaele Lombardo abbia stretto un’alleanza con la Lega che ospiterà nelle sue liste alle europee candidati autonomisti, tra cui lo stesso ex presidente della regione e prima ancora della provincia etnea.
L’Mpa, insomma, lascerà la giunta ed uscirà dal gruppetto dei pro Greco dopo la dichiarazione di dissesto che l’intero gruppo consiliare voterà favorevolmente, per sedersi poi con Forza Italia e Fratelli d’Italia, in primis, per la costruzione della coalizione di centrodestra che si presenterà alle prossime amministrative, proponendo con l’avallo dell’alleato leghista, la candidatura a sindaco di Rosario Caci.
Non potrebbe spiegarsi altrimenti: è un sindaco sempre più solo quello che anziché abbassare i toni e persuadere i consiglieri a votare la proposta di dissesto avanzata dalla sua giunta, si toglie ogni sassolino ancora rimasto nelle scarpe ed utilizza termini come giuda, traditori, voltagabbana.
Offesi ed indispettiti i consiglieri hanno risposto per le rime, addossandogli tutta la colpa del dissesto, come nel caso della consigliere “progressista” Alessandra Ascia, ovvero rispedendo al mittente le accuse di tradimento come nel caso del forzista Rosario Trainito che ha bollato come “malvagio” un sindaco che all’indomani delle elezioni e forte di un premio di maggioranza che gli assegnava 16 consiglieri, ha fatto entrare in maggioranza ed in giunta una forza politica (l’Udc di Incardona) avversaria in campagna elettorale, senza dir nulla agli alleati. Pratica che ha ripetuto in altri casi.
Anche chi si è astenuto dall’invitare il sindaco a dare seguito alla sua promessa di dimissioni nel non aver evitato il dissesto, come nel caso dei consiglieri civici Davide Sincero e Rosario Faraci (Una buona idea), ha incalzato la segretaria generale, dott.ssa Carolina Ferro, che non ci ha pensato due volte a trasformare l’invito in un autentico assist e prendere la palla in balzo per dichiarare il “dissesto organizzativo” in cui versa l’ente comunale, accanto quello finanziario. Ripetuti i battibecchi con il cuffariano Vincenzo Cascino (Dc) fino a sfiorare la rissa, in un clima che paradossalmente è sembrato non dare torto a chi, come Fratelli d’Italia, ha scelto di disertare i lavori perché non preceduti dalle dimissioni del sindaco.
Un triste dibattito, sotto tutti i punti di vista. Presumibilmente il punto più basso della storia politica di questa città. Sotto tantissimi aspetti, almeno a parere di chi scrive, è stato più dignitoso scegliere di sfiduciare Domenico Messinese, seppure per ragioni molto meno gravi, che optare per non andarsene a casa tutti con la sfiducia, per poi ritrovarsi in questa condizione pochi mesi dopo, ad un passo dalle nuove elezioni. Un’aula trasformata in un arena, in un clima da zuffa. Una baruffa condita da uno scambio di ingiurie, con tanto di resa dei conti.
Alle solite sgrammaticature lessicali si sono aggiunti toni, vocaboli, molto più consoni, con tutto il rispetto per gli operatori agricoli, al mercato ortofrutticolo che ha chiuso i battenti da anni. In una tale piazzata, la grande assente - come ha giustamente sottolineato la consigliere pentastellata Virginia Farruggia – è stata ancora una volta la politica, quella con la p maiuscola. Un vero e proprio “default” politico che ha strizzato l’occhio a quello finanziario ed organizzativo.
Il tutto in attesa di capire, entro il prossimo 17 novembre, se sarà il consiglio comunale a ratificare il fallimento, ovvero se sarà al suo posto il commissario a farlo, con conseguente scioglimento del civico consesso, mentre sindaco ed assessori rimarrebbero in carica.