Una città a passo di gambero

Una città a passo di gambero

La politica litiga. Lo fa sui fondi perduti il cui danno a caro prezzo viene pagato da una città dove, nel frattempo, si torna a sparare lungo un’arteria cittadina intensamente trafficata, con tragedia solo per fortuna evitata.

Episodio che arriva giusto il giorno dopo i complimenti pubblicamente esternati dal sindaco, Lucio Greco (nella foto) alle forze dell’ordine per il lavoro svolto durante il mese caldo dell’anno. Intanto nei social il video di giovani che devastano tranquillamente il parco giochi “Iqbal Masiq” a Macchitella, è diventato virale. 

Sì, la politica litiga. Lo fa sull’assenza dei dirigenti e degli assessori nel civico consesso tornato a riunirsi dopo le ferie, con consiglieri che votano al buio ed in fiducia, ma “responsabilmente”, in uno scenario pirandelliano nel quale le “minoranze” di opposizione sono la vera maggioranza e fanno – a turno – da stampella, in soccorso alla “pseudo” maggioranza, accusandosi poi reciprocamente di “doppio gioco” su tg e quotidiani. 

E’ questa l’istantanea cittadina dei giorni finali di agosto, nel periodo in cui un luogo meravigliosamente ricco di bellezze naturali ed attrazioni culturali derivanti dai reperti e dalle testimonianze archeologiche presenti, dovrebbe leccarsi i baffi per un turismo diffuso. Invece, i “turisti” sono i gelesi emigrati per necessità al nord ed all’estero che approfittano delle ferie per tornare in città ed unirsi a propri cari ed agli affetti da cui si sono dovuti purtroppo allontanare. 

Emigrati che ritrovano una città che peggiora di anno in anno, sempre più sporca e dove alle ataviche emergenze in termini di servizi, quello idrico in testa, si è aggiunta pure la puzza di pesce marcio, in realtà stracotto, proveniente nelle ore serali dalla zona industriale, dopo l’incendio che ha coinvolto il capannone di un’azienda ittica locale insediata nell’area ex asi. 

Ci sono voluti giorni affinché qualcuno prendesse l’iniziativa per mettere quantomeno in sicurezza il perimetro interessato dal rogo, in attesa di una successiva bonifica che deve ancora avvenire. Ci si chiede a che serve inaugurare in pompa magna una nuova sede del Noe (nucleo operativo ecologico) con competenza nelle province di Caltanissetta, Agrigento ed Enna, quando non si è ancora in grado di operare in emergenza nemmeno nella città dove la sede è ubicata. 

Frattanto, i festeggiamenti per l’ottantesimo anniversario dello sbarco si confondono con le iniziative dell’estate gelese, ma non se ne accorge nessuno. Ad oggi, l’unico evento degno di questo nome è stato il concerto in una piazza gremitissima del principale cantante neomelodico locale, Angelo Famao, pagato dall’eni, ma con tanto di selfie commemorativo del sindaco, assessore al ramo e presidente del consiglio. Si giunge persino ad esultare ed autoesaltarsi perché i giovani prendono d’assalto il piazzale antistante l’istituto Suor Teresa di Valsé a Macchitella per ballare nelle serate antecedenti ferragosto, mente la città regredisce, procedendo all’indietro, come un gambero. 

E se vogliamo dirla tutta, i gelesi hanno ben poco da festeggiare. Il comune è in default. Anziché dichiarare il dissesto un anno fa, si è preferito arrancare in una gestione in emergenza (senza bilancio e rendiconto) al fine di aggrapparsi al palliativo del “predissesto” nel tentativo di arrivare a fine mandato cercando di nascondere il fallimento. Ma è tale il “passivo” da ripianare che il piano di riequilibrio finanziario pluriennale dovrà contenere misure restrittive prossime, se non identiche, a quelle di un dissesto, con l’aggravante di dilatarle per un periodo maggiore (15-20 anni, anziché i 5 anni di rigorosa dieta dimagrante del dissesto).

Tanto che siamo pronti a scommettere che nel caso in cui la Corte dei conti dovesse approvare il piano del predissesto, per i motivi sopra esposti il prossimo sindaco, quand’anche fosse lo stesso Greco, dichiarerà immediatamente il dissesto per restringerlo nell’arco di un singolo mandato quinquennale. Non a caso è quanto successo recentemente a Niscemi, così come a Piazza Armerina, con i riconfermati Conti e Cammarata. 

Cionondimeno non mancano in città i pretendenti alla poltrona del primo cittadino. Bisogna capire con quali motivazioni e con quali aspirazioni, visto che a decidere alla fine saranno sempre i vertici romani dei partiti che ascolteranno quelli palermitani. E localmente dovranno inquadrarsi. Peraltro, sulle scelte peseranno anche gli accordi per le concomitanti elezioni europee, mente l’ipotesi di elezioni provinciali con voto popolare diretto nella prossima primavera, se non addirittura già in questo autunno, è alquanto remota. 

Secondo forti indiscrezioni, il governo regionale starebbe spingendo affinché quello nazionale produca un decreto legge con efficacia immediata e riconversione in legge entro due mesi, ponendo la questione di fiducia alla maggioranza, specie in Senato. Ma a Roma non ne vogliono sapere. Il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, continuerà a provarci ma i tre leader dei partiti di governo, cioè la Meloni (Fdi), Salvini (Lega) e Tajani (Fi), vorrebbero superare la “Delrio” nel 2024, per portare addirittura al rinnovo popolare le province il cui mandato scade nel 2025. Per la Sicilia, ciò significherebbe prolungare i commissariamenti per quasi altri due anni. 

Asserire che oggi i partiti locali stanno lavorando per raggiungere un accordo sulle coalizioni o su alleanze costruite attorno un progetto o un programma per governare, oltre che vincere, equivale solo a gettare fumo negli occhi. Se si stanno muovendo è solo per capire quali sono le diponibilità a candidarsi a sindaco. Attorno a queste si costruiranno le eventuali alleanze ed a decidere sul punto, per i partiti, sarà Roma in combutta con Palermo.

Altro è il discorso per movimenti civici che possono muoversi in autonomia, ma per loro come per tutti, anche alcuni partiti che si siedono nei tavoli della concertazione, il problema è sempre quello meno chiacchierato: fare le liste. Perché è con le liste che si corre alle elezioni, non con le parole.