All'indomani del voto alle amministrative nell'isola, i partiti tirano già le somme in vista delle regionali d'autunno.
Riflettori puntati in particolare sulle due città metropolitane di Palermo e Messina. In gioco c'erano più partite. Da un lato, quella nel centrodestra, tra i fautori del Musumeci bis ed i contrari. Dall’altro, nel centrosinistra, tra quelli che difendono l'asse giallorosso tanto caro a Roma e quelli che spingono ad un "campo largo" progressista con apertura ai moderati, ma senza i pentastellati. Anche al centro, invero, c'era una gara a chi mostrava più i muscoli, senza dimenticare la partita da battitore libero di "Scateno" De Luca.
A Palermo ha vinto al primo turno Roberto Lagalla che con il 47,5% addirittura prende 7 punti percentuali meno della sua coalizione, il centrodestra unito, che vince a mani basse e conquista anche il premio di maggioranza (24 seggi su 40). Bene "Forza Italia" (7 seggi) che funge da "argine interno" alla scalata di "Fratelli d'Italia" (6 seggi).
Esulta Gianfranco Micciché che ha avuto ragione nel reclutare l'esponente di "Sicilia Futura", Edy Tamaio, rivelatosi con il suo gruppetto (4 eletti) il vero e proprio trascinatore della lista. Sorprendente affermazione della lista "Lavoriamo per Palermo" (5 seggi), con dentro i fedelissimi del neo sindaco (1 eletto), il supporto dell'assessore regionale Totò Cordaro e, soprattutto, i renziani di Faraone (4 eletti). Ma a sorridere è anche il redivivo Totò Cuffaro che vince la sua personale scommessa anche nel capoluogo regionale con la nuova Dc (3 seggi).
Ridimensionata la lega di Salvini anche se col simbolo "Prima l'Italia" per il rotto della cuffia riesce a superare lo sbarramento ed entrare in consiglio comunale (3 seggi). Male l'Udc che rimane fuori dal civico consesso, ma ad uscire davvero con le ossa rotte è Saverio Romano la cui lista di riferimento non arriva manco all'1%. Nel centrosinistra il Pd (5 seggi) c’è, la sinistra no. I dem sono, d'un soffio rispetto ai forzisti, il primo partito in città. Al di sotto delle aspettative, il Movimento 5 Stelle (3 seggi) che comunque entra in consiglio così come la "Lista Miceli" (3 seggi).
Al candidato della coalizione, Franco Miceli, tocca il seggio quale miglior perdente nella corsa a "Palazzo delle Aquile", precedendo l'outsider della vigilia, Fabrizio Ferrandelli, autore di un'ottima affermazione personale, al di sopra del contributo dato dalla sua coalizione, in cui l'unica lista che accede al consiglio comunale è "+Europa-Azione" (4 seggi) nella quale lo stesso Ferrandelli faceva da ariete capolista, guadagnandosi l'elezione a "Sala delle Lapidi".
Tutt'altro discorso a Messina dove Cateno De Luca impone il suo successore a sindaco, Federico Basile, al di fuori dei due poli. Dopo Accorinti e De Luca, Basile è il terzo sindaco di fila nella città dello stretto non espresso dai partiti, con l’unica e sola eccezione di "Prima l'Italia", in virtù dell’intuizione del salviniano messinese Nino Germanà, che ha voluto sganciarsi dal centrodestra ed appoggiare Basile, neo sindaco al primo turno grazie al 45,5% dei consensi. Quasi doppiati gli avversari principali, il candidato del centrodestra, Maurizio Croce ed il candidato del centrosinistra, Franco De Domenico.
I leghisti superano di poco lo sbarramento mentre le due liste di De Luca ("Siciliavera" e "Con De Luca") sfondano in attesa di sapere dalla verifica dei voti in prefettura se otterranno il premio di maggioranza. Nel centrodestra la prima lista è "Ora Sicilia", davanti a "Fdi" che cresce ovunque, mentre "Fi" che tiene botta a stento. Sotto lo sbarramento del 5% i centristi. Nel centrosinistra, la prima lista è quella civica del candidato a sindaco, davanti al "Pd" che entra in consiglio comunale, dove restano fuori invece i pentastellati, annegati sotto la soglia di sbarramento.
Diventa verosimile, pertanto, che il primo a muoversi sarà il battitore libero De Luca che abbozzerà una corsa solitaria verso Palazzo d'Orleans, salvo raccogliere nei mesi successivi chi vorrà sposare il suo progetto, guardando in particole ai moderati di centrodestra, cioè centristi, leghisti e forzisti capeggiati da Micciché, assolutamente contrari ad un Musumeci bis e che vogliono soprattutto isolare l'ascesa dirompente del partito della Meloni. Occhio agli autonomisti di Lombardo che confermano i loro uomini nel catanese e nell’ennese e vogliono pesare nella trattativa.
In secondo luogo, quella di De Luca potrebbe davvero rivelarsi una corsa sostanzialmente solitaria, a quel punto con l'obiettivo di incassare quella dose di consensi che i sondaggi da mesi gli attribuiscono e fare da ago della bilancia all’Ars, qualora il centrodestra riuscisse a compattarsi sul modello Lagalla. A nostro avviso, l'unico che può riuscire in questo compito è proprio il meloniano Raffaele Stancanelli.
L'unico che può garantire Musumeci nel chiedergli di fare un passo indietro, l'unico che non ha mai interrotto il dialogo con il leghista Nino Minardo e con il forzista Gianfranco Micciché, l'unico esponente della destra siciliana a cui i centristi riconoscono capacità dialettica e moderata nel confronto. Infine, nel centrosinistra il Pd confermerà l'asse giallorosso e l'alleanza con i grillini, provando a convincere Calenda e Bonino a partecipare alle primarie allargando il campo ai progressisti, così come ha già suggerito Fava a sinistra ed il cui assist è stato raccolto dal neo coordinatore per la Sicilia del Movimento 5 Stelle, il gelese Nuccio Di Paola, che ha lasciato la porta aperta a tale ipotesi.