Da grandi sconfitte possono nascere grandi vittorie.
La fine dell'era del petrolchimico, senza una minima alternativa ad esso, è stata una grande sconfitta per la città ed in particolare per la sua classe dirigente. Ma piangersi addosso non serve a nulla. Con la morte della raffinazione convenzionale basata sull'utilizzo del tanto discusso pet-coke, successiva diversi anni dopo all'abbandono della chimica, della cui attività (specie parastatale) questo territorio continua a pagare ancora dazio sul piano ambientale e della salute, non è morta anche la questione industriale.
Ridimensionata con la sua svolta "green", esiste ancora è può essere semmai una leva fondamentale per la tanto agognata ed auspicata ripresa, compatibilmente alle altre risorse e vocazioni che Gela può vantare. Perché se c'è una lezione che i gelesi devono imparare per non rimanere più in ginocchio è che una direzione, non esclude le altre. Al contrario, vanno tutte perseguite.
Con lo sguardo al futuro, il presente è che Eni ha avviato in Italia una politica di decarbonizzazione con la quale intende affrontare questa fase di transizione energetica che si protrarrà fino a metà secolo. Nel sito di contrada piana del signore, la “green refinery” rappresenta il più innovativo impianto di bioraffineria in Europa. A marzo 2021, inoltre, è stato avviato e collaudato il nuovo impianto Btu (biomass treatment unit), che – secondo quanto si legge nel sito del cane a sei zampe – consentirà di utilizzare fino al 100% di biomasse non in competizione con la filiera alimentare e cioè, ad esempio, gli oli alimentari esausti e i grassi derivati dalle lavorazioni ittiche e delle carni in Sicilia.
L’obiettivo è realizzare un modello di economia circolare a chilometro zero per la produzione di biodiesel, bio nafta, bio gpl e bio jet fuel. A questi due impianti va aggiunto l'impianto pilota "waste to fuel", attualmente alimentato (quotidianamente) dalla "forsu" (frazione organica del rifiuto solido urbano, cioè l'umido) raccolta dalla società che gestisce il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti a Ragusa. Un sotto prodotto è acqua riutilizzabile non solo negli stessi cicli industriali, ma anche per usi civili come l’irrigazione in agricoltura.
Non va dimenticato l'accordo raggiunto tra Eni ed Enel decisi a realizzare all'interno dello stabilimento un elettrolizzatore da cui si ricaverà idrogeno verde, per valutarne l'eventuale compatibilità con l'idrogeno grigio e blu ricavato grazie allo “Steam reforming” da metano, nell'alimentare la produzione industriale. Intanto l'amministrazione Greco ha presentato entro i termini previsti dal bando (entro cioè il 23 aprile scorso) la propria manifestazione d'interesse alla Regione siciliana per diventare sede del Comitato nazionale di alta tecnologia per l'idrogeno, che se realizzato alimenterebbe un indotto importante in termini di investimenti ed occupazione ai fini non solo della ricerca e sviluppo, ma anche produzione e distribuzione dell'idrogeno verde.
Trascorso oltre un mese, abbiamo chiesto quale fosse lo stato dell'arte dell'iter, al vicesindaco ed assessore al ramo, Terenziano Di Stefano che, non potendosi sbottonare più di tanto, si è limitato solo ad anticiparci che «sta andando tutto bene, con l'augurio che al più presto possano arrivare notizie confortanti in merito».
Tra i modelli più reclamizzati nel cammino verso e durante la fase di transizione energetica, forse il più reclamizzato è il modello del “distretto circolare”. Un distretto produttivo che mette insieme tecnologie di sviluppo sostenibile per un'economia circolare.
Tecnologie già presenti a Gela, per quanto sopra esposto. L'unico deficit è l'assenza di un impianto che riconverte la plastica in polimeri riciclati. Per il resto, Gela ha le carte in regola, in una prospettiva di uno sviluppo occupazionale non indifferente, accanto la sostenibilità ecocompatibile. Basta solo crederci, organizzarsi e lavorarci sopra. Ma è proprio qui che l'esperienza degli anni passati ci ha insegnato che casca l'asino, purtroppo.