Chiamatelo test, o come volete: ricognizione, bilancio, stato dell’arte, misura della sensibilità municipale.
E’ una maniera per conoscere come funziona la municipalità a Gela. Il Corriere di Gela si è occupato dello scempio subito da un antico e glorioso pezzo della città, il Convitto Pignatelli, la vecchia sede del Liceo Classico Eschilo, ristrutturato dalla Regione siciliana.
Lo ha fatto perché non ha sopportato lo stato di abbandono dell’edificio, tappezzato di carte funebri e tabellone plastificato, una gigantografia che si è assunta l’onere di far sapere chi usa il palazzo e con quali nobili scopi (tema questione che andrebbe considerato con maggiore attenzione dai “prestatori”), ed il suo uso informale come reception di un supermercato open air, destinato alla vendita di frutta e verdura sul marciapiede e a ridosso del Convitto grazie ad un ancoraggio semovente, parcheggiato in pianta stabile.
Il supermercato occupa metà della carreggiata e si collega virtualmente al marciapiede frontale, dove sono in bella vista i prodotti a beneficio di coloro che amano sbirciare all’interno di un luogo chiuso, servendosi magari di un posteggio volante per le loro autovetture.
La struttura supportata dal Convitto Pignatelli è il frutto di una autentica genialata del supermercatista di ortofrutta, che esercita di fatto, anche l’attività di venditore ambulante. Ma non fatevi irretire dai termini.
L’ambulante a Gela è stanziale, come ogni ambulante: non si muove da lungo tempo dal luogo che si è autoassegnato per svolgere la sua attività. La legittimità del posizionamento permanente e della sua evoluzione in supermercato all’aperto è legittimato dal diritto riconosciuto a molti di fare quello che si vuole, e sugellato dalla permanenza non confutata dall’autorità cittadina.
Non sorprendiamoci più di tanto, anche la legge si piega allo stato di fatto, quando il possesso del bene non viene esercitato da chi ne avrebbe la qualità di farlo o quando prevale la consuetudine. Nel primo caso si esercita l’usucapione, nel secondo l’usumarpione, neologismo che non si trova nel codice civile, ma presente nella vita reale con allarmante frequenza.
Quanti per mestiere dovrebbero intervenire alfine di impedire l’esercizio dell’usumarpione per ragioni che non sono note e possiamo solo sospettare, senza averne volontà e, forse consapevolezza, ed essere tecnicamente responsabili dello spossessamento di beni pubblici, subiscono loro malgrado l’ignominia dell’accusa di complicità.
Anche il supermercatista geniale, in verità, subisce un’accusa di fatto ingiusta, dato che, come si dice in gergo, così fan tutti, e quindi perché gli occhi dovrebbero essere puntati su uno o più individui che si assoggettano all’usumarpionaggine, divenuta consuetudine acclarata ed accettata. Insomma i presunti colpevoli, capovolgendo l’ordine delle cose, potrebbero essere presunti innocenti ed avere così diritto ad essere giudicati con indulgenza.
La trasgressione della legge, talvolta grave, rimane fuori dalle aule giudiziarie quando si affibbia alla società malsana le cause di essa. Le responsabilità sono individuali quando si commette un reato. In più c’è una giustificazione che pretende indulgenza: vivendo con i furbi si deve essere furbi, altrimenti non si vive.
E la trasgressione si autoassolve se la consuetudine è tanto pervasiva da non lasciare fuori che poche anime belle, assediate unicamente da sensi di colpa inspiegabili o da un bisogno coatto al rispetto della lettera della legge, che diviene pedanteria, ossessione compulsiva.
Il fatto che non si muova foglia laddove si dovrebbe disboscare, legittimando il comportamento dei marpioni, non è questione da derimere tranciando giudizi di responsabilità. Per intanto, ci piace prendere atto del fatto che la stanzialità, come sinonimo di rifiuto a muoversi, non è una caratteristica esclusiva del venditore ambulante. Venditori ambulanti e sorveglianti, ovunque svolgano le loro funzioni, hanno in comune l’immobilità.
Stare dietro la scrivania senza dare uno sguardo all’esterno per sapere come stanno le cose, alla lunga instaura un processo irreversibile; non si torna indietro, le abitudini e i caratteri acquisiti non possono essere dismessi dall’oggi al domani. Ed anche se così non fosse, c’è una priorità alla quale non si deroga: mettere a posto le carte, che equivale virtualmente alla necessità di sistemare frutta e verdura sul marciapiede giusto.
I vigilanti coscienziosi hanno un compito assai gravoso da espletare, un compito che a cuor leggero si tende a omettere: far sì che i comportamenti e le decisioni, a prescindere dallo stato dell’arte, siano rispettose di leggi e regolamenti.
Chi si chiede come sia possibile rendere compatibili l’abuso e l’illegalità con la legittimità degli atti, pecca d’ignoranza: stare dietro ad una scrivania insegna a legittimare diligentemente omissioni e trasgressioni. L’usumarpione così contare su una interfaccia preziosa; se così non fosse, non esisterebbe.
Gela è una repubblica fondata sull’usumarpione? Nemmeno per sogno. Dipende dalla prospettiva. Se attraversi Via Venezia e guardi la carreggiata, ristretta da un uso generoso e privato del bene pubblico, potresti sospettarlo, questo non ti autorizzerebbe a fare di tutta l’erba un fascio. La tentazione di chiederselo però, questo sì, non scandalizzerebbe.