Nella nostra città anche quest’anno si è celebrato il rituale dedicato alla donna.
Non per le strade e senza cortei carnevaleschi stavolta, senza maxi banane e senza i localini sexy dove spogliarellisti maschi con la tartaruga e in tanga mostrano natiche, alias culi sodi, egonfiori audaci davanti, dentro cui le amazzoni infilano la carta da 5 euro. No, stavolta il coviddi ha privato le povere donne, eternamente vittime, di questa crassa soddisfazione, delle porche risate, di questa rivincita annuale alla faccia di mariti e fidanzati cornuti.
Stavolta il luogo della celebrazione è stato istituzionale, morigerato e intellettuale. Donne laureate, compite, non casalinghe, donne arrivate, di quelle che mangiano caviale, non i pezzi della Brace a 1 euro. No, stavolta è stata l’istituzione al gran completo a piagnucolare sul destino infame che maschi rozzi e violenti vorrebbero riservare al gentil sesso. Ma non passeranno!
E giù con la solita solfa del “Siamo vittime, siamo sfruttate, siamo ancora poche nei posti che contano davvero, vogliamo, vogliamo, vogliamo etc. etc.”. Insomma, un’autocommiserazione mielosa e stantia, ipocrita e in mala fede a cui ha dato man forte anche qualche maschietto buonista e servile. Se non per convinzione, almeno per ruolo istituzionale.
Ma la verità sull’Otto Marzo, la smentita di quelle lamentale latranti e ululanti, tanto accorate quanto ipocrite ha luogo in altri contesti, nelle aule dei tribunali nei giorni dedicati alle separazioni dai mariti. Lì la donna non piange più, impone; non dà sfogo a lamenti singhiozzanti, ordina; non chiede, pretende.
E cosa impone, ordina e pretende dall’ormai ex marito? Semplice e chiaro.
1. I figli come proprietà privata che il marito non rivedrà mai più.
2. La casa di lui che deve essere assegnata a lei che ci deve abitare con i figli di lui.
3. Più della metà dello stipendio per mantenere lei e i figli che lei non gli farà mai più vedere.
E’ sempre la stessa donna? Parliamo sempre della stessa donna? Di quella che prima si faceva vittima e piagnucolava? Si, parliamo della stessa donna, solo che cambiando il contesto cambia anche la parte. Dal piano A, siamo passati al piano B. Le due parti sono complementari, nelle piazze piango miseria e sfruttamento, nelle aule di tribunale piglio tutto.
Ormai sono oltre 4 milioni i padri separati e divorziati che hanno fatto esperienza di questo trattamento non proprio gentile. Certo non sono carezze, non sono paroline dolci stavolta, sono pugni in faccia, sono coprolalie amare che il maschietto deve mandare giù.
E lo farà per il resto della vita, mentre l’altra se ne sta a casa sua con i suoi figli ed il suo stipendio. E magari all’occasione si porta anche qualche maschietto, nella casa di lui, per soddisfare le esigenze fisiologiche a cui la porca Natura ci ha condannati. Poveretta, è umana, deve pur vivere, lei. E La vita continua.
Ma a fronte di 4 milioni di maschietti che rassegnati subiscono e dormono sotto i ponti o che se fortunati tornano dalle mammine dispiaciute per il destino del figlio distrutto dalla nuora puttana (“a buttana i ma nora si mangiau a ma figghiu”), ci sono purtroppo un centinaio di maschietti che, o disperati o malati di mente o alcolizzati o tossici o ritardati etc. etc. perdono l’autocontrollo e le uccidono.
Sebbene l’incidenza statistica sia dello 0,000 etc. etc., la ridondanza mediatica del fenomeno increscioso, che comunque non dovrebbe mai capitare, è enorme e, strumentalizzata ad arte, porta altra acqua al mulino delle donne e delle ex mogli.
Così l’epoca del maschio virile e dominante è definitivamente al tramonto soppiantata da donne altrettanto virili e dominanti, tendenzialmente single e senza figli, forse più virili e dominanti dei maschi di qualche generazione fa.
Lo vuole il Sistema, perché la donna moderna ormai, atea e in carriera, narcisista e dinamica è più idonea del maschio a fare girare il mercato del post-capitalismo liquido e global.