Un giorno Pupi Avati, durante una pausa set, disse quanto lo avesse reso felice lavorare con Ugo Tognazzi(nella foto).
Infatti, nel 1975 l’attore accettò di girare il suo film La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone, e il cineasta bolognese era incredulo di essere riuscito nell'impresa di potere dirigerlo, in un momento in cui le quotazioni di Ugo erano al massimo, ed egli era conteso da tutti i più importanti registi.
Tognazzi fu un protagonista assoluto della Commedia all’Italiana insieme a Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Marcello Mastroianni e Monica Vitti.
Nato a Cremona il 23 marzo 1922, dopo avere svolto diversi lavori (anche quello di ragioniere nella ditta di salumi del padre) era stato scritturato a Milano nella compagnia di Wanda Osiris; inizio di una carriera piena di successi e riconoscimenti.
Non a caso Tognazzi è stato un assoluto “signore della scena”, e non solo in cinema. Come non ricordare la sua esperienza televisiva con Raimondo Vianello, che li vide insieme dal 1954 al 1959 nel fortunato (e censuratissimo) programma Uno, due e tre. Due geni della comicità che, incontratisi, diedero vita ad una delle coppie più importanti della storia della nostra televisione.
In cinema Tognazzi dimostrò di essere un attore completo, grande come comico, ma anche sorprendente in ruoli drammatici (citiamo qui per tutti La tragedia di un uomo ridicolo di Bernardo Bertolucci che nel 1981 gli valse la Palma d'oro a Cannes). Dicevamo quanto egli sia stato un importante protagonista della Commedia all’Italiana, raggiungendo soprattutto in coppia con Gassman vertici interpretativi di assoluto livello in film come La presa di Roma (1962), I mostri (1963), o ancora nello straordinario In nome del popolo italiano (1971), tutti diretti da Dino Risi. Anche sceneggiatore e regista, gli ultimi film di Tognazzi come autore furono Cattivi pensieri (1976) insieme a Edwige Fenech, e I viaggiatori della sera (1979) dove volle accanto a sé una seducentissima Ornella Vanoni.
Ma quelli sono gli anni in cui accettò pure di interpretare personaggi sempre più provocatori in pellicole come Il vizietto (1978) di Eduard Molinaro e Il petomane (1983) di Pasquale Festa Campanile, dove il suo istrionismo appare incontenibile.
Amante della vita in tutte le sue sfaccettature (ebbe tre mogli e quattro figli), Tognazzi fu un cuoco provetto. Per anni organizzò un torneo di tennis con i suoi amici attori, pretesto per bandire delle tavolate dove lui da buon padrone di casa “abbuffava” i suoi ospiti (un po’ come nel bellissimo film La grande abbuffata (1973) di Marco Ferreri, di cui egli fu protagonista insieme ad altri mostri sacri come Marcello Mastroianni, Michel Piccoli e Philippe Noiret), i quali ambivano a partecipare a quel torneo, non tanto per vincerlo (egli ironizzava sul fatto che vincesse sempre Gassman), ma proprio per gustare la sua straordinaria cucina.
Osannato dal pubblico e dalla critica, amatissimo in Francia, fra il 1975 e il 1982 Tognazzi fu uno dei protagonisti della trilogia Amici miei, dove poté mettere in evidenza una volta di più tutto il suo inarrivabile talento comico. Ma negli anni Ottanta si dedicò pure al teatro, dove portò in scena Sei personaggi in cerca d'autore (1986) di Pirandello e L' avaro (1988) di Molière. Negli ultimi anni, lui maestro della risata e spirito goliardico come pochi, si ammalò di depressione.
Morì a Roma per emorragia cerebrale, a 68 anni, il 27 ottobre 1990.
Vent'anni dopo la scomparsa la figlia Maria Sole girò il documentario Ritratto di mio padre, mentre per il centenario della nascita il figlio Ricky gli dedicò La voglia matta di vivere.
Nel 1977, incontrai Tognazzi a Roma, al teatro Tenda di Piazza Mancini, mentre in prima fila assisteva allo spettacolo Gassman, 7 giorni all’asta. Le chiesi un autografo, che mi rilasciò volentieri dopo avermi chiesto con quel suo inconfondibile accento “cremonese” come mi chiamassi.
Conservo oggi nella mia “scatola dei ricordi”, con grande nostalgia per quel tempo andato, il foglietto su cui siglò la sua preziosa firma.