C'è chi la considera ancora una chimera, chi un enigma, chi avverte che non si è manco a metà dell'opera e chi invece assicura che tanto è stato fatto.
L'argomento della "bonifica dei sin", infatti, non mette tutti d'accordo, anzi. Soprattutto è un qualcosa che scarsamente viene percepito, ad occhio nudo, dalla cittadinanza. La quale può solo prendere atto di quanto le viene riferito in merito, lasciata libera di convincersi e fidarsi, ma anche no.
Di sicuro c'è un inizio, con tanto di data. Il 14/12/1998 viene pubblicata nella gazzetta ufficiale la L.426/98, recante "Nuovi interventi in materia ambientale". L'Art.1 comma 4 elenca i primi quindici "siti di interesse nazionale" (Sin): tra di essi c'è Gela. Già nel dicembre del 1990 l’area era stata dichiarata ad alto rischio di crisi ambientale e con il Dpr del 17 gennaio 1995 era stato approvato il Piano di disinquinamento per il risanamento ambientale per poi arrivare alla sopra menzionata L. 426/98, ai sensi della quale Gela diventa uno dei primi quindici siti di interesse nazionale del Programma nazionale di bonifica.
L'atto legislativo in questione al comma 3 dell'art.1, dispone la formulazione di "un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse".
Il comma 9 rinvia ad un decreto interministeriale per le "indicazioni ed informazioni a favore di quelle imprese industriali, consorzi di imprese, cooperative, consorzi tra imprese industriali ed artigiane che intendano accedere a incentivi e finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica previsti dalla vigente legislazione". E siccome non ha senso investire nella bonifica, lasciando intatte le produzioni inquinanti, gli incentivi ed i finanziamenti sono stati successivamente ammessi anche per nuovi impianti e nuove tecnologie meno inquinanti.
Per quanto riguarda nello specifico Gela, l'area perimetrata con il decreto ministeriale del 10 gennaio del 2000, comprende a terra 795 ettari di cui circa 17 ettari di proprietà Eni Rewind e circa 55 ettari gestiti per conto dell’ISAF (Industria Siciliana Acido Fosforico). Allora furono messi sotto accusa diversi impianti petrolchimici e di raffinazione (tra cui i due coking, il cracking catalitico, l'alchilazione, nonché la centrale elettrica che alimentava tutti gli impianti ed a sua volta alimentata a pet-coke e, soprattutto, gli impianti chimici tradizionali appartenenti all'allora Isaf ed all'allora Polimeri Europa).
Proprio in quell'anno il piano fu commissariato ed affidato al prefetto. Secondo un corposo dossier di Legambiente del 2014, il Piano di risanamento ambientale gelese, che per 5 anni non vide spendere nemmeno 1 centesimo, prevedeva quasi una cinquantina di interventi, di cui poco più di una dozzina a carico delle aziende ed il resto, il grosso insomma, a carico dello Stato. Tra gli interventi previsti da parte dei privati: l'ammodernamento e l'adeguamento di diversi impianti alle prescrizioni normative vigenti, soprattutto il mega-camino Snox per l’abbattimento degli inquinanti dei fumi della centrale termoelettrica e qualche bonifica.
Il commissariamento straordinario del 2010, dimostrò come l'esperienza siciliana delle politiche di bonifica e risanamento ambientale da parte dello Stato, assurgeva a modello di inettitudine ed incapacità. Peraltro, sebbene Eni avesse trasformato sostanzialmente Sindyal (ex Enichem, oggi Eni Rewind) in una società ad hoc per le bonifiche, lo Stato ci ha messo un bel po' a stimolarne ed intensificarne l'attività. Sarà pure un caso, ma cambiato l'atteggiamento dello Stato e soprattutto del ministero al ramo, è cambiato pure quello delle aziende, Eni compresa.
Sul piano normativo, l'esempio cardine è il D.Lgs. 152/2006 che introduce nell'ordinamento giuridico italiano, dopo l’insistente pressione comunitaria, la previsione delle procedure per la Valutazione ambientale strategica (Vas), per la Valutazione di impatto ambientale (Via) e per l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Nel 2016 la Regione emana le linee guida, per lo più operative, in materia di bonifica dei siti inquinati. Per i siti di interesse nazionale, che nell'isola sono Gela, Priolo, Milazzo e Biancavilla, la procedura di bonifica rimane attribuita alla competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm), che si avvale di Ispra e Arpa Sicilia. Attualmente i “Sin” vengono individuati con decreto del ministero per la Transizione ecologica che presiede anche alla procedura di bonifica.
Dopo gli anni del "parastato" in cui controllore e controllato di fatto coincidevano, a cui seguirono gli anni in cui il controllore faticò non poco a sganciarsi dall'influenza del controllato, l'atteggiamento del controllore è cambiato e con esso anche quello del controllato. Certo da qui a dire che ci sono le condizioni per permettere con certezza il raggiungimento dell’obiettivo finale di sempre (cioè la bonifica del sito e/o il ripristino ambientale, in tempi ragionevolmente sostenibili, nonché la reale possibilità per gli organi di controllo di far rispettare il principio fondamentale secondo cui “chi inquina paga”) di acqua sotto i ponti ancora ne passa.
Ma come ammesso nel dossier di Legambiente di cui sopra, nel caso di Gela ad esempio, dalla politica di dismissione degli impianti portandoli a fine vita, evitando non solo di investire in un miglioramento della produttività e delle performance ambientali, ma limitandosi il più delle volte a manutenzioni straordinarie, rinunciando aprioristicamente ad una manutenzione ordinaria preventiva, il cane a sei zampe è passato ad investimenti rilevanti per il risanamento e lo sviluppo dei suoi impianti, con un'inversione di tendenza evidente. Oggi le parole d’ordine sono decarbonizzazione ed economia circolare, ma l’iter di bonifica subisce i ritardi del passato.
Secondo quanto si legge nello stesso sito della major energetica portabandiera in merito al capitolo delle bonifiche a Gela, il risanamento del sito è stato avviato nel 1999 ed è in capo alla società ambientale del gruppo, Eni Rewind per l’appunto, che opera anche per conto delle società coinsediate Versalis, Enimed e Raffineria di Gela. Più precisamente si occupa degli oneri di bonifica delle aree ex Anic e gestisce le attività ambientali dell’Isaf distribuite tra l’isola 9 (3 ettari) e l’ex discarica fosfogessi Isaf (52 ettari).
Per quanto riguarda il risanamento suoli, nel 2018 la società ha avviato gli interventi ambientali autorizzati con decreto nelle isole 2, 6, 9 Isaf e 17, privilegiando l’applicazione della tecnologia in situ “Multi-phase extraction” (Mpe), e la messa in sicurezza permanente prevista nell’isola 1. Nell’isola 10 è stata già completata la bonifica dei suoli insaturi. Sul fronte del decommissioning, Eni Rewind ha terminato la demolizione dell’impianto Acrilonitrile (isola 17) e avvierà il cantiere per quella dei capannoni e degli edifici presenti nell’isola 6, detta ex Agricoltura.
Per quanto concerne la falda, Eni Rewind si occupa delle attività di bonifica e monitoraggio delle acque previste dal progetto autorizzato. Infine, per le aree Isaf, Eni Rewind ha realizzato la messa in sicurezza dell’ex discarica fosfogessi e prosegue nel decommissioning con svuotamento e smantellamento dell’ex impianto acido fosforico, del decantatore e del parco serbatoi presso isola 9, uno dei cantieri di bonifica più complessi del sito, iniziato nel 2016.
Sullo stato dell'arte del procedimento di bonifica e risanamento ambientale, si possono pertanto schematizzare tre aree di intervento. Una è la falda del sito multisocietario ed il cui progetto definitivo approvato con decreto interministeriale nel 2004, è stato integrato da un paio di varianti successive, una nel 2014 ed una nel 2021. Una seconda area d’intervento riguarda l'isola 9 Isaf, interessata da un progetto operativo di bonifica dei suoli, autorizzato con decreto del Ministero dell'ambiente nell’ottobre del 2018. Una terza area si estende alle isole 1, 2, 6 e17, interessate da un progetto operativo di bonifica per i suoli insaturi, autorizzato con decreto del Ministero dell'ambiente nel novembre 2018.
Le autorizzazioni del 2018 sono il frutto di una procedura rivelatasi molto complessa perché vi rientrano anche gli interventi contemplati nel decreto legislativo 230/95 (modificato oggi dal d.lgs.101/2020, vale a dire il “Testo unico radioprotezione”, Tur) che disciplina la gestione dei materiali contenenti radionuclidi naturali, con autorizzazione in capo alla Prefettura del territorio. Per tutti gli impianti di trattamento delle acque di falda, reflue e dei percolati di discarica, infine, è stato rilasciato un provvedimento “Aia” dalla Regione siciliana.