Spartita la torta delle candidature alle presidenze regionali (Sicilia a Forza Italia, Lazio a Fratelli d'Italia e Lombardia alla Lega), Giorgia Meloni ha nei fatti vinto la partita interna con un secco due a zero, ottenendo in primo luogo che in caso di vittoria del centrodestra, il presidente del consiglio designato sarà il leader del partito che ha ottenuto più voti nella coalizione ed, in secondo luogo, facendo valere tutto il peso del suo partito nella selezione delle candidature della coalizione ai collegi uninominali. In Sicilia, ad esempio, i candidati del centrodestra saranno indicati da Fratelli d'Italia in ben 9 (cioè la metà) dei 18 collegi uninominali complessivi (Camera e Senato), contro i 5 di Forza Italia, i 3 di Lega ed 1 di Noi con l'Italia.
Tra Roma e Palermo trapela la notizia che il collegio di Gela alla Camera toccherebbe a Fdi e quello al Senato a Fi con candidato Michele Mancuso (di Milena). Ci giungono però indiscrezioni che Mancuso sia candidato invece al collegio di Gela alla Camera, dove troverebbe a sfidarlo il gelese Emanuele Maganuco (Azione-Iv).
Se il centrodestra è riuscito a trovare la quadra, lo stesso non può dirsi per i suoi avversari. Un tentativo per "non far vincere le destre", nel poco tempo a disposizione Letta timidamente lo ha fatto, ma a prevalere sono stati veti e divisioni. Gestita la fronda interna che ha preteso la rottura dell'alleanza con il Movimento cinque stelle ritenuto colpevole di aver creato le condizioni per la caduta di Draghi, il segretario del Pd ha allargato il campo ai centristi di + Europa (Bonino) e Azione (Calenda) con cui aveva chiuso un accordo politico su alcuni punti chiave programmatici, oltre che elettorale sui collegi uninominali (70% dem, 30% centristi).
Un accordo durato un giorno perchè nel momento in cui Letta ha chiuso accordi elettorali con la Sinistra italiana di Fratoianni ed “Impegno civico” di Tabacci e Di Maio, Calenda ha subito fatto retromarcia, unendosi invece ad “Italia viva” di Renzi che ne ha riconosciuto la leadership come recita il simbolo/contrassegno depositato al Viminale.
E non sono mancate le polemiche anche sulla scelta dei candidati. Nel Partito democratico, illustri uscenti rimasti esclusi hanno parlato di vendetta del segretario, dopo che la direzione nazionale ha approvato le liste. In Sicilia, nessun gelese coinvolto. Seggio blindato da capolista al plurinominale, invece, per Giuseppe Provenzano (di Milena) vicesegretario dem in carica.
Polemiche anche in casa pentastellata per il listino personale di Conte alle Parlamentarie ma che, però, a dispetto delle critiche e dubbi, è stato suffragato dalla quasi totalità della base grillina. In corsa con le autocandidature, tre gelesi. Il senatore uscente Pietro Lorefice e la deputata regionale uscente Ketty Damante, ci provano per un posto al plurinominale per il Senato, mentre l’ex consigliere comunale Angelo Amato punta al plurinominale per la Camera. In questi giorni saranno resi noti i risultati.