In questa città sembrano tutti, a parole, concordare che la Gela post-industriale, della riconversione e dello sviluppo sostenibile, dell'economia circolare attenta all'ambiente, debba puntare su vecchie vocazioni, innovandole, come quella agricola; nonché su nuove e alternative vocazioni, ad iniziare da quella di un turismo che finalmente punti con decisione sul mare, le bellezze naturalistiche, il paesaggio, la storia e le testimonianze archeologiche. Indubbiamente, Gela è ricca di tutto questo.
Chi scrive, da anni, sostiene che il principale investimento che la comunità gelese debba fare è quello sulla cultura. Riteniamo di non essere i soli in città ma predichiamo nel deserto istituzionale.
Le istituzioni, infatti, si sono dimostrate sorde a questo appello, perché incarnate da personale politico che concepisce questo tipo di investimento poco attrattivo ed affascinante, in quanto non determinante un ritorno immediato in termini di consensi personali da capitalizzare alle urne.
L'aspetto più grave è che si rimane sordi al Capo dello Stato: «ogni investimento nella cultura - ha affermato qualche anno fa il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella - è un investimento ben speso anche ai fini della crescita del nostro paese, che ha il patrimonio artistico e culturale più grande del mondo e quindi vi è un’esigenza non soltanto di tutelarlo e conservarlo, ma anche di valorizzarlo.
E' un dovere nei confronti della nostra storia, del nostro futuro», anche perché «come tutto ciò che attiene e viene prodotto dalla cultura - ha proseguito - ha una grande ricaduta e beneficio per l’intero tessuto sociale, anche di carattere economico. Quindi gli investimenti che si fanno nella cultura non sono soltanto per un dovere di qualità della vita sociale, ma anche perché provocano una ricaduta di crescita economica».
Ogni sito archeologico frequentato dai visitatori, ad esempio, è un potenziale «crocevia di tante attività, non soltanto nell’ambito dell’arte, ma del turismo, dell’accoglienza. Vi sono cioè effetti – concludeva il Presidente Mattarella - dei nuclei di cultura e dell’attività culturale che hanno una ricaduta positiva profonda sul piano economico».
Sono affermazioni che fanno a pugni con l'evidente circostanza che ci vede fuori dai circuiti turistici che vanno per la maggiore. Onestamente, però, come possiamo ambire ad entrare a far parte di questi circuiti, quando l'offerta che possiamo vantare è pari a zero? A parte le mura timoleontee, che solo dopo ferragosto sono state riaperte al pubblico ma su prenotazione, tutti gli altri siti archeologici sono rimasti vietati ad eventuali turisti.
Museo regionale chiuso, Museo della nave triremi greca chiuso, Parco delle rimembranze chiuso, Bagni greci chiusi. Un'offesa alla storia di questa città. Un'ulteriore lancinante accoltellata, inferta ad una comunità dall'identità violata. L'ennesimo freno ad ogni tentativo, opzione, velleità, che si propone di uscire dalla cronica condizione di emergenza e di almeno provare a risollevarsi e tentare di avere una chance di sviluppo. Niente. Siamo fermi allo zero.
Se volessimo asserire che è solo colpa nostra, faremmo un torto a noi stessi ed alla verità dei fatti. L'indice non può essere puntato solo contro l'amministrazione che praticamente è l'ultimo gradino in basso in termini di competenze.
Ma non si può restare inerti e dimostrare il contrario, invece, con azioni concrete, anche eclatanti, ma in ogni caso rivendicative nei confronti dei livelli superiori, vedi soprintendenza provinciale ed assessorato regionale, per un maggiore coinvolgimento e condivisione nelle scelte, per una maggiore e più efficiente comunicazione tra gli enti e più semplicemente per una, in una sola parola, programmazione. Non servono sindaci che non fanno seguire i fatti alle lamentele.
Ed i fatti non sono i tavoli da convocare: l’inutilità degli stessi è acclarata. Così come non servono consiglieri e assessori di partiti che millantano riferimenti a Palermo e Roma: il bluff svelato dai furti perpetrati al territorio è sotto gli occhi di tutti.
Peraltro, le iniziative provenienti dalla società civile in questi anni non sono mancate. Artisti, associazioni, club service, provano a smuovere coscienze e, soprattutto, a sollecitare politiche pubbliche di sostegno, ma assurgono tutt’al più a tentativi, per quanto lodevoli, mortificati sul nascere dall’inconcludenza della politica e di chi è chiamato a prendere le decisioni.
In questi giorni si ammira, si discute, si riflette e ci si confronta al Civico 111, in via Morello, ecc. Ma anche questi propositi sfumeranno nell’oblio, perché non ci sarà continuità, non c’è la volontà di amalgamarli, di dare consistenza, di scommetterci sopra, da parte delle istituzioni elettive cittadine, intente ed indaffarate a capire come rinnovarsi alle elezioni amministrative della prossima primavera.
E, non ultimo, anche lo sport è cultura. Lo è, eccome. Un termometro culturale fedele della voglia di riscatto dei giovani e dell’incapacità gestionale delle “adulte” classe dirigenti. Gela ne è un esemplare baluardo. La carenza di strutture è atavica, l’attenzione e la cura verso quelle poche presenti è pessima. Chi investe è trattato come un folle, lasciato solo ed abbandonato al suo destino: l’inevitabile fallimento.