Secondo il Consiglio di Stato, nelle veste di giudice amministrativo di secondo grado (in sede di appello contro sentenza di primo grado del Tar), nella contaminazione storica dei siti
(cioè, antecedente l’entrata in vigore delle norme ambientali europee), vige il principio secondo cui, anche se sono trascorsi più di trent’anni dell’evento che ha causato un danno ambientale, la norma che esclude la possibilità di procedere contro il responsabile, di cui all'articolo 303, lettera g, del D.lgs. 152/2006, non si estende anche alle bonifiche di cui all'articolo 242, comma 11, le quali rimangono un obbligo anche in caso di accertata contaminazione per cause e ragioni ultratrentennali. Ad affermarlo, in una recente sentenza è stata la quarta sezione del Consiglio di Stato.
Il giudice amministrativo d'appello ha respinto la tesi secondo cui con l'abrogazione dell'articolo 303, lettera i), del Dlgs 152/2006, avvenuta con L. 97/2013, l'istituto e la disciplina del danno ambientale si estendono anche alla contaminazione e bonifica del sito, compreso il limite trentennale dei fattori di causa. Per il Consiglio di Stato invece danno e contaminazione non sono «concetti totalmente sovrapponibili» e «non tutta la disciplina in materia di danno ambientale si estende alla diversa tematica delle bonifiche». Anzi, ritenere che vi sia «una totale sovrapponibilità tra i due istituti», postulerebbe che la semplice abrogazione di una norma, la sopracitata lettera i) dell’articolo 303 del Dlgs 152/2006, equivarrebbe ad un’implicita abrogazione dell’intera disciplina legislativa in tema di bonifiche a partire dal 2013. Pertanto se in un sito la contaminazione è accertata, anche se la causa/evento affonda le radici negli anni ‘80 del secolo scorso, cioè 40 anni fa, le bonifiche devono essere avviate comunque.
Intanto, proprio in tema di bonifiche e salvaguardia della salute ambientale, a Gela i membri del comitato “No Inceneritore Gela”, hanno scritto a tutte le autorità politiche regionali, nazionali, europee, a tutti i deputati e senatori rappresentanti del territorio, una lettera in cui non si limitano a comunicare semplicemente l’esito della raccolta firme, ma anche per illustrare nei dettagli le motivazioni dell’azione e le proposte suggerite per il territorio: le oltre 3000 firme raccolte, testimoniano «un diffuso dissenso verso una ipotesi che trova falle da qualunque aspetto la si voglia leggere, soprattutto nell’assurda collocazione geografica, ed espone il territorio a nuove (e vecchie) criticità che impediscono quel desiderio, volontà ed anche necessità di cambiamento più volte ipotizzata e persino promessa in qualche caso nelle meravigliose proposte elettorali che finora non solo non ha avuto alcun riscontro, ma, con questa proposta, si azzoppano definitivamente».
Nella missiva epistolare, il comitato ricorda che su Gela ed il circondario esistono accordi sottoscritti dai vari attori istituzionali e dall’Eni, che prevedevano azioni da compiere sul territorio, fra queste le famose bonifiche che finora non ci sono state: «la fragilità della nostra area (siamo stati riconosciuti come area ad elevato rischio ambientale) e i disastri compiuti – hanno sottolineano i promotori – sono certificati da documenti pubblici, da dichiarazioni politiche, da numeri impietosi (circa 450 bambini nati malformati ed incidenza sopra la media di vari tipi di tumore), riportati dettagliatamente nella lettera, che ancora non hanno generato – hanno concluso - alcuna reazione positiva e propositiva».
Il comitato ha inviato la lettera alla Presidenza della Repubblica; la Presidenza del consiglio dei ministri; la Presidenza della commissione europea; la Presidenza del parlamento europeo; il Ministero dell’ambiente; il Presidente della Regione siciliana; l’Assessore regionale all’ambiente; i parlamentari nazionali e regionali espressi dal collegio.