Nel leggere in Consiglio comunale il documento di rivendicazione dei cittadini gelesi sulle inefficienze della gestione del servizio idrico, tradisce un accento poco gelese.
Ma chi sarà mai quel “continentale” che si batte per Gela e per i gelesi? Si chiama Massimo Vella (nella foto) ed ha cinquantaquattro anni.
La battaglia per l’acqua svela all’opinione pubblica un nuovo volto. E’ quello di Massimo Vella, classe 1965. Nasce a Bergamo ma da genitori gelesi, il papà oggi novantatreenne è ancora vivo.
Nel 1984, allora diciannovenne, compie la scelta che caratterizzerà larga parte della sua esistenza, decidendo di arruolarsi nell’esercito italiano, presso l‘accademia di Viterbo per sottufficiali. Da lì inizia una carriera militare fino al grado apicale di 1° maresciallo e, dopo 35 anni di servizio, decide di andare in pensione, con la voglia di iniziare una nuova vita: «in 35 anni di servizio – ci svela – non l’ho mai prestato all'estero, per una scelta ben precisa. La mia patria è l'Italia e qui ho voluto impegnarmi e crescere, passando da Caserta a Roma, da Novara a Milano, da Firenze a Pisa e Padova, con esperienze in vari campi».
E, una volta in pensione, incredibilmente decide non solo di investire a Gela, ma persino di metterci la faccia in una battaglia di civiltà: «una scelta molto stimolante – confessa – e vorrei portare un modo diverso di vedere le cose in città. Il mio coinvolgimento nella battaglia per l’acqua però è nato davvero per caso, sull'onda di due eventi: il lungo periodo di luglio, ad inizio estate, senz'acqua e le bollette di conguaglio di questi giorni.
Parlando con chi aveva creato il gruppo facebook “Fuori Caltaqua” nel 2009, Emanuele Averna, mi iscrissi cercando di capirne l'obiettivo. Immediatamente mi accorsi che le richieste di iscrizione nel gruppo viaggiavano alla media di 150/200 iscritti ogni ora ed ho subito pensato che bisognava dare un senso a tutto ciò.
Sicché, con lo stesso Emanuele Averna ed altri quali Liliana Blanco, Anna Spatola, Giovanni Libiano, Giusi Curaba, Mariarosa Ianniello, Gabriella Cammalleri e Flavio Di Francesco, ci siamo trovati a discuterne in chat ed abbiamo deciso di spostare la vicende nel “reale”, con un piccolo incontro a cantina sociale e poi la manifestazione a Piazza Umberto».
Pian piano il movimento diventa comitato, si organizza e pianifica le azioni da intraprendere: «inutile nasconderlo, l’azione da intraprendere è la class-action, cioè un’azione collettiva di classe. Puntiamo ad almeno 3000 persone. Per arrivarci occorre informare di continuo, non perderne il contatto e semmai consolidarlo, ascoltandolo e possibilmente aiutandolo in ciò che chiede. Stiamo attivando un numero che ovviamente non può essere verde, ma a pagamento e cercheremo di stare sui 30/50 centesimi a chiamata, a prescindere dai minuti.
Abbiamo attivato una mail, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., un numero wathsapp, 351-6222969. Stiamo cercando anche un luogo fisico dove creare uno sportello gratuito per il cittadino, ma metteremo comunque un bussolotto per coloro che vorranno lasciare un piccolo contributo. Tutto ciò serve a responsabilizzare il cittadino che deve sicuramente essere informato perché deve sapere che è lui che decide le sorti della città».
Facile a dirsi, ma non altrettanto a farsi dalle nostre parti. Magari diversamente che al nord: «il gap tra Nord e Sud – precisa -, compresa la Sicilia, è infrastrutturale, non intellettuale. E’ vero, non si sono colte numerose opportunità e non si riesce a valorizzare ciò che si ha. Nel caso di Gela, l’imperativo dovrebbe essere rinnovare la città e portarla a livelli altissimi con le sue vocazioni, il terziario spinto, il turismo, l'archeologia, un’università archeologica terrestre e marina a livello internazionale, l'agricoltura di territorio, una sorta di “Silicon Valley” dove sviluppare “start-up” italiane all’insegna dell’energia pulita, studiando e sfruttando “risorse” come il sole, il mare, la terra, il vento. Occorre svegliare il cittadino sopito».