Il gelese Nuccio Di Paola (nella foto, con Damante e Lorefice) fallisce la corsa a Palazzo d’Orleans e si piazza solo quarto, con il Movimento 5 stelle, nella sfida per la presidenza della Regione siciliana,
dietro la candidata del centrosinistra, Caterina Chinnici, giunta solo terza e preceduta dal battitore libero di questa tornata elettorale isolana, Cateno De Luca, sconfitto solo dal favoritissimo candidato del centrodestra, Renato Schifani, che ha certamente giovato del vento favorevole, soffiato ancora una volta in Sicilia da Forza Italia e, in questa consultazione, soprattutto da Fdi, grazie all’election day.
Piuttosto netta l’affermazione di Schifani, neo governatore e neo deputato Ars, che stacca l’avversario diretto, lo spauracchio De Luca, anch’egli eletto all’Ars, di circa 300 mila voti, riuscendo ad arginare una emorragia in termini di voto disgiunto a favore del candidato indipendente, che rischiava di degenerare e che alla fine si è arrestata attorno il 6-7%. Ma con i suoi 500 mila voti, 7 deputati all’Ars (oltre ai 2 parlamentari nazionali), in molti considerano “scateno” come il vincitore morale dell’election day siciliano.
Di Paola sorride comunque, perché ottiene la conferma a Palazzo dei Normanni e viene eletto per la seconda volta consecutiva all’Assemblea regionale siciliana. Unico candidato gelese ad avercela fatta, Il più votato in città, il coordinatore regionale grillino ha certamene sfruttato l’onda lunga della sua candidatura alla presidenza, per capitalizzarne l’effetto “feedback” (ritorno) in termini di preferenze, tale da risultare il più suffragato nella terna grillina.
Ci ha pensato poi l’effetto trascinamento della lista a promuoverlo di nuovo a Sala D’Ercole. I 5 stelle (15%) si piazzano infatti al secondo posto nel collegio, tra Fi (20%) e FdI (14%). A Gela, con oltre 5000 mila voti, sono i primi in città.
Non solo, con l’elezione di Di Paola all’Ars e la contestuale elezione di Damante e Lorefice al Senato, i grillini gelesi fanno l’en plein e guardano al futuro con più ottimismo rispetto ad alcuni mesi fa, quando ancora non era iniziata la rimonta guidata dal leader, Giuseppe Conte: «il Movimento in Sicilia – ha commentato Di Paola – è più vivo che mai», ricordando il 27% ottenuto alla Camera e al Senato (con punte di oltre il 30% in alcune delle ex province regionali) ed il paio di collegi uninominali conquistati, oltre alla squadra di 11 eletti al parlamento siciliano. «All’Assemblea regionale siciliana – ha poi assicurato – non faremo sconti a nessuno: saremo un’opposizione ferma e intransigente».
Gli altri due eletti nel collegio sono Michele Mancuso di Forza Italia e Giuseppe Catania di Fratelli d’Italia. Per Mancuso, miccicheiano della prima ora, si tratta della terza elezione di fila: le porte di un assessorato nella giunta regionale capitanata da Schifani sono aperte. La lista, che comprendeva anche la niscemese Cirrone Cipolla ed il gelese Sammito, raggiunge quasi quota 20 mila e si colloca al primo posto nel collegio, distanziando di circa 5 punti percentuali il M5s e di oltre 6 punti percentuali FdI. Poco dietro, ma tanto quanto basta per restare fuori dai giochi, il Pd.
Il partito di Berlusconi ha dominato la scena e Mancuso ne è stato l’alfiere incontrastato. Era ampiamente prevedibile: risulta incomprensibile sul piano della rappresentanza territoriale il perché così tante candidature gelesi utili solo a frazionare il campo dei consensi. Ma i partiti hanno e fanno i loro interessi, autoreferenziali.
Ne è conseguito che si è fatto solo il solletico al politico di Milena il quale, forte delle sue 8 mila preferenze (che ne fanno, a rigore, il deputato campione di voti del collegio), a differenza di 5 anni fa, può dire benissimo che non aveva bisogno nemmeno del migliaio di voti incassati stavolta a Gela. Non solo, così facendo si è permesso pure al sindaco di Mussomeli, Giuseppe Catania, di approfittarne e piazzare la stilettata vincente, con i 3 mila voti ottenuti nella sua città (praticamente il 50% dei votanti) ed i 4500 nel collegio.
A pagare dazio, soprattutto, sono stati da un lato il coordinatore cittadino di FdI, Totò Scuvera che si è visto sfuggire di mano il seggio toccato alla sua lista, perché battuto di oltre duemila preferenze da Catania e, dall’altro, il coordinatore provinciale dem, Peppe Di Cristina, la cui lista ha perso il seggio, a favore dei meloniani, per una manciata di voti.
Ma se Scuvera pur nel «rammarico per ciò che poteva essere e non è stato» si dice pronto a «rimboccarsi le maniche e ripartire» dal risultato ottenuto, senza mettere in discussione il suo ruolo, Di Cristina rivendica di aver dato tutto se stesso con lealtà, ma dichiara che chiederà «la convocazione di un assemblea per rimettere in quell’organismo il mandato da segretario provinciale e permettere al partito di avviare un congresso».
Un buon risultato personale, ma con dietro 2 assessori e 7 consiglieri della “maggioranza” a sostenerlo, è quello che incassa Rosario Caci. L’autonomista lombardiano è dopo Di Paola il più votato in città ma non è entrato mai in gioco per un seggio, perché inserito in una lista non competitiva ad alti livelli. Idem per Pino Federico, anch’egli oltre i duemila in città, con la Dc siciliana di Cuffaro.
I risultati tutt’altro che trascurabili di candidati come il renziano Carmelo Migliore, il leghista Roberto Alabiso e lo stesso presidente del consiglio, Totò Sammito, tutti oltre il migliaio di voti a Gela, allungano la fila di candidature potenzialmente attrattive ed apprezzabili dal grosso bacino elettorale gelese, che si sono penalizzate a vicenda ritrovandosi poi tutte a mani vuote, benché sereni e sorridenti in pubblica piazza.