Il 10 febbraio u.s. si è conclusa le 68ma rassegna del Festival di Sanremo.
Considerato il numero degli ascoltatori – intorno a diecimilioni – si può a pieno titolo parlare di una ripresa del festival che continua a proporci canzoni fin dal 1951. In verità, ormai da tanti anni l’anzidetta rassegna canora si era appiattita come in una sorta di “cliché” ripetitivo e consuetudinario nell’organizzazione; per cui, il Festival, allestito e confezionato nei tempi di lavorazione previsti, veniva presentato in tre serate.
Quest’anno c’è stata qualcosa in più che ha “catturato” l’attenzione degli ascoltatori, tenendoli per cinque serate seduti davanti al televisore.
Gli elementi innovativi di maggiore impatto sul pubblico si possono enucleare in quattro punti.
Innanzi tutto c’è stata un’animazione intelligentemente progettata, senza precedenti nel passato. La figura di maggiore spicco e prontezza è stata Michelle Hunziker, collaborata da Claudio Baglioni e da Pier Francesco Favino.
C’è anche stata una comicità che ha spezzato la monotonia durante l’esecuzione delle canzoni in gara; una comicità più fattiva e vivace rispetto al passato, sempre ad opera di figure diverse, di sera in sera. E’ stata una comicità veramente piacevole, di buon gusto, senza forzature che ha fatto ridere di cuore;
La presenza di un episodio di cultura, (monologo dello straniero di Koltés), strettamente legato al caldo contesto dell’immigrazione nel nostro tempo, ha arricchito e qualificato ancora di più la manifestazione. Tale monologo interpretato da Favino, ha rappresentato con molta efficacia il dramma esistenziale che vivono gli immigrati nel nostro Paese, divisi nel loro “io” tra la volontà di rimanere in occidente, in una realtà spesso allucinante – dove per sbarcare il lunario le donne si devono piegare a malversazioni di ogni tipo, persino a vendere il loro corpo, e gli uomini devono chiedere l’elemosina, fare la fame e finire molto spesso nelle organizzazioni malavitose – o ritornare nel proprio Paese.
L’illuminazione del palco con le molteplici possibilità di adattare, di volta in volta, luci forme e colori alle canzoni in gara, è stata strabiliante, senza precedenti e molto al di sopra di quanto è stato realizzato nel passato.
Accanto agli aspetti positivi vi sono anche stati taluni aspetti negativi che il festival si trascina ormai da molto tempo. Questi vanno individuati nel primato delle parole delle canzoni sulla musica. Con le parole gli Autori esprimono tanto, ma la qualità della musica non sempre corrisponde alla bellezza, allo spirito del testo poetico. I brani musicali spesso vengono piegati alla rima dei versi, per cui la musica è al servizio dei testi poetici.
Da tanti anni si continua a perseverare in tale mediocrità. Quando il trio: “Il Volo” vuole raccogliere scroscianti applausi, canta un’aria di Giacomo Puccini o, in alternativa, una grande canzone napoletana. Ciò è segno che nella canzone è la musica ad avere un maggiore impatto sul pubblico, un maggiore coinvolgimento. In ogni caso, parole e musica devono essere in sinergia tra loro, in vista della qualità.
Cosa di cui i cantautori, anche in questo festival, tranne qualcuno, non sono stati molto osservanti;
– La classificazione delle canzoni rimane tuttora un problema insoluto e irrisolvibile. Sarebbe opportuno eliminare la classifica e premiare le canzoni in base di altri criteri oggettivi, alternativi.