E’ opinione comune che le tradizioni vadano rispettate e salvaguardate, in ricordo del nostro passato.
Però l’umanità si evolve, e se rimanessimo ancorati alle tradizioni eviteremmo di progredire. Abbiamo tradizioni, in vigore fino a sessanta o settant’anni fa, che oggi farebbero rabbrividire, come ad esempio il lutto stretto per la morte di un familiare, che durava lunghi anni e spesso tutta la vita; oppure l’esposizione pubblica del lenzuolo nuziale dopo la prima notte degli sposi. C’è però una tradizione (che oggi non ha alcun motivo di esistere) che torna ogni anno, ed è la cosiddetta “maschiata” in onore della Patrona Maria dell’Alemanna.
Questo rozzo e assurdo rito poteva avere qualche senso fino, appunto, a sessant’anni fa, quando lo spettacolo poteva in qualche modo impressionare la popolazione ingenua e mediamente ignorante del tempo.
Oggi non ha alcun senso: costa denaro inutilmente speso, produce inquinamento ambientale (vapori di zolfo a tutto spiano) ed inquinamento acustico (per le persone e soprattutto per i poveri animali).
Potrà forse servire a far sì che la Madonna, dall’alto dei cieli, sia grata alla popolazione gelese così da dispensare benessere e felicità a tutti? Sarà felice, la Madonna, di questi implacabili “botti” sparati in suo onore? Ho più di qualche dubbio. Sarebbe quindi ora che questa assurda tradizione avesse termine una volta per tutte.
Va bene il palliantinu, va bene riprendere la “varchiata” del Santo Padre, ma di questa ubriacatura di zolfo ne faremmo volentieri a meno: una tradizione obsoleta che non ha nulla a che vedere con la devozione. Serve solo a creare danni all’ambiente urbano. E a proposito di ambiente urbano, mi sorprende la scelta dell’amministrazione comunale di chiedere all’Eni il placet per utilizzare trecentomila euro dei fondi delle compensazioni per abbellire e bonificare le aree verdi della città.
Questi trentadue milioni di fondi per compensazioni previsti dallo sciagurato accordo del novembre 2014 mi danno l’impressione di una donna di facili costumi, disponibile a donare le sue prestazioni (i suoi fondi) a chi li chiede, un po’ qua e un po’ là.
In effetti questi maledetti 32 milioni gentilmente concessi alla città dovrebbero servire per finanziare progetti in grado di dare lavoro e occupazione, di movimentare l’economia del territorio, di fare crescere il reddito cittadino. E vero che l’impiego è previsto anche per progetti di riqualificazione ambientale, ma quei trecentomila euro davvero non potevano essere trovati tra le pieghe del bilancio comunale?
Tra l’altro non riesco a comprendere perché, se i soldi sono destinati alla città di Gela, per averli il Comune deve chiedere il beneplacito all’ Eni: sono fondi in compensazione o elemosina elargita dal padrone? Ma questo è un altro discorso, che ci porterebbe a dibattere su quanto l’Eni comandava e su quanto ancora oggi comanda in città.
D’accordo, avremo giardini all’inglese in tutta la città, da Macchitella alla rotonda est di Via Venezia, e può anche andar bene. Ma prima che i 32 milioni delle compensazioni finiscano, sarà bene pensare a qualche altro progetto che smuova l’economia e porti lustro e fama alla nostra comunità: magari la “sagra del pane cunzatu”, la retrospettiva sul cinema polacco del secolo scorso o una mostra permanente di fotografie del mondo agricolo, magari affidate a qualche associazione costituita ad hoc. Progettate, gente, progettate!