Se il sindaco di Gela sta pensando di tirare la volata in questa tranche che rimane del 2023, puntando su predissesto, un nuovo servizio di rifiuti che consegni una città pulita a natale, iter chiusi con Eni su banco alimentare e Macchitella lab, per non dire altro, al fine di poter bussare – con queste credenziali in dote – a Palermo (se non Roma) per chiedere la ricandidatura alla poltrona di primo cittadino della sesta città isolana, ebbene ogni cittadino che ha a cuore le sorti di questa città, dovrebbe fare spudoratamente il tifo per lui.
Poiché ciò significherebbe per la collettività aver guadagnato in pochi mesi un qualcosa che ha solo agognato in quattro anni e mezzo di mandato, letteralmente bruciati dal primo cittadino tra il dissipare una maggioranza bulgara, il giocare al tira e molla con falsi azzeramenti, il litigare con forze politiche a cui chiede poi di fargli da stampella negli atti essenziali, il fingere le dimissioni per poi ritirarle allo scopo esclusivo di evitare l'onta della sfiducia, l’incassare fughe di dirigenti, scippi sui finanziamenti, tempeste finanziarie che sfociano nel default e via di seguito.
Poi, se Lucio Greco dovesse riuscire ad incassare il pass per una candidatura bis, bontà sua. Saranno i gelesi alle urne eventualmente a valutarla, come esigono il gioco e lo spirito di una democrazia.
Il sindaco ha definito la visita dell’assessore regionale ai beni culturali come una parata elettoralistica, con tanto di sgarbo istituzionale e chiede le scuse pubbliche dell’assessore. Ad accompagnarlo c’erano la soprintendente ed il direttore del parco archeologico. Ad accoglierlo i consiglieri e dirigenti locali di Fratelli d’Italia.
Quand’anche fosse così, Greco non può pensare che gli altri stiano a guardare, mente lui si muove utilizzando le stesse armi propagandistiche, con il vantaggio di maneggiare le redini della città. Anche lui è così tanto affascinato dall'attenzione dei media, ricercati in maniera ossessiva, senza mai perdere occasione per farlo.
Stare ogni giorno in vetrina è roba da manichini. In tantissimi ancora, in questa città martoriata, si ostinano a non capirlo. Anzi, nella foga sono addirittura tentati a forzare la mano fino ad esagerare, con fake news a tutti gli effetti. Come quella relativa al presunto accordo attuativo sul porto rifugio, con tanto di dichiarazioni virgolettate dell'assessore regionale.
Ma, al netto della gaffe commessa, nessuna delle forze politiche presenti in città ha inteso commentare la cattiva notizia, quella vera, scaturita dall'incontro “interlocutorio” avvenuto nel capoluogo regionale. Vale a dire che non si ragiona più sul dragaggio e pennello, giusto per iniziare.
Si riparla di nuovo, visto che siamo tornati punto ed accapo, a ragionare nei termini di un intervento complessivo, ovviamente non meglio specificato, per un finanziamento di 38 milioni di euro (oltre i 5 milioni delle compensazioni, i restanti 33 milioni, chi li mette?) e non più solo l'Autorità di sistema portuale della Sicilia occidentale ad occuparsene, ma anche la Regione, il Ministero e le relative burocrazie autorizzative. Insomma stanno per ripetere lo stesso film. Ancora una volta.
Con queste premesse, l'esperienza ci insegna che Gela andrà al voto la prossima primavera con il porto insabbiato e la chimera della terapia intensiva all'ospedale promessa da Eni agli inizi della pandemia. Specie sulla salute pubblica, al secondo o al massimo al terzo incontro, i tavoli dovrebbero saltare anziché continuare a convocarli inutilmente.
E subito dopo il voto, chiunque sarà il sindaco, non dovesse farlo l'uscente, dichiarerà presumibilmente il dissesto. Qualcuno avrà il coraggio di dirlo ai gelesi?