Dopo 60 anni di devastazione ambientale causata a Gela dal polo petrolchimico dell'Eni, i nodi cominciano a venire al pettine e, seppure con fatica, tra mille cavilli giudiziari e scadenza dei termini di prescrizione dei reati, la pubblica accusa conclude le sue indagini e chiede di processare i presunti responsabili.
L'ultima inchiesta appena conclusa, in ordine di tempo, è quella riguardante la morte di un dipendente diretto dell'azienda petrolifera, un certo Salvatore Di Vara, originario di Mazzarino, deceduto il 12 ottobre del 2015 per una malattia professionale, il "mesotelioma sarcomatoide", ovvero un tumore ai polmoni causato dalle fibre di amianto, un minerale dichiarato fuorilegge nel 1992 perché cancerogeno.
La Procura di Gela, diretta da Ferdinando Asaro, ha chiesto al Gup il rinvio a giudizio di quattro ex dirigenti delle società Enichem Anic, Praoil aromatici e Raffinazione srl, succedutisi negli anni tra il 1974 e il 1996, per omicidio colposo in cooperazione colposa. Secondo l'accusa, gli indagati avrebbero causato la morte dell'operaio "per colpa consistita in negligenza ed imprudenza nonché inosservanza delle norme di prevenzione infortuni e malattie professionali".
A parere del pm, i vertici del petrolchimico non avrebbero provveduto a controllare, eliminare o a rendere innocuo l'amianto (notoriamente cancerogeno) presente in varie zone dello stabilimento. "Accertamenti tecnici eseguiti – ha spiegato il procuratore, Asaro – ci permettono di ipotizzare un collegamento di causa ed effetto tra il luogo di lavoro, la malattia e il decesso dell'operaio, anche se i fatti sono accaduti molti anni fa".
"Adesso la nostra tesi passa al vaglio del Gup. Non è il primo caso, ovviamente – puntualizza il magistrato – ci sono state richieste di archiviazione, sentenze di non luogo a procedere e rinvii a giudizio, come logico che sia nella dialettica giudiziaria".
L'inchiesta è stata avviata dalla Procura di Gela dopo la segnalazione dell'Inail sul decesso dell'operaio che aveva lavorato all'Enichem dal 1974 al 1996. Durante quel periodo, secondo l'accusa, l'uomo avrebbe "contratto la malattia professionale sul posto di lavoro entrando in contatto con amianto senza protezioni tipiche e idonee" a tutela della sua salute. I quattro imputati per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio, assieme alle aziende di appartenenza, sono ex dirigenti, oggi ultra 70enni in pensione, delle società dell'Eni per cui lavorava l'operaio ucciso dal tumore ai polmoni.
La moglie dell'operaio, che vive a Mazzarino, ha presentato una querela nel 2017 ed è considerata parte lesa nell'inchiesta.
Dal canto suo “Eni – si legge in un breve comunicato aziendale – prende atto del provvedimento della Procura della Repubblica presso il tribunale di Gela che ha come oggetto fatti riferiti al periodo 1974-1996, e confida di poter dimostrare in ambito processuale la correttezza del proprio operato”.
Anche l'Ona, l'Osservatorio nazionale amianto, è intervenuto nella vicenda con un proprio documento, a firma del presidente, avvocato Ezio Bonanni (nella foto qui accanto).
«L'Osservatorio nazionale amianto – si legge nella nota – fin dal 2010 ha messo in evidenza come ci fosse stato un rischio generalizzato per esposizione ad amianto nel petrolchimico di Gela". "Queste evidenze risultavano confermate dal dato biologico costituito da numerosi casi di malattie professionali tra i lavoratori, in particolare per i casi di mesotelioma".
"Per tali motivi – ha annunciato, Bonanni – l'Ona si costituirà parte civile nel procedimento penale per il quale la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio".
Salvatore Granvillano, coordinatore locale dell'Ona, è il riferimento per 700 lavoratori che hanno avuto contatto con l'amianto e chiedono tutela per la loro salute e per i loro diritti. "Fra le tante battaglie condotte in Sicilia – dice – c'è un importante protocollo sottoscritto nel 2011 con l'ex manager dell'Asp, Paolo Cantaro, e con l'assessorato regionale alla sanità per sottoporre a controllo di prevenzione anti mesotelioma una platea di circa tremila soggetti. Era stata prevista anche la copertura di spesa di un milione di euro. Ma da allora ad oggi, per tanti motivi giustificabili o impedimenti improvvisi come la pandemia da Covid-19, tutto è stato rinviato a tempo indeterminato".
Torna quindi prepotentemente alla ribalta il problema delle mancate bonifiche del territorio e un capillare screening epidemiologico sulla popolazione per accertare patologie collegabili all'inquinamento ambientale. Adulti e bambini. Non bisogna dimenticare, infatti, i troppi casi di malformazioni neonatali registrati nel comprensorio gelese.
Se il Casertano, in Campania, è stata la "terra dei fuochi", infatti, qui in Sicilia per oltre mezzo secolo Gela è stata "la terra, il mare e il cielo dei veleni".
La svolta green dell'industria petrolifera non cancellerà il danno irreversibile causato in certe zone a suolo e sottosuolo e alle falde acquifere fino al mare. I programmi di bonifica e di risanamento ci sono, mancano i fondi per finanziarli ma manca sopra tutto la volontà politica di chi deve aprire i "cordoni della borsa". Le battaglie che esponenti politici del comprensorio si intestardiscono a portare avanti animati da tanta passione e buona volontà diventa sempre più spesso una sorta di guerra contro i mulini a vento.
Una volta c'erano i partiti a guidare il Paese, nel bene e nel male. Gli impegni che si assumevano a livello periferico avevano il volto di chi se ne faceva carico e percorrevano canali, corsie ben chiare con riferimenti certi fino a Roma. Chi prometteva e non manteneva veniva penalizzato alle successive elezioni perché ben individuabile come forza politica.
Oggi, che la politica è affidata ai movimenti e alle liste civiche, a prevalente respiro localistico, tutto è più volubile, provvisorio, instabile, fumoso, vago, come i followers dei social nel web. Si vive alla giornata e secondo i sondaggi. Prometti, tocchi le corde giuste del momento e l'elettorato ti da' anche il 40% dei consensi. Ma sai già che non potrai realizzare quanto promesso perché i movimenti si sciolgono come neve al sole, gli impegni evaporano e tutto torna come prima, se non peggio di prima. E il Gattopardo sta a guardare.