Breve cronaca della pagina tra le più nere della politica gelese

Breve cronaca della pagina tra le più nere della politica gelese

La seduta sulla mozione di sfiducia, dopo la conta dei 23 presenti ed il minuto di silenzio commemorativo dedicato a Silvio Berlusconi, inizia di fatto con il consigliere comunale ed assessore “Udc”, Totò Incardona, che chiede un ulteriore rinvio, fino al 28 giugno, giusto per permettere la surroga in “Fdi” del dimissionario consigliere Giuseppe Caruso, con il consigliere subentrante, Ignazio Raniolo.

Ai voti, con 15 contrari e 8 favorevoli, la proposta non passa. 

A rompere gli indugi e tendere una mano, anzi una vera e propria scialuppa di salvataggio al comandante che stava affondando con tutta la nave, ci ha pensato il capogruppo di “Una buon idea”: «considerato che non è riuscito a portare un atto finanziario in consiglio comunale – ha affermato Davide Sincero – si dimetta sindaco, per evitare che la sfiduciamo».

A ruota i consiglieri di “M5s”, “Pd” e “Rinnova”, rispettivamente Virginia Farruggia, Gaetano Orlando e Alessandra Ascia, esprimono la loro contrarietà e delusione perché «il sindaco non si è ancora dimesso e non intende fare il passo indietro». Il centrodestra, invece, si limita all’intervento del capogruppo di “Fratelli d’Italia”, Vincenzo Casciana, per accorciare il dibattito ed andare subito al voto per appello nominale. 

Intanto si rincorrono le voci contrastanti nei corridoi di palazzo di città sulla decisione del sindaco: «ha appena firmato», «non vuole più firmare», «ma quando ci vuole per scrivere una lettera di dimissioni», «le ha scritte ma ne ha strappate già due», «la stanno protocollando», ecc. Contestualmente, l’intervento fiume di oltre 15 minuti del consigliere indipendente pro Greco, Luigi Di Dio, è come il tiki taka, un ossessivo possesso palla, pur di nasconderla agli avversari.

Nella melina dal sapore calcistico di chi gioca col tempo, più che con l’avversario, la segretaria che si assenta assomiglia ad un salvataggio sulla linea di porta. Con i microfoni che si silenziano e lo streaming che salta, si rifugiano in calcio d’angolo per poi spazzare la difesa. Non sono mancate le urla, le proteste, le accuse del centrodestra al presidente Totò Sammito, reo di permettere una tale «pagliacciata», così l’hanno definita, ripetendola a voce alta. Ma nessun rigore concesso: per il centrodestra, arbitro ed avversario vestono la stessa divisa.

Con toni poco edificanti, il capogruppo di “Un’altra Gela”, Giuseppe Morselli (nella foto) non le manda a dire «a questo centrodestra con cui non vorremo più avere a che fare». Dai banchi opposti, replicano per le rime. La partita più brutta nella storia repubblicana di questa città, si chiude con l’ingresso in aula di un foglio di carta. 

Lo consegna l’assessore Ivan Liardi al Presidente Sammito che legge al microfono: «il sindaco rassegna le dimissioni». Ai 6 consiglieri “responsabili” che hanno espressamente invitato il sindaco a dimettersi per non sfiduciarlo, già solo questo è bastato per uscire dall’aula e fare venir meno il quorum dei 15 voti favorevoli.

Non hanno manco minimamente dubitato e controllato se il foglio potesse anche essere in bianco. Era già tutto deciso, con un accordo sottobanco che avrebbe fatto arrossire persino i più temerari protagonisti della “prima Repubblica”. Pro forma, all’appello nominale si contano 9 voti favorevoli ed 8 contrari. Il Sindaco “giusto” è salvo.