Ventisette per cento? Vergogniamoci!

Ventisette per cento? Vergogniamoci!

Dopo le consultazioni elettorali per il Parlamento Europeo, noi gelesi possiamo solamente vergognarci di noi stessi. Le già basse percentuali di voto siciliane hanno toccato il fondo con il penoso 27% di votanti registrati in città.


Sette gelesi su dieci hanno preferito non votare, rimanendo a casa o andando a bighellonare chissà dove (visto che non era neppure una giornata di sole). Questo settanta per cento di gelesi che non ha esercitato il proprio diritto-dovere dovrebbe evitare, nei prossimi anni, di lamentarsi per quelle cose che, inevitabilmente, non funzioneranno. E vai a spiegare, poi, che non votare significa dare più possibilità ai gruppi di potere strutturati che con pochi voti riescono ad invadere ed occupare le istituzioni!

La parola d’ordine di quasi tutti i partiti e le coalizioni è “cambiamento”, salvo poi a spiegare in che modo si vuole cambiare e se il cambiamento è davvero capace di miglioramento dello status quo. E allora la faccio anch’io una proposta di cambiamento, che però resterà tale perché non interessa una cippa ai partiti, figuriamoci.

La proposta è semplice: tornare al passato, quando (fino al 1993) votare era un dovere civico e non solo un diritto. Del resto, lo stabilisce proprio la Costituzione, all'art. 48, che "l'esercizio del voto è un dovere civico". E' quindi sufficiente una leggina che indichi le sanzioni per chi non si reca a votare. Sanzioni non certo esagerate, ma che risultino particolarmente fastidiose: ad esempio l'impossibilità di godere di sussidi e agevolazioni di qualunque genere. Le percentuali di voto si alzerebbero immediatamente (anche se forse aumenterebbero le schede nulle).

Nel frattempo archiviamo le europee con le solite dichiarazioni dei partiti che non hanno alcun valore, nè alcun senso, con una percentuale di votanti del 27%. E ricordiamoci che non abbiamo ancora archiviato le amministrative. Al momento in cui scrivo continuano a ballare i nomi dei presunti assessori, tra "usati sicuri", aspiranti votati dal popolo e "carneadi" dell'ultim'ora. Tutti pronti a dare il proprio contributo per il bene della città (ma meglio seduti a Palazzo di Città che all'esterno).

E registriamo anche la proposta, avanzata dal consigliere Carlo Romano, degli "assessori di quartiere", sette assessori per sette quartieri (più o meno come il famoso film "sette spose per sette fratelli"): ognuna delle sette zone in cui qualcuno (chi?) dividerà la città farà capo ad un assessore per i problemi di competenza. La proposta è senz'altro positiva, e Romano l'ha sicuramente avanzata con i migliori propositi.

Ma personalmente mi riterrei soddisfatto se gli assessori riuscissero a svolgere, senza lungaggini e in modo efficiente, i compiti a cui sono delegati. E poi, soprattutto, non dimentichiamo che il ruolo di cerniera tra i cittadini e l'amministrazione comunale deve essere svolto dai consigli di quartiere, che devono essere regolamentati una volta per tutte ed istituzionalizzati. Sarà poi un assessore (o magari più di uno) ad evere la delega specifica e ad occuparsi delle necessità dei quartieri. Si chiama democrazia partecipata e va solo attivata. Se c'è la voglia.