La danza della pioggia e il Corona virus

La danza della pioggia e il Corona virus

Prima dell’arrivo dei coloni conquistatori, i nativi americani (quelli che da bambini chiamavamo “indiani” o “pellerossa” – termine quest’ultimo politicamente scorretto) abitavano le verdi praterie che, ogni tanto, venivano colpite da periodi di siccità. E allora, per chiedere soccorso al loro dio Manitou, facevano, attorno al Totem divino, la danza della pioggia.


Sono trascorsi cinquecento anni, ma non è cambiato nulla: a Caltanissetta la Curia ha organizzato una lunga processione per chiedere all’Onnipotente di fare piovere, dando ristoro alle campagne assetate. Non c’era il totem, ma al suo posto la statua lignea di Sant’Antonio Abate.

Tutto ciò è avvenuto dieci giorni fa, ma nonostante le preghiere, le piogge non sono ancora arrivate: probabilmente la richiesta è stata messa in lista d’attesa. Un po’ di pazienza, provvederemo. Quindi è inutile preoccuparci della desertificazione, della tropicalizzazione, dei cambiamenti climatici che stanno modificando i cicli agricoli e le stagioni: una processione, una preghiera, e il gioco è fatto, i problemi (secondo alcuni) si risolvono.

Fosse tutto così semplice, si potrebbe utilizzare il sistema per altre buone cause. Organizzando una processione per chiedere all’Altissimo di convincere l’Eni a fare le bonifiche, o di convincere Musumeci a riconoscere il distacco di Gela da Caltanissetta, o addirittura di bloccare i contagi da coronavirus.

E a proposito di coronavirus, avevo sostenuto un mese fa che che i media, soprattutto i telegiornali, stavano enormemente pompando l’argomento (ormai se ne parla 25 minuti su 30 di telegiornale) e questo, al di là delle normali e dovute cautele, poteva generare problemi.

E i problemi sono arrivati puntuali, anche nella nostra città, dove si registrano panico, psicosi, delirio collettivo. La fobia della gente ha portato a Gela (a Gela, non a Codogno) all’assalto dei supermercati per fare scorte di cibo e acqua. Ma stiamo scherzando? Ma veramente si crede che ci sia bisogno di scorte di viveri in vista di lunghi periodi di quarantena? Ma veramente i nostri cervelli sono così fragili da indurci a cambiare velocemente le nostre abitudini e a temere chissà quale sfracello?

Da parte mia, continuo regolarmente la mia vita e le mie occupazioni. Con le dovute cautele, ma senza panico. Ma non sarebbe male se tutti si dessero una calmata.