Gela è una città di oltre settantamila abitanti che a differenza di quelle che la precedono, ma anche di quella la seguono sul piano demografico, non ha un centro commerciale.
Basti pensare che cittadine vicine come Licata ad est e Vittoria ad ovest, hanno centri commerciali pur essendo più piccole di Gela. Perché? Negligenza o scarso interesse della politica a favorire queste grosse iniziative della Gdo e del retail? Scarso interesse imprenditoriale o una precisa volontà politico-amministrativa che storicamente si è messa di traverso?
Lo abbiamo chiesto a Francesco Trainito, vertice regionale di unione confcommercio e responsabile cittadino di confcommercio ascom Gela, che non è parso avere dubbi al riguardo: «onestamente – esordisce – non sarebbe corretto asserire che non c'è stato interesse imprenditoriale a realizzare centri commerciali a Gela.
Diverse richieste furono inoltrate già ai tempi della sindacatura di Rosario Crocetta ma non se ne fece nulla. Andando a memoria ci fu quella di Russello e soci nelle vicinanze di Villa Fabrizio lungo la statale per Catania. Un'altra fu quella di Psaila e soci nella zona industriale. Diciamo che c'è stata una volontà politico-amministrativa a rendere alquanto difficili, se non impossibile, realizzare iniziative di questo tipo. Ed è chiaro che poi anche l'interesse con gli anni è venuto a scemare.
L'indirizzo - continua - è stato ed è quello di consentire grandi strutture che coprano magari 1500 metri quadrati di vendita, specialmente in campo alimentare. Ma anche in questi casi, si è trattato di iniziative che hanno incontrato seri problemi. L'ultima in odine cronologico, quella del gruppo Arena sotto il cavalcavia di Via Venezia, ha visto lo stesso gruppo tentarci per tre volte, con altrettante modifiche progettuali, prima di ottenere il via libera definitivo. La Lidl – chiosa – ha sostenuto ben 4 ricorsi al Tar».
Per il sindaco Terenziano Di Stefano, invece, la verità sta un po’ in mezzo: «la valutazione che posso fare – ci risponde – in tutti questi anni, partendo dall’esperienza di consigliere, poi assessore e vicesindaco e da alcuni mesi sindaco, è che un vero interesse, dirompente, delle grandi catene della Gdo, non c’è stato.
E su questo ha influito la scarsa capacità della classe politica e burocratica a rendere Gela più appetibile a queste realtà, specie sul piano degli strumenti urbanistici e dei servizi accessori, soprattutto logistici. Per centri commerciali – prosegue – intendo quelli di ampia portata, di 20000 ed oltre metri quadrati e con un bacino di utenza di almeno 50.000 visitatori, come “Le Porte” di Catania.
Se prendiamo a esempio il centro commerciale di Licata, non è più grande, anzi quasi sicuramente è più piccolo della struttura di vendita realizzata dal Gruppo Arena a Gela. Peraltro, ricordo che da consigliere arrivammo in consiglio comunale ad approvare il progetto “Oasi 2005” di Russello, ma poi non ne seppe più nulla. Probabilmente – conclude – l’essere rimato ingessato per anni, ha reso il progetto non più sostenibile».
La distinzione del primo cittadino non è scontata. Sulla scorta dei due esempi sopra menzionati, va precisato che secondo normativa esistono due tipi di centri commerciali coperti. Il centro commerciale “classico” è un insediamento commerciale come quello di Licata, classificato ai sensi dell’articolo 4 del d.lgs. 114/1998 , media o grande struttura di vendita, costituito da un unico edificio, comprendente uno o più spazi pedonali, dai quali si accede ad una pluralità di esercizi commerciali al dettaglio, eventualmente integrati da attività para-commerciali e di servizio.
Ricavato in area a destinazione d'uso commerciale al dettaglio, l'edificio è soggetto a concessione edilizia unitaria a specifica destinazione. Le singole autorizzazioni commerciali discendono da un unico provvedimento generale rilasciato, eventualmente anche a un soggetto promotore, sulla base delle procedure ed i tempi stabiliti.
Altro è il centro commerciale “sequenziale”, tipo “Le Porte” di Catania. Si tratta di un insediamento commerciale costituito da più edifici, collegati funzionalmente da percorsi privati pedonali o veicolari, ricavati in area a destinazione d'uso commerciale al dettaglio e pertanto non facenti parte di vie o piazze pubbliche, dai quali si accede a singoli esercizi commerciali o centri commerciali. I servizi accessori possono essere comuni all'intero complesso degli edifici. Le singole autorizzazioni commerciali possono discendere da un unico provvedimento generale rilasciato, eventualmente, anche a un soggetto promotore. La realizzazione della struttura può essere scaglionata nel tempo.
La teoria di chi era contro il centro commerciale a Gela poggiava su un sostanziale pregiudiziale di tipo concorrenziale. Un centro commerciale in città, insomma, avrebbe creato gravissimi problemi di concorrenza agli esercizi commerciali locali. Negare il centro commerciale significava mantenerne la sopravvivenza.
Ma così non è stato. I negozi continuano a chiudere e le saracinesche ad abbassarsi. Il centro storico è sempre più svuotato ed in tanti per sopravvivere si sono trasferiti in Via Venezia, dove la possibilità di metrature maggiori ha permesso di abbattere i costi di magazzino, con un netto risparmio in termini di logistica. Peraltro c’è chi sostiene, argomentandolo, che i centri commerciali in realtà creano ed alimentano la concorrenza, oltre a creare posti di lavoro (tra l’indotto che progetta e costruisce la struttura ed il diretto a regime).
D’altra parte, la presenza di centri commerciali nei comuni vicinori non ha comunque evitato il rischio di un problema di concorrenza. Tuttavia, effetti molto più deleteri in termini concorrenziali li ha prodotti il commercio on line, esploso negli ultimi anni e che ha colto letteralmente impreparati commercianti e piccoli imprenditori.
Solo recentemente in diversi si stanno attrezzando in tal senso, proprio per una logica di sopravvivenza. E per questa via, i costi troppo alti degli affitti nel centro storico è diventato un costo da eliminare, una diseconomia a tutti gli effetti, cioè una spesa in bilancio insostenibile sul piano economico.
Se la presenza di piccoli centri commerciali ha il vantaggio, come le medie e grandi strutture di vendita esistenti in città, di riqualificare zone urbane, i grossi centri commerciali hanno un impatto ambientale e sul piano della viabilità piuttosto considerevole. Ecco perché è utile prevedere zone destinate ad ospitarli. Ed in effetti, le zone attualmente previste nel Puc (Piano urbano commerciale) sono quella ad ovest della statale Gela-Catania e quella in zona “Piano Marina”, alle spalle del rifornimento. Nel nuovo Puc è stata altresì inserita anche la zona ad est della statale per Catania.
Inutile negarlo, se pensiamo a come i gelesi prendono letteralmente d’assalto le bancarelle del mercato settimanale (una sorta di centro commerciale all’aperto), poco deve sorprenderci il perché non si sono sottratti, in particolare nel week-end, a recarsi nei centri commerciali che vanno per la maggiore, tra Ragusa, Enna, Catania ed altro.
Per il consumatore, i vantaggi di un centro commerciale sono innegabili, tra facilità di accesso, ampissimi parcheggi e la presenza variegata di negozi da visitare, passeggiando al coperto. I centri commerciali o “shopping store”, sono di fatto un fattore di aggregazione sociale, un luogo di incontro, oltre che commerciale. E non è un caso che in quelli di grandi dimensioni sono state associate strutture varie, che vanno dalla ristorazione ai cinema multisala. E l’ultima tendenza che sta prendendo piede è quella di organizzare eventi culturali, di spettacolo e puro intrattenimento.
Non va dimenticato che diversi anni fa, l’allora presidente del Gela calcio, il compianto ing. Angelo Tuccio, lanciò l’idea della costruzione di un nuovo stadio con annesso centro commerciale. Un’idea non affatto nuova e già sperimentata con successo altrove in Italia. L’appello, puntualmente, cadde nel vuoto. Non fu raccolto in primis dagli stessi imprenditori locali e soprattutto dalla politica che gli negò anche la gestione del “Presti”. In contrada Marchitello, c’è una zona pensata per ospitare una cittadella sportiva.
Quella zona è stata liberata da vincoli agricoli ed è servita, guarda caso, per creare anche villette, palazzine e strutture residenziali adiacenti che sono spuntate fuori come funghi. Gli unici due impianti presenti, per contro, sono due palazzetti a distanza di pochi metri. Uno, il PalaCossiga, ce l’ha regalato appunto l’allora Presidente della Repubblica. L’altro, il PalaLivatino è di proprietà dell’ex provincia. Nessuna struttura di servizio ed un grosso punto interrogativo in attesa ancora di una risposta.