Si è appena spento l'eco delle Regionali di novembre in Sicilia e già tornano le fibrillazioni da campagna elettorale per le ormai imminenti consultazioni Politiche. I tempi sono strettissimi, con movimenti e partiti in pieno fermento.
Si voterà domenica 4 marzo per il rinnovo di Camera e Senato, sciolti da Mattarella salutando il 2017. Pertanto, il termine ultimo per la presentazione dei simboli è il 21 gennaio, mentre quello per la presentazione delle liste e, quindi, delle candidature collegio per collegio, ricade il 31 gennaio.
Insomma, sono rimaste meno di tre settimane di tempo per decidere come e con chi giocarsi la partita alle urne, dovendo fare i conti con un voto d'opinione che potrebbe rivelarsi determinante nei collegi uninominali e, conseguentemente, nel numero dei seggi che può fare pendere la bilancia a favore dell'uno o dell'altro, anche in ottica di quel 40% che significa premio di maggioranza.
Troverà la sua prima applicazione il cosiddetto “Rosatellum bis”, vale a dire il nuovo sistema elettorale introdotto ex lege (n. 165/2017). Si stratta di un sistema elettorale misto, in minor parte maggioritario ed in maggior parte proporzionale. Più precisamente, sono previsti 348 collegi uninominali (in cui si applica il maggioritario) di cui 232 alla Camera dei Deputati e 116 al Senato, a cui si affiancano 579 collegi plurinominali (in cui si applica il proporzionale mediante liste corte bloccate con alternanza di genere) di cui 386 alla Camera e 193 al Senato.
A questi vanno aggiunti 18 seggi assegnati attraverso il voto dei cittadini all'estero, di cui 12 alla Camera e 6 al Senato. Pertanto, il 37% dei parlamentari verrà eletto col maggioritario ed il 63% col proporzionale. Le liste che nel proporzionale possono partecipare all'attribuzione dei seggi devono superare la soglia di sbarramento del 3% su base nazionale (alla Camera come al Senato) sia nel caso di una lista che corre da sola, sia nel caso in cui si allea con altre presentandosi in coalizione.
Per le coalizioni, la soglia di sbarramento fissata è del 10% ma anche se una coalizione rimane sotto la soglia del 10%, la lista al cui interno che ha superato il 3% partecipa comunque al riparto (proporzionale, per l'appunto) dei seggi. Quindi, obiettivo minimo comune ad ogni lista, in tutti i casi, è il 3%. E se per comodità parliamo di coalizione (che presuppone quantomeno una piattaforma programmatica condivisa), sarebbe più corretto parlare di cartello o di semplice apparentamento (frutto di mere alleanze numerico/elettorali).
Ma l'aspetto più saliente del nuovo sistema elettorale si concretizza in sede di espressione del voto. L'elettore si troverà di fronte due schede: una per l'elezione alla Camera ed una per l'elezione al Senato. Due schede praticamente identiche. Il collegio di riferimento è quello uninominale in cui si vota, a cui è associato un collegio plurinominale (che rappresenta l'unione di più collegi uninominali). In Sicilia ad esempio, per la Camera rimangono due le circoscrizioni (leggasi “Prima Repubblica”): Sicilia occidentale e Sicilia orientale. In una (occidentale) verranno assegnati in tutto 25 seggi, di cui 9 sulla base di altrettanti collegi uninominali (maggioritario) e 16 seggi sulla base di 3 collegi plurinominali (proporzionale). Nell'altra (orientale) verranno assegnati in tutto 27 seggi, di cui 10 sulla base di altrettanti collegi uninominali (maggioritario) e 17 sulla base di 3 collegi plurinominali (proporzionale). Per il Senato in Sicilia la circoscrizione è unica e vedrà assegnati 25 seggi, di cui 9 sulla base di altrettanti collegi uninominali (maggioritario) e 16 sulla base di 3 collegi plurinominali (proporzionale).
L'elettore gelese, dunque, si troverà di fronte due schede che avranno come riferimento il collegio uninominale di Gela, che alla Camera coincide con quasi l'intero libero consorzio nisseno (eccetto Niscemi e Resuttano) ed al Senato coincide sostanzialmente con i territori dei liberi consorzi di Caltanissetta ed Enna (con lievi eccezioni). Per la Camera dei deputati, il collegio uninominale di Gela è associato ai collegi uninominali di Mazara del Vallo ed Agrigento: l'unione di questi collegi uninominali costituisce, cioè, il collegio plurinominale che nel proporzionale vedrà assegnati 6 seggi. Ne deriva che le liste bloccate conterranno al massimo 6 nominativi (con alternanza di genere). Il discorso non cambia, anche se si allarga territorialmente, per il Senato dove il collegio di Gela è associato ad altri collegi uninominali per un mega-collegio plurinominale che attraversa l'intera isola (da Mazara fino a Messina) toccando tutti i mari che bagnano la Sicilia. tale collegio vedrà assegnati 5 seggi al proporzionale. Parimenti, ne deriva che le liste bloccate conterranno al massimo 5 nominativi (con alternanza di genere).
Il discorso è meno complicato di quanto sembra. Poniamo l'esempio più semplice, ossia quello di una lista che corre da sola come il M5S. Nel caso del collegio gelese, tanto alla Camera quanto al Senato, i grillini dovranno indicare il candidato al collegio uninominale che comparirà nella scheda nonché, sotto il nome e cognome del candidato, il simbolo dei pentastellati con al fianco stampati anche i nominativi dei candidati (6 alla Camera, 5 al Senato) che compongono la lista bloccata al collegio plurinominale. Più in generale, alle urne l'elettore gelese si troverà di fronte due schede in cui ci sarà un candidato all'uninominale, con tanto di nome e cognome, sotto il quale ci sarà il simbolo della lista affiancato dai candidati al plurinominale se la lista corre da sola, ovvero in caso di coalizioni (che devono essere omogenee per tutto il territorio nazionale), tanti simboli quante sono le liste apparentate, con i rispettivi candidati affiancati ad ogni simbolo (di ogni lista).
Orbene, l'elettore è chiamato a barrare il candidato (che concorre all'uninominale) ed il simbolo della lista (che concorre al plurinominale). Qualora l'elettore dovesse sbarrare solo il simbolo (proporzionale), il suo voto va comunque esteso al candidato collegato (uninominale). Viceversa, qualora l'elettore dovesse sbarrare solo il candidato, il voto va comunque esteso alla lista che corre da sola, ovvero alle liste apparentate in coalizione. In quest'ultimo caso se ad esempio la coalizione è composta da tre liste e la lista A ha ottenuto nel collegio il 50% dei voti complessivi della coalizione, la lista B il 30% e la lista C il 20%, di ogni 10 voti espressi sbarrando solo il candidato, 5 vengono assegnati alla lista A, 3 alla lista B, 2 alla lista C. Essendo vietato il cosiddetto “voto disgiunto” (cioè il voto ad un candidato ed il voto ad una lista non collegata a quel candidato) nel limitare la piena e libera manifestazione del voto d'opinione, invero non lo si elimina “sic et simpliciter”, ma lo si restringe opportunisticamente, influenzandolo, o meglio indirizzandolo alla lista o alla coalizione collegata al candidato del collegio uninominale.
In conclusione, la scelta di candidare al collegio uninominale una personalità che faccia presa sull'opinione pubblica risponde a più esigenze. La prima è quella di un porre un argine al dilagante astensionismo che è rimasto del resto più contenuto nell'ultimo ventennio proprio in occasione delle politiche: rispetto ad altri appuntamenti elettorali, in altri termini, dati alla mano ci dicono che l'italiano è parso più propenso a recarsi alle urne quando si è trattato di eleggere il parlamento nazionale, piuttosto che il consiglio comunale o il sindaco, men che meno il Presidente di regione o l'europarlamentare. In secondo luogo, non va sottovalutata la natura stessa del collegio uninominale: vince uno solo, cioè chi prende più voti (anche se in maggioranza relativa, pur senza arrivare alla maggioranza assoluta del collegio), ma chi vince ha il seggio assicurato quand'anche la lista collegata non dovesse oltrepassare il 3% su base nazionale.
Infine, dal combinato della scheda si evince pacificamente che se il “voto strutturato” si esprime al meglio nel voto alla lista (ed al simbolo) che concorre al plurinominale, il candidato collegato all'uninominale che apre una breccia nel voto d'opinione, trasversalmente, rappresenterebbe un palese plus valore rispetto al voto di appartenenza d'area o clientelare, un valore aggiunto suscettibile di rivelarsi, in una situazione di equilibrio, addirittura decisivo.