Scusate, ma non ci capisco più nulla: chi ha vinto le elezioni? Partiamo dal Parlamento, dove il primo partito, il più votato, è stato il Cinquestelle.
Sì, vabbè, però la coalizione che è arrivata prima è quella di centrodestra. Da qui, complice una legge elettorale becera e incostituzionale per la quale i “geniacci” che l’hanno partorita meriterebbero l’ergastolo, tutta la confusione ed i veti incrociati che rendono difficile la composizione di un governo, con i più attenti politologi che brancolano nel buio e non si sbilanciano.
E’ un problema di maggioranza, una dote che nessuno ha ricevuto dagli elettori e che blocca tutto. C’è un problema di maggioranza anche in Sicilia, dove ha vinto il centrodestra di Musumeci ma la maggioranza è risicata e anche ballerina: bastano un paio di assenti e qualche interessato contestatore che il governo regionale si ritrova battuto.
Ma l’apice lo raggiungiamo a Gela, dove il sindaco Messinese, fino al 2015 perfetto sconosciuto, votato dai gelesi solo per punire le malefatte politiche del Partito Democratico, non ha mai avuto una maggioranza, e continua a barcamenarsi in un mosaico di proposte ed offerte a singoli consiglieri. Finora c’è riuscito, grazie anche al desiderio dei consiglieri di non perdere l’amata poltroncina, ma è sempre in bilico.
Ogni legge elettorale che si rispetti dovrebbe quindi garantire a chi vince un premio di maggioranza che lo metta nelle migliori condizioni di governare o amministrare. Purtroppo non è così, gli effetti si vedono a tutti i livelli e chi ne paga le spese sono, come sempre, i cittadini.
Perché se non si fa in fretta il nuovo governo non ci sarà la possibilità, come promesso da Di Maio, di assegnare il reddito di cittadinanza di 780 euro al mese a centinaia di migliaia di disoccupati. Se dovesse cadere il governo regionale non si capisce da dove dovrebbero arrivare i soldi per l’Accordo di programma di Gela. Se dovesse cadere l’amministrazione comunale verrebbero a cadere tutte le iniziative annunciate (e non ancora realizzate): che disastro!
Mentre i protagonisti della politica locale si divertono con le “geometrie variabili”, la città tocca il primato dell’emigrazione. Sono emigrati, in buona parte, gli operai dell’indotto, in cerca di fortuna in altre regioni; sono emigrati anche quelli del diretto, trasferiti da mamma Eni in altri siti.
Emigrano i nostri giovani in cerca di lavoro, ed emigrano per studiare i nostri universitari, che una volta laureati difficilmente torneranno in città. Emigrano anche commercianti e artigiani che chiudono negozi e botteghe massacrati dai cali di lavoro.Ultima novità, emigrano da Gela, per spostarsi a Licata, anche le motovedette della Capitaneria di Porto, grazie all’incapacità e alla lentezza della burocrazia regionale che persiste nel lasciare insabbiato ed inutilizzabile il Porto Rifugio.
Mi viene da ridere amaramente quando, agli ingressi di Gela, vedo i cartelli con scritto “Gela, città video sorvegliata”. Ma quando? Ma chi la sorveglia? E come? Non scherziamo, per favore. Meglio un cartello con scritto “Gela, città del cazzeggio e dell’emigrazione”.