Ma che rottura, ‘sto Coronavirus! Certamente un grosso problema sanitario, per carità, per il quale è più che giusto fare controlli e adottare le più stringenti misure sanitarie, ma che i media hanno amplificato a dismisura buttandocisi a pesce.
Negli ultimi giorni tutti i tg nazionali aprono col Coronavirus e vi dedicano numerosi servizi, per una durata complessiva dagli undici ai quattordici minuti, più della metà del notiziario.
Il risultato del martellamento è quello di mandare nel panico i cittadini, che scappano alla vista di un cinese o che, come i giudici di pace, chiedono di essere dotati di mascherine durante le udienze con extracomunitari (come se gli africani che arrivano dalla Libia abbiano prima fatto una visita turistica in Cina…).
Anche in Sicilia c’è chi si preoccupa del possibile contagio. Poveri siciliani, non sappiamo che in gran parte siamo affetti (i media non ne parlano) dall’altrettanto pericoloso “Siculovirus”.
I sintomi non portano alla morte fisica, ma alla morte sociale. Il primo sintomo è quello di non sapere conoscere e votare i propri rappresentanti politici. I siciliani hanno votato quale loro Presidente Crocetta, che ha massacrato come non mai la Sicilia, poi si sono rivolti al “pinocchietto etneo” Musumeci, cambiando tutto per non cambiare nulla.
Un’altro sintomo è l’ignoranza e il disinteresse di larghi strati di popolazione rispetto a ciò che avviene intorno a noi, come se riguardasse solo altri e non anche noi stessi.
Altro sintomo palese è l’invidia viscerale: alla vista di risultati positivi, non si plaude, ma si cerca di mettere i bastoni tra le ruote, di bloccare chi riesce a migliorare, anche se in tasca non ne viene niente: solo per il gusto perverso di affossare chi va avanti.
Ma il sintomo più evidente è la rassegnazione. Quella che ci porta a rimanere inerti di fronte all’immobilismo della nostra terra, a sub’re trasporti aerei ad alto presso e trasporti ferroviari da terzo mondo, autostrade e strade impraticabili, campagne abbandonate e saccheggiate, economia asfittica, prese in giro giornaliere da Regione e governo, servizi come acqua e rifiuti che funzionano malamente.
Il sintomo si riconosce facilmente da una frase, una domanda che quasi sempre rivolgono i cittadini esasperati a sé stessi e alle telecamere: “Com’ammu a fari?”. Eh già, come dobbiamo fare per liberarci dal “Siculovirus” che in Sicilia, terra dominata per secoli da chiunque, ha reso la sottomissione e la rassegnazione segni inequivocabili del nostro Dna?
Non servono, in questo caso, medici e ricercatori di malattie infettive. Servono buoni esempi, buone pratiche, gente con la schiena dritta che lavori per il bene comune, persone di buon senso. Ce ne sono tante in giro, ma il Siculovirus è ormai epidemico, e rischiano anche loro di esserne contagiati. Possiamo solo sperare.