Breve riflessione sulla vicenda dei 33 milioni di euro “stornati” dalla Regione Siciliana, a danno del Comune di Gela ed in favore di altre realtà dell’isola.
La vicenda è nota. La Giunta regionale, in mancanza dei progetti esecutivi più volte sollecitati al Comune di Gela (e mai inviati) ha deliberato lo storno dei fondi assegnati. E via alle polemiche. Sul perché i progetti non sono stati inviati, sull’identità dei responsabili, sulle responsabilità dell’ex Commissario Straordinario Arena e sull’amministrazione attuale. Finché, dopo una serie di incontri, si è trovata la quadra, mediante l’assegnazione a Gela di altri 120 giorni per produrre i progetti esecutivi e rientrare in possesso dei finanziamenti.
Il tutto, però, comunicato verbalmente, senza un atto scritto, e soprattutto senza che la delibera che stornava i fondi sia stata revocata ufficialmente.
Per questo motivo l’amministrazione Greco ha deciso di proporre, comunque, ricorso al Tar contro la famigerata delibera regionale, per cautelarsi in qualche modo (anche i CinqueStelle hanno annunciato ricorso al Tar contro la delibera).
Ed ecco le critiche al sindaco: c’era proprio bisogno di ricorrere al Tar, spendendo soldi dei cittadini, visto che Musumeci (nella foto) ha assicurato la moratoria di 120 giorni?
La risposta a questa domanda non può essere che sì! Se fossi sindaco, avrei fatto lo stesso. Parliamoci chiaro, che fiducia possiamo avere delle rassicurazioni di Musumeci? Possiamo ritenerlo un uomo di parola, un uomo che si farebbe triturare pur di non mancare alla parola data?
E allora ricordiamo che per anni Musumeci ha sparso fuoco e fiamme sulla scellerata decisione di Crocetta di commissariare le province siciliane, affossandole economicamente. Ma da due anni, da quando è presidente della Regione, Musumeci ha prorogato i commissariamenti, mettendo al vertice delle province i suoi fedelissimi e lasciando tutto com’era.
In quanto poi al rispetto della legge, ricordiamo i suoi interventi in Assemblea regionale (quando era all’opposizione) in difesa del diritto di autodeterminazione di Gela, Niscemi e Piazza Armerina. Ricordiamo gli inviti a “riporre gli striscioni, perché noi onoriamo gli impegni”.
Ricordiamo però anche l’intervista a Franco Gallo di qualche mese fa, con una repentina inversione di marcia, quando dichiarò che “non sempre i desideri diventano diritti”, dimenticando (o meglio, facendo finta di dimenticarsi) che il diritto di Gela e degli altri comuni di abbandonare le province di appartenenza non è più un “desiderio” ma un vero e proprio diritto che scaturisce dall’avere osservato in toto la legge regionale nonostante tutti i paletti pensati dagli “onorevoli” per bloccare tutto.
Quindi, chi ragionevolmente potrebbe credere ad una rassicurazione, solo verbale, di Musumeci? Solamente un tonto, un credulone. Lucio Greco, evidentemente, non lo è, e ha fatto benissimo a cautelare il Comune di Gela con il ricorso al Tar. Le polemiche seguenti sono solo strumentali. Ma nel tranello non ci casca nessuno.