Anche a Gela la curva del contagio da Covid 19 sembra scendere.
Ma la città resta in emergenza sanitaria con i suoi attuali 1400 contagiati in quarantena domiciliare, una ventina ricoverati in "malattie infettive" e mezza dozzina in "terapia intensiva". Numeri, questi, che portano a quasi 16 mila le persone che dall'inizio della pandemia hanno contratto il virus e a 124 i morti per Covid. Cifre sempre più allarmanti.
E se le file di pazienti in attesa di sottoporsi a tampone sono quasi scomparse attorno all'Hub del "PalaCossiga", non accennano a diminuire invece davanti a quelle otto farmacie (sulle 22 operanti a Gela) che hanno aderito all'accordo sottoscritto dal presidente della Regione, Nello Musumeci, e dai vertici di Federfarma Sicilia (l'Unione regionale dei farmacisti) per l'esecuzione di test sierologici e di tamponi antigenici rapidi.
Secondo tale protocollo (come riporta la circolare n.178 di Federfarma) "all’interno della farmacia deve essere previsto uno spazio dedicato per l’esecuzione dei test, separato dall’attività ordinaria di vendita, nonché deve essere garantita la necessaria privacy e riservatezza per gli utenti".
Ma non tutti i farmacisti si sarebbero attenuti a queste regole trasformando, di fatto, i propri locali da centri di diagnostica e assistenza a veri e propri focolai di contagio del Coronavirus.
Su due farmacie, in particolare, starebbero indagando gli organi sanitari di controllo dell'Asp e di categoria perché non sarebbe stata garantita finora la necessaria separazione tra chi si sottopone a tampone per sospetto virus e chi invece va a ritirare medicinali.
In una di queste due, in particolare, siamo stati testimoni oculari, lunedì sera 31 gennaio, di una allarmante promiscuità in quanto all'interno dello stesso locale c'erano almeno una decina di clienti: sei erano lì perché aspettavano di effettuare test e tamponi; i rimanenti 4 dovevano ritirare prodotti farmaceutici. Una situazione di estrema precarietà e di rischio che si trascina così da molte settimane. Tra chi probabilmente ha pagato l'esposizione al contagio c'è uno degli impiegati colpito da virus malgrado la doppia vaccinazione.
In un'altra farmacia, la separazione dei locali c'è ma per andare a pagare il ticket i pazienti che fanno il tampone si devono mettere in coda con chi è lì a ritirare farmaci.
In entrambi i casi i tempi d'attesa sono lunghi e pericolosi per la sospetta mescolanza assurda di gente sana e di gente malata, dato che, come ci conferma il farmacista Angelo Salafia, "l'incidenza media dei contagiati tra le persone che si sottopongono a tampone è stata del 15% con punte del 20% nella fase acuta della pandemia".
In questi giorni i flussi di clienti da "tamponare" sono aumentati perché le farmacie sono state autorizzate a certificare (sempre a pagamento) non solo la negatività o la positività al virus nella fase antecedente il periodo di quarantena ma anche l'avvenuta guarigione alla fine dell'auto-isolamento.
Dunque, tutti quelli che andavano prima all'Hub del PalaCossiga possono verificare il loro stato di salute facendo i tamponi in farmacia e alleggerendo i flussi enormi di pazienti che si recavano presso la struttura pubblica.
Il dott. Salafia è uno di quei professionisti più corretti, con tanto di piantina planimetrica, che hanno predisposto, come da accordo con la Regione, il centro diagnostico in un secondo locale, separato dal negozio, per registrare i pazienti che si prenotano, effettuare i test, comunicare all'Asp i risultati e riscuotere il pagamento della prestazione.
"Nessuno è venuto a fare controlli preventivi quando abbiamo iniziato a fare tamponi - ha precisato il titolare della farmacia "Eleusi". "Hanno però preteso giustamente che facessimo uno specifico corso di formazione anche online con un centro specializzato indicato da Asp e Federfarma e poi abbiamo avviato l'attività diagnostica anti Covid".
A chi spettava allora verificare se nella farmacia che aderiva alla esecuzione di test sierologici e tamponi antigenici rapidi venivano rispettati separazione, distanze e privacy? Lo abbiamo chiesto al dott. Giuseppe Santisi, segretario dell'Ordine dei farmacisti di Caltanissetta e titolare della farmacia Clementi di Gela.
«Ritengo che i controlli spettino all'autorità sanitaria provinciale, perché l'attività si avvia dietro benestare dell'Asp" – dice Santisi, che da convinto sostenitore dei vaccini, auspica un uso minimo indispensabile dei tamponi. Non so se questi controlli preventivi nelle farmacie interessate sono stati eseguiti – aggiunge – ma nulla può giustificare eventuali abusi né irregolarità».
Giriamo allora la domanda a uno dei dirigenti Asp del Nisseno che si occupano dell'attività anti Covid.
Il funzionario, pregandoci di garantirgli l'anonimato perché l'attività diagnostica non è di sua competenza, ci dice con fermezza che quelle farmacie a "rischio contagio" andrebbero fermate. «Devono sospendere l'attività di esecuzione di test sierologici e tamponi antigenici rapidi – afferma il professionista – fino a quando non rientrano nella fascia di rispetto dei canoni logistici, normativi e di sicurezza sanitaria». Ci tiene però a precisare che l'Asp nissena non ha alcun compito di controllo preventivo sulle farmacie che aderiscono al protocollo d'intesa Regione-Federfarma sui tamponi.
«Spetta all'organismo rappresentativo dei farmacisti – puntualizza – confrontarsi con i propri iscritti e verificare il rispetto dei protocolli». Fa intendere poi che un'indagine conoscitiva potrebbe essere avviata dall'Asp nei giorni a venire.
Avvertiamo tuttavia un certo scetticismo sia nella sue parole che in quelle del dott. Santisi. Nessuno dei due lo dice esplicitamente ma non ci vuole molto a capire che il problema è assai delicato e non tutti sono disposti a tirare fuori dalla pentola la patata bollente con le proprie mani. Troppi interessi ruotano, a vari livelli, attorno a tutto ciò che riguarda la lotta al Coronavirus e alle sue varianti.
Quello dei tamponi, poi, è stato un grosso business con molte zone d'ombra e truffe in varie parti d'Italia.
A Gela, per la verità, non sono emerse particolari circostanze illecite, se si esclude la speculazione iniziale sulla vendita delle mascherine. Le polemiche hanno riguardato soprattutto quelle farmacie che davano risultati contrastanti sullo stesso paziente e sui ritardi assurdi da parte dell'Asp di Caltanissetta nelle comunicazioni ai pazienti.
Ora sta venendo fuori un altro mezzo scandalo perché all'Asp di Caltanissetta non risulterebbero molti casi positivi riscontrati dalle farmacie. L'autorità sanitaria non riconoscerebbe quindi nemmeno l'avvenuto periodo di auto-quarantena e, pur con tampone negativo di guarigione, non attiverebbe la procedura per il rilascio del Green Pass indispensabile a svolgere qualsiasi attività sociale. Si cerca disperatamente una soluzione per superare questa assurda empasse.
Tra gli aspetti più inaccettabili di questo lungo periodo pandemico c'è da segnalare anche un episodio di incomprensibile intolleranza che ha visto protagonista proprio uno dei farmacisti autorizzati a effettuare i test diagnostici.
Il suo bersaglio: un giornalista che scattava foto alla lunga fila di pazienti in attesa sul marciapiede cui si affaccia il retrobottega della sua farmacia. Il cronista stava scattando le fotografie sulla strada, quindi in un luogo pubblico, quando l'operatore sanitario, interamente coperto da tuta bianca anti Covid si metteva a gridare e a gesticolare al suo indirizzo "ordinandogli" di smettere e di andare via. Per nulla intimorito, il giornalista ha continuato a scattare istantanee facendo notare che era un suo diritto trovandosi su una pubblica via.
L'uomo in tuta bianca passava allora alle minacce e cominciava ad istigare i pazienti contro il giornalista: «Signori – gridava – se quello lì non finisce di scattare fotografie io non vi faccio più il tampone»!. Una chiara incitazione alla violenza. Ci chiediamo: perché questo atteggiamento che induce a sollevare dubbi e sospetti? Cosa aveva da nascondere?
Il buon senso ha indotto il giornalista ad andare via. Ma le sue foto sono state pubblicate regolarmente su questo settimanale in un servizio di prima pagina dal titolo "Tamponi a Go-Gò".
Nessuna paura, dunque, nemmeno davanti alle minacce di un prepotente ma la consapevolezza e il coraggio di andare fino in fondo nella ricerca della verità per raccontarla ai lettori e alla comunità in cui viviamo.