Sono all’ordine del giorno presso i Tribunali di tutta Italia le imputazioni per i reati di detenzione e porto illegale di armi.
La disciplina è regolamentata dal codice penale dagli art. 697, 698, 699 e 700 c.p. nonché da numerose leggi speciali. Mentre il presupposto della detenzione abusiva è l’obbligo di denuncia di ogni arma alla autorità di P.S. ex art. 38 del Testo Unico della legge di pubblica sicurezza (Tulps)., il presupposto del reato di porto illegale è l’obbligo di licenza ex art. 42 Tulps.
La detenzione indica un potere di fatto esercitato sull’arma con carattere di continuità e stabilità essendo esclusa da antigiuridicità la detenzione occasionale; il porto, invece, evidenzia una disponibilità immediata dell’arma, intesa non tanto come contatto fisico con la stessa quanto come potenzialità del suo pronto utilizzo.
La ratio delle norme incriminatrici è quella di tutelare i beni della vita e della incolumità dei singoli consociati: ecco perché vengono, all’uopo, in rilievo solo le armi proprie, quelle, cioè, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona. Va da sé che l’obbligo di denuncia incombe anche su chi dimori temporaneamente nel luogo in cui si ha notizia della presenza delle munizioni.
Le armi improprie, invece, possono essere liberamente detenute ma il porto fuori dall’abitazione, senza giustificato motivo, è comunque punito, seppur più blandamente, ex art. 4, comma III, l.n. 110/1975. E’ però utile sottolineare che anche le armi da punta e taglio possono integrare il concetto di arma propria quando sono dotate di congegni meccanici capaci di renderle particolarmente pericolose. Il coltello a serramanico, ad esempio, è considerato dalla giurisprudenza arma propria non da sparo e il suo porto fuori dall’abitazione, pertanto, integrerà il reato di cui all’art. 599, comma II, cp proprio perché, così come il pugnale, non può essere oggetto di licenza da parte dell’autorità. La balestra, invece, è considerata arma impropria perché, pur essendo atta a offendere, altra è la sua destinazione naturale.
Il reato di detenzione illegale di armi ha carattere permanente e si esaurisce o in virtù di un atto volontario del soggetto agente o per un intervento esterno. Per integrare il reato è sufficiente il dolo generico consistente nella consapevolezza di avere la disponibilità delle armi unitamente alla cosciente volontà di detenerle in contrasto con le prescrizioni normative: non assume rilievo la buona fede in merito alle disposizioni di legge trattandosi di ignoranza che non ha efficacia scusante, ex art. 5 c.p.
Pur essendo il porto illegale di arma un reato di pericolo, esso assumerà contorni più o meno gravi con riguardo allo scopo concreto per il quale la condotta illecita viene posta in essere, attribuendosi maggiore gravità a quei fatti che risultino finalizzati alla commissione di ulteriori reati.
Al fine di escludere la qualifica di arma e quindi la configurabilità dei reati sopra analizzati è necessario che essa risulti totalmente inefficiente e non affetta da un semplice difetto di funzionamento che ne interessi solo una parte o sia facilmente riparabile: questo perché solo nel primo caso verrebbe meno la situazione di pericolo per l’incolumità pubblica legittimante l’incriminazione