Se c'è un partito che ha vinto la tornata elettorale amministrativa senza aver bisogno del premio di maggioranza perché si attesta da solo nei pressi del 60%, è in effetti il “partito” degli astenuti.
Al ballottaggio gelese, infatti, si sono recati alle urne 26.616 maggiorenni sui 65.739 aventi diritto per una percentuale pari al 40,9 percento, con un decremento del 17,93 percento rispetto al primo turno e di oltre il 14 percento rispetto al ballottaggio di 4 anni fa.
La sfiducia e la disaffezione verso la politica cresce negli anni con un trend costante ed inesorabile, ma restringere il tutto all'esperienza amministrativa gelese sarebbe un errore. Negli altri 4 comuni al voto anche al secondo turno, l'andazzo è lo stesso con una media regionale negativa del 15,38 percento. Affluenza, dunque, sotto il 50 percento anche a Caltanissetta (42,64%), Monreale (41,70%), Mazara del Vallo (48,78%) e Castelvetrano (47,01%).
A Gela come altrove nell'isola, pertanto, verranno proclamati sindaci eletti da una minoranza dell'elettorato avente diritto, rendendo ancora più evidente – se possibile – ciò che da anni critichiamo, vale a dire la bontà di un secondo turno (ballottaggio) maggioritario per l'elezione dell'organo monocratico dove a decidere sono sempre meno di coloro che partecipano con il voto al primo turno, contestualmente all'elezione proporzionale del consiglio comunale (quindi con tutte le liste concorrenti schierate).
Sempre meglio un sindaco eletto a turno unico magari col 25 percento dei consensi ma con tutto lo schieramento delle forze al completo in campo, che un sindaco eletto poi, come nel caso di Gela, al ballottaggio col 20 percento dei consensi (lo stesso avremmo detto nel caso fosse stato eletto l'avversario) senza alcuno schieramento e con elettori a briglia sciolte più indirizzati a votare negativamente che positivamente il candidato “meno peggio”.
La Costituzione all'art.48 sancisce il diritto-dovere di voto del cittadino maggiorenne, mentre all'art.51 stabilisce la facoltà del cittadino di candidarsi alle elezioni. Nei manuali di Diritto Costituzionali il primo si legge con la formula del “diritto di elettorato attivo”, il secondo con la formula del “diritto di elettorato passivo”.
E' chiaro che quando vanno a votare sempre meno nel segreto della cabina, ancora inferiore si traduce la disponibilità a mettere la propria faccia su un santino elettorale ed è diventato, oramai, un esercizio letteralmente noioso continuare a lamentarsi e ad accusare - col dito puntato - che si candidano sempre gli stessi. La classe politica, in definitiva, è sempre e comunque specchio del suo elettorato e quando l'astensionismo diventa addirittura maggioranza, la sconfitta è assolutamente di tutti.